Il 1° dicembre del 1935 nasce a New York Allan Stewart Königsberg: e dal 1965 occupa le sale cinematografiche
Il 1° dicembre 2018 Woody Allen ha compiuto ben 83 anni; nonostante l’età, esce in media con un film all’anno (l’ultimo: La ruota delle meraviglie, 2017). Non a caso, infatti, Martin Scorsese, riferendosi al collega, dice: «Non tutti hanno tanta resistenza, tanta tenacia e non tutti hanno sempre così tanto da dire sulla vita».
La prolificità è senz’altro un tratto caratteristico di Allen, ma è l’unico? Tipici e peculiari sono anche temi ricorrenti che si ripresentano in diverse opere. Per esempio, gli elementi spesso autoreferenziali: dalla vita tragicomica, alla paura della morte, alla musica jazz e blues, alla psicologia, alla religione, al sesso. In Conversazioni su di me e tutto il resto (scritto da Allen con Eric Lax, Bompiani, pp. 618, € 12,90) il regista ammette e al contempo precisa: «Quasi tutto il mio lavoro è autobiografico ma talmente esagerato e distorto che si può leggere come fiction». La presenza dei fattori sopraelencati è probabilmente dovuta alle molteplici “vite” sperimentate prima di approdare alla filmografia. Infatti, non esiste solo un Woody Allen: c’è il sedicenne scrittore di battute per le rubriche di diversi giornali, ma anche il cabarettista che si esibiva al Blue Angel e al Bitter End, locali di New York.
Per non dimenticare il clarinettista talmente appassionato di musica da comprendere nel suo nome d’arte quello di un altro famoso artista blues: Woodrow Charles Thomas Herman, conosciuto come Woody Herman. Esistono poi l’attore e il regista-sceneggiatore. Il suo cinema, quindi, ingloba tutti questi aspetti. L’apice dell’esemplare maestria con cui ha saputo amalgamarli è forse il famoso Io e Annie, uscito nel 1977 e vincitore di quattro Oscar.
Riguardo al film l’autore dichiara: «Prima di Io e Annie mi interessava solo che il pubblico ridesse […] poi pensai: sacrificherò qualche risata per una storia sugli esseri umani» (Woody. Tutto quello che avreste voluto sapere su Woody Allen ma non avete mai osato chiedere, documentario di Robert B. Weide). Così è andata: il pubblico e la critica si sono appassionati alla storia dei due personaggi Alvy e Annie (interpretati da Allen e da Diane Keaton). Una vicenda ispirata alla reale relazione che ebbero regista e attrice protagonista, ma che all’epoca delle riprese si era già conclusa. Il lungometraggio si chiude con una barzelletta. Si racconta di un paziente che va dal suo psichiatra per dirgli del proprio fratello diventato pazzo in quanto si crede una gallina. Il dottore gli suggerisce di farlo internare, ma la risposta che riceve è: «Poi a me le uova chi me le fa?».
Allora ecco la riflessione finale di Alvy/Allen: «Credo che corrisponda molto a quello che io penso dei rapporti uomo-donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali […] ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova». A tal proposito, durante una conversazione con Lax, il regista aggiunge: «Da un punto di vista freudiano si potrebbe concludere che gli uomini accettano di affrontare le difficoltà delle relazioni amorose […] perché hanno bisogno di uova. O di ovaie». In un certo senso, perciò, la commedia risulta un’analisi della psicologia umana spiegata attraverso l’arte della comicità e dell’assurdo.
In questa prospettiva rientra allora l’osservazione dell’attore John Cusack quando definisce i film di Allen curativi perché stimolano lo spettatore alla riflessione, proprio grazie ai temi filosofici spesso trattati. Woody Allen fa sentire meno soli i depressi, gli ipocondriaci e i nostalgici. Rappresenta la fantasia e l’arte come fonti di sopravvivenza e di consolazione in un mondo (per lui) angoscioso. Considerazioni simili si possono leggere in altri lavori, per esempio Harry a pezzi, La rosa purpurea del Cairo, ma anche in pellicole più recenti come Midnight in Paris e Magic in the Moonlight. È ovvio che non si sia solo occupato di commedie, infatti vi sono opere dove la comicità non c’è: Match Point e Blue Jasmine. Il denominatore comune, però, presenzia sempre: la tragedia insita nell’esistenza umana.
Le immagini: un giovane Woody Allen; la locandina del documentario del 2012 Woody. Tutto quello che avreste voluto sapere su Woody Allen ma non avete mai osato chiedere, diretto e sceneggiato da Robert B. Weide e presentato lo stesso anno al Festival di Cannes; la locandina del film del 1985 La rosa purpurea del Cairo.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XIII, n. 156, dicembre 2018)