Esistono molti più beneficiari che tassati… E gli stranieri assistiti sono questione non secondaria…
Ottimo l’articolo di apertura dell’attuale numero di LucidaMente, su Il crepuscolo dei diritti sociali. Lo condivido in pieno, eccetto la prima parte dove pare che il “crepuscolo” sia da addebitare al populismo che avanza in Europa.
Fatto indubitabile, come è altrettanto indubitabile che – tuttavia – i governi europei non sono formati da populisti, bensì da sinistra e centro, eccetto qualche ex nazione dell’impero sovietico. Il vero problema, dunque, non sono le minoranze populiste che, al massimo, possono influenzare ma non determinare le politiche delle maggioranze; credo che il maggior fattore di declino del welfare sia di carattere finanziario. Lord William Beveridge, l’inventore della parola welfare, sosteneva che per fornire prestazioni occorreva finanziarle con tasse adeguate: tasso 100 per fornire servizi a 1.000. Oggi, tassi 100 (cioè sempre gli stessi) per fornire servizi a 10.000.
Sono mutati i percorsi dei fondi che vanno a nuovi beneficiari, a causa del cambiamento demografico che, in prospettiva, varierà ancora. E allora devi tagliare. Facciamo l’esempio di Bologna: nel 1995 gli stranieri erano poco più di 4.000. Nessun ucraino, nessun albanese, nessun rumeno. Solo cinesi, filippini e poco altro, oltre agli studenti stranieri.
Oggi a Bologna sono presenti 147 nazionalità per circa 60.000 persone. In più, la Caritas parla di altre migliaia di persone senza nome e senza documenti che vivono in città e che vanno nutriti, assistiti negli ospedali… Ecco che il welfare va in crisi e gli italiani (e anche gli europei!), che hanno fatto battaglie dalla fine dell’Ottocento per conquistare diritti e servizi sociali, reagiscono in vari modi. Ad esempio, dal 2006 al 2015, 850.000 italiani sono emigrati all’estero. Forse, il welfare va ripensato alla luce di dati economici, finanziari e demografici.
Marco Poli
(LucidaMente, anno XI, n. 125, maggio 2016)
Grazie, Marco, per il tuo intervento, che condivido appieno.
Faccio solo una puntualizzazione sulla tua interpretazione del mio articolo: non vi affermo affatto che la crisi del welfare sia da addebitare al “populismo che avanza in tutta Europa”. Anzi, quest’ultimo costituisce l’effetto e non la causa del “crepuscolo dei diritti sociali”. Come affermi tu stesso, gli europei non possono tollerare che crolli quell’insieme di “tutele sociali”, per ottenere le quali hanno dovuto affrontare secoli di lotte anche dolorose e sanguinose. Né, tantomeno, che ciò avvenga per un malinteso buonismo (forse caritatevole, forse interessato alle proprie tasche) verso chi non ha contribuito affatto alla costruzione di un’Europa solidale verso i “disagiati, ma – sottolineamolo – meritevoli” e caratterizzati da voglia di lavorare e costruire con gli altri cittadini un nuovo modello di stato.
Egr. Tripodi, non ho capito se sono io il destinatario del ringraziamento o un omonimo ma comunque: prego! Solo alcune precisazioni in merito a Populismo-Welfare-Chiesa Cattolica.
Populismo: perché questa negatività con cui viene nominato? Anche con tono schifato… Sono i partiti chiamiamoli “tradizionali ” che con i loro comportamenti hanno provocato questo!! A mio parere hanno ciò che si meritano o meglio ciò che hanno seminato!!
Welfare: il PD con i suoi trombettieri e sostenitori opportunisti multicolori sta proseguendo nella dissipazione iniziata negli anni ’70 del secolo scorso, solo che negli ultimi tempi sono cambiati i “soggetti dissipatori” NON più Italiani ma clandestini-immigrati con motivazioni fantasiose-disadattati.
Chiesa Cattolica, o meglio Bergoglio e suoi sostenitori, stanno facendo nascere o quanto meno coltivando,
con le loro uscite e con il pauperismo, un movimento religioso tradizionalista contrario a questo terzomondismo, cascame del “68”. Cordiali Saluti Marco Mengoli
Grazie, Marco (Mengoli), per le riflessioni. Il “grazie” precedente era rivolto a Marco (Poli), autore dell’articolo, che mi sembra in linea con le sue annotazioni. A presto.