Sistemi elettorali maggioritari, risultati delle elezioni rovesciati, mass media perlopiù allineati, astensionismo dilagante e dittatura delle minoranze, repressione “soft” dei dissidenti. Però, alla fine, vincono nettamente Trump e… de Pascale
Il presunto diritto degli stati occidentali a intervenire ovunque nel mondo (militarmente, economicamente, politicamente) si basa, oltre che su un arrogante complesso di superiorità, quindi su un atavico, inconscio, razzismo, oggi se non altro culturale, su una tesi/pregiudizio per loro indiscutibile.
Ovvero, che al loro interno vigano la libertà, il pluralismo, la tolleranza, la giustizia super partes, tutti frutti dei sistemi democratici fondati su libere elezioni. Ma siamo sicuri che, soprattutto negli ultimi anni, le cose stiano davvero così?
L’illusione della libertà democratica
I dubbi sono tanti e alcuni sono stati espressi anche da Piergiorgio Odifreddi nel suo recente pamphlet C’è del marcio in Occidente. Libro peraltro prontamente recensito su questo blog da Giuseppe Licandro (Un’insana “hybris” spinge gli occidentali al dominio globale, all’interno del quale il penultimo paragrafo s’intitola appunto «La pseudodemocrazia e l’illusoria libertà di parola»).
Ma guardiamo ai fatti. Il momento chiave, quasi “sacro” delle democrazie liberali occidentali, consiste nelle elezioni. Nell’anno in corso si è votato in molteplici Paesi, ma il rispetto dell’esito delle urne e della volontà dei cittadini (pur con tutti i limiti dell’astensionismo, che vedremo tra breve) non v’è quasi mai stato. Per non appesantire troppo il presente articolo, rimandiamo a un altro nostro contributo (Urne ribaltate) uscito contemporaneamente su questo blog, la citazione e l’analisi dei recenti casi di “urne ribaltate”.
Come avere elezioni democratiche… non democratiche: i sistemi maggioritari
Tuttavia, non sono solo gli ostruzionismi, le alchimie politiche, le alleanze forzate a minare la volontà degli elettori. A rendere le elezioni meno “democratiche” vi sono vari meccanismi, alcuni antichi, altri introdotti più di recente.
Uno è il sistema elettorale “a doppio turno”, applicato in Francia. Con tale espediente, l’elettore si trova costretto a votare “contro” più che a favore di qualcuno. Non solo. Ma siccome al ballottaggio arrivano solo i candidati dei maggiori partiti, in realtà anche gruppi con vasti suffragi non ottengono rappresentanti in Parlamento.
Anche gli altri sistemi maggioritari, siano essi uninominali (tipici dei Paesi anglosassoni) o di altro tipo, tendono a favorire il bipolarismo. Vale a dire, in genere, i partiti o le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, spesso con posizioni simili su questioni centrali quali quelle economiche, sociali, di politica estera.
Astensionismo, soglie di sbarramento, informazione univoca
Ma, almeno, pur se favoriti dai sistemi elettorali maggioritari, i maggiori partiti o raggruppamenti politici avessero davvero la maggioranza dei consensi…
Non è così. Da circa vent’anni la percentuale degli elettori che si recano alle urne per esprimere il proprio voto è in continuo calo, arrivando persino al 50 o al 30% (in taluni casi, anche meno). Pertanto, dal punto di vista aritmetico, se a recarsi alle urne si è recato il 50% degli aventi diritto, chi esulta per aver vinto le elezioni magari col 55% dei voti, in realtà è stato votato solo dal 27,5% degli elettori. E appena dal 18% circa, se si sono recati alle urne solo un terzo degli elettori.
E, tanto per essere sicuri che i dissidenti non mettano piede in Parlamento, ecco la soglia di sbarramento, ad esempio del 4%. In tal caso un partito che raggiungesse il 3,9%, pertanto con milioni di elettori, non avrebbe diritto neppure a un seggio e tutti quei cittadini e le loro istanze non sarebbero rappresentati.
Vogliamo aggiungere il fatto che l’80% dei mass media è allineato col centrosinistra, e quasi tutto il restante col centrodestra? Come fa il cittadino, anche quello voglioso di informarsi, a sentire “campane” diverse?
