Il dilagare di questo agente patogeno, veicolato dalle punture di zanzara, e delle sue inquietanti complicazioni sta mettendo in allarme il pianeta. La ricerca per combatterlo prosegue anche in Italia, dove la soluzione potrebbe essere a portata di mano
Il 2016 si è aperto, tra le altre cose, con l’allarmante diffusione di Zika, un virus inizialmente non preoccupante, contraibile dalle punture di zanzare che vivono in luoghi tropicali – si rileva ora a macchia d’olio soprattutto in Brasile – non mortale ma dalle conseguenze devastanti. La ricerca sta lavorando sodo per farvi fronte e da Bologna arrivano notizie confortanti su una metodologia che, luce in fondo al tunnel, potrebbe approdare a valide soluzioni.
Ma facciamo un passo indietro. Che cos’è Zika? E perché solo oggi fa tanta paura? Si tratta di un virus veicolato da zanzare infette, per il quale non esiste vaccino, identificato e isolato per la prima volta nel 1947 in una scimmia della foresta di Zika, in Uganda. Ha sempre provocato piccole epidemie in alcune regioni africane e nel sud-est asiatico ma, arrivato in Brasile nel maggio del 2015, ha in breve tempo contagiato circa un milione e mezzo di persone, raggiungendo, a oggi, altri 17 Paesi americani. Lo scorso autunno solo un quinto di chi veniva colpito dal virus presentava sintomi quali febbre, eruzioni cutanee, dolori articolari e occhi arrossati: nulla di troppo diverso da una normale influenza stagionale, verrebbe da pensare. E, in effetti, fino a qualche mese fa non si sentiva parlare né di Zika né di un preciso pericolo derivante dalle zanzare, o almeno niente di più rispetto a quanto già si conoscesse in materia di dengue o febbre gialla.
L’allarme è scattato a dicembre quando, nel nord-est del Brasile, si è verificato un forte aumento di neonati con microcefalia, ovvero un cranio eccessivamente piccolo e danni cerebrali. In seguito i casi accertati sono stati oltre 3.500 (a fronte di meno di 200 annuali registrati tra il 2009 e il 2014) e nessuna delle cause note – anomalie genetiche, rosolia, alcool, farmaci – è sembrata esserne responsabile. Negli ultimi mesi, in Sud America e nella Polinesia francese, dove il virus è arrivato nel 2013, oltre alle malformazioni fetali, sono stati riscontrati in soggetti adulti problemi neurologici e autoimmuni, come la sindrome di Guillain-Barré, che può portare a paralisi.
Il 15 gennaio 2016 i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) negli Stati Uniti, avendo la certezza che Zika si trasmette da madre a figlio, hanno sconsigliato alle donne incinte di recarsi in viaggio nelle terre interessate da focolai d’infezione: dopo che alcuni ricercatori brasiliani lo avevano trovato nel liquido amniotico, esso è stato rintracciato anche in feti microcefali morti in utero o appena nati. Non è facile capire come questo virus agisca poiché i test per individuarlo – chiariscono dall’Università del Texas – funzionano solo durante la fase infettiva, che di per sé dura pochi giorni, e risultano inutili laddove il paziente abbia già contratto in passato la dengue o sia stato vaccinato. Inoltre, pochi laboratori sono in grado di eseguire i test molecolari per isolarlo. Si sa che la febbre dengue e la chikungunya, anch’esse trasmesse dall’insetto e accompagnate da sintomi simili a Zika, sono comuni nelle zone in cui è comparso quest’ultimo. E ciò confonde le acque, giacché, nella maggior parte dei casi, esso viene scambiato per altro, senza essere riconosciuto.
Recentemente sono stati avviati studi prospettici su donne incinte in Brasile, dove è stato da poco dichiarato lo stato d’emergenza sanitaria ed è intervenuto l’esercito per aiutare le centinaia di migliaia di operatori occupati nella disinfestazione. La rapida diffusione di Zika rende sempre più urgente eliminare le zanzare che lo trasmettono, in particolare la Aedes aegypti, vettore anche della dengue e della febbre gialla, e la Aedes albopictus (zanzara tigre), che prediligono i climi tropicali. A cercare di far fronte all’espansione della malattia ci pensa la ricerca, che è sempre al lavoro. E, se in molti Stati del mondo si sta studiando come combattere questo temibile “nuovo” virus, anche in Italia i laboratori sono attivi e una speranza potrebbe arrivare niente meno che dal capoluogo emiliano.
Da una nota diffusa pochi giorni fa dal Centro agricoltura ambiente (Caa) di Crevalcore, in provincia di Bologna, si apprende che per arginare Zika può essere utile la tecnica già sperimentata in Emilia-Romagna sulla zanzara tigre, detta “dell’insetto sterile” (Sit). Essa punta a limitare la capacità riproduttiva degli insetti responsabili della malattia e prevede l’immissione nell’ambiente di una grande quantità di maschi allevati in laboratorio e resi sterili, ma in grado di accoppiarsi con le femmine selvatiche rendendole a loro volta sterili. Dal Centro comunicano che ciò «porta alla diminuzione progressiva del numero di zanzare e quindi del rischio di trasmissione del virus». Da anni il Caa lavora in questa direzione, conseguendo ottimi risultati in progetti pilota realizzati in Emilia-Romagna. Il direttore Romeo Bellini è certo dell’efficacia della procedura e afferma che «gli esperimenti condotti in diversi ambienti della nostra regione hanno evidenziato che è possibile indurre un consistente calo delle zanzare presenti. I risultati sono stati pubblicati su numerose riviste scientifiche».
La ricerca sulla tecnologia Sit ha avuto avvio nel 1999 da un gruppo di lavoro composto, appunto, dal Centro agricoltura ambiente “Giorgio Nicoli” di Crevalcore, dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroambientali dell’Università di Bologna, dal Dipartimento di Genetica e Biologia molecolare della Sapienza di Roma, da Enea-Centro ricerche Casaccia di Roma, sezione Biotec-Agro, dall’International atomic energy Agency di Vienna e dal Servizio fisica sanitaria dell’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara.
Le immagini: la diffusione del virus Zika nel mondo a dicembre 2015 e nelle Americhe a gennaio 2016; la zanzara Aedes albopictus, comunemente detta “zanzara tigre”.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno XI, n. 122, febbraio 2016)