Se, malgrado tutto, dovesse capitare che…
Ma ragioniamo per assurdo. Ipotizziamo che una nuova forza politica, libera da interessi sovranazionali e davvero con a cuore gli interessi dei cittadini, sbanchi col 55% dei voti.
Chi tiene le fila del pianeta potrebbe risolvere il problema in due modi. Uno è quello, “pacifico”, di “neutralizzare” e “normalizzare” l’intruso (in Italia è successo col Movimento 5 stelle). Ma ce ne potrebbe essere un altro.
Scrive Paolo Borgognone ne La dottrina Stranamore (Edizioni La Vela): «Nel momento in cui i dissidenti interni dovessero iniziare a costituire un autentico pericolo esistenziale per l’ordine dominante, ossia se dovessero riuscire, anche con metodi democratici, legali e alla luce del sole, a insidiare l’egemonia culturale dei liberali […], le élite liberali non esiterebbero a ricorrere alle maniere forti e a sopprimere fisicamente i dissidenti». Allora, forse, sono solo meno ipocriti i regimi autoritari dominanti in Cina, Russia, Turchia?
Astensionismo? Rovesciamo noi il tavolo!
Quindi, possiamo affermare che la liberaldemocrazia e le sue elezioni sono solo un immenso Truman show? E che fan bene gli astensionisti? No, bisogna sempre andare a votare, anche per rompere le scatole al Potere! Che finge di addolorarsi per l’astensionismo sempre maggiore a ogni tornata elettorale, ma che, in realtà, non aspetta altro che raggiunga livelli tali da permettere l’abolizione del voto, unico momento di democrazia che ci è restato, essendo pressoché scomparse le altre forme di democrazia diretta.
Infatti, resta qualche speranza. Guardiamo ai casi, diversissimi se non opposti, delle Presidenziali negli Stati uniti e delle Regionali in Emilia-Romagna. Gli esiti di tali elezioni, pur tanto diverse, hanno manifestato chiaramente la volontà degli elettori: risultati indiscutibili, anche se possono non piacere. Contro ogni pronostico, Donald Trump ha avuto la maggioranza assoluta dei voti, degli Stati e dei Grandi elettori, nonché, col Partito repubblicano, quelle di Camera e Senato (leggi pure La disfatta dei vip radical chic e del politically correct, la vittoria dei cittadini-spazzatura). La coalizione di sinistra che sosteneva il candidato Michele de Pascale ha ottenuto quasi il 57%.
Trump e… de Pascale
Qualcuno storcerà il muso e arriccerà il naso pensando all’ingombrante, controversa e scomoda figura di Trump. E al fatto che solo il 46% degli elettori emiliano-romagnoli si sia recato a votare. E attribuirà le scelte dei pochi elettori recatisi al voto al consolidato sistema di potere vigente nella “regione rossa” da quando l’Italia è una Repubblica. “Rossi” che lamentavano la dittatura del “sistema democristiano”. Peccato che quella sia durata “solo” 49 anni (1945-1994), mentre quella del Pci-Pds-Ds-Pd stia durando in Emilia-Romagna da più di 80 anni…
Nel caso statunitense hanno vinto la volontà di cambiamento e di liberarsi del pensiero politically correct e radical chic. Nell’altro l’abitudine, il conformismo e il timore di rompere un’organizzazione del potere politico, economico, sociale e culturale che va bene alla maggioranza privilegiata.
Certo, può fare impressione che da 54 anni (e saranno 58) in Emilia-Romagna governino sempre gli stessi. E che gli elettori non si siano accorti di alluvioni causate soprattutto da incuria del territorio, mancata gestione dei corsi d’acqua, cementificazione, mancata risposta alle denunce dei consiglieri di opposizione e dei cittadini. Impressionante al riguardo è il dossier raccolto dal giornalista Antonio Rossitto (Alluvione, in Panorama, n. 47, 13 novembre 2024). Per non parlare del dilagare di delinquenza e degrado, del malfunzionamento del Sistema sanitario, delle accuse di clientelismo, della dittatura ideologica, della difesa a oltranza degli squadristi rossi, ecc. ecc.
Ma è la volontà popolare, baby. E va rispettata. Sempre. E non solo quando vince chi ci sta simpatico.
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: Vincent M.A. Janssen; Carlos Herrero; Rosemary Ketchum; Sora Shimazaki).
Rino Tripodi
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)