La capitale dell’Austria offre molteplici occasioni di arricchimento culturale in diversi ambiti, dalla Storia all’Arte, dall’Architettura alla Scienza
Per visitare la capitale austriaca in modo ottimale è necessario organizzare in anticipo le tappe del viaggio sulla base dei giorni di permanenza, nel nostro caso cinque. Il sistema dei trasporti più che efficiente consente a un turista di spostarsi facilmente tra i luoghi di interesse di Vienna. Di tutti i mezzi pubblici utilizzati il più comodo è sicuramente la metropolitana: alloggiare a pochi metri dalla fermata Volkstheater è stato molto funzionale per noi.
Il palazzo imperiale di Hofburg
Nella capitale vige una tacita regola: il turista può optare per il biglietto a lui più congeniale per salire sui mezzi di trasporto e spostarsi indisturbato, ma l’onestà deve essere totale anche in assenza del controllore. I musei a Vienna aprono dalle ore 9 o dalle 10 fino alle 17,30 o alle 18, sebbene in estate alcuni chiudano anche più tardi.
In generale, la sera si è optato per la visita in spazi aperti come il centro nell’Innere Stadt, dove vi è il Duomo di Santo Stefano, oppure al Prater con la ruota panoramica, o ancora la zona universitaria o quella del nuovo municipio di Vienna, Rathaus. Non si può fare a meno di assaggiare pietanze prettamente austriache, per esempio la Wiener Schnitzel, una cotoletta di vitello sottile molto impanata (dose abbondante) con patate bollite aromatizzate, o il Gulash Wien, ossia lo stufato di manzo viennese, e come dessert tipici la Sacher o lo strudel di mele.
La tappa effettuata nella prima giornata è stata la reggia di Hofburg, per secoli centro del potere asburgico. Si tratta di uno dei complessi residenziali del XII secolo più grandi al mondo e oggi parte del palazzo è usato come residenza del presidente dell’Austria. La biglietteria è posta all’entrata del Museo di Sissi a lei dedicato.
Si svela così ai visitatori la personalità dell’imperatrice Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, nata duchessa in Baviera, meglio nota come Sissi. Attraverso i sontuosi abiti indossati, i gioielli e altri oggetti a lei appartenuti si evince l’estrema cura che ella aveva per l’aspetto esteriore, in particolare per la sua folta chioma, il viso, i denti e il corpo, divenuti con il tempo una sorta di ossessione che la costringeva a fare periodi di digiuno forzato e a utilizzare diversi cosmetici per mantenere la propria bellezza, della quale era pienamente cosciente.
La reggia di Schönbrunn
Per restare in tema “Sissi”, facciamo un piccolo salto alla terza giornata, quando è stato il turno della reggia di Schönbrunn, residenza estiva degli imperatori asburgici dal 1730, decorata in stile rococò. L’abbiamo visitata spingendoci poi fino alla Gloriette, edificio barocco costruito nel 1775 per poter osservare il panorama dall’alto, così come solevano fare l’imperatore Francesco Giuseppe e sua moglie Sissi.
Il percorso offerto ai turisti consente di conoscere la storia dell’imperatrice Elisabetta, andata in sposa a soli 15 anni al cugino ventitreenne Francesco Giuseppe, poi divenuto imperatore all’età di 18 anni. Francesco Giuseppe era nato il 18 agosto del 1830 a Vienna, proprio nel palazzo di Schönbrunn, primogenito dell’arciduca Francesco Carlo d’Asburgo-Lorena, il figlio minore dell’imperatore Francesco II d’Austria.
Il suo regno durerà ben 68 anni: egli morrà infatti nel 1916 durante la Prima guerra mondiale nella sua residenza estiva di Schönbrunn, della quale abbiamo visitato 40 stanze attraverso il tour completo, mentre per i turisti che fanno il biglietto standard il tour si ferma alla stanza n° 27.
La vita degli imperatori asburgici, tra umanità e infelicità
La visita fa comprendere come l’imperatore sia stato molto amato dal popolo austriaco per la sua grande umanità e disponibilità. La sua giornata iniziava ogni mattino alle 4 con una preghiera al personale inginocchiatoio posto nella sua stanza, dove colpisce il letto spartano in cui amava dormire, malgrado fosse circondato da tanta sfarzosità. Come detto, sposò la cugina Elisabetta, di cui si innamorò perdutamente, e da lei ebbe tre figlie femmine e un figlio maschio.
La povera Sissi, tuttavia, vuoi per l’ingerenza della suocera che minò il suo livello di autostima, vuoi per la sua stessa personalità e per le tragedie che colpirono la sua famiglia, come la morte della figlia Sofia a soli due anni di età e del figlio Rodolfo suicida, vuoi per la ribellione contro il cerimoniale di corte, subì duri colpi che la segnarono aggravandone i periodi di depressione.
Per questo, e per curare la sua salute, fu costretta ad allontanarsi spesso da Vienna. Sempre alla ricerca di una propria realizzazione, di qualcosa che appagasse il suo spirito inquieto, come si evince da molte poesie da lei scritte, l’imperatrice finì per desiderare la morte, cosa che comunque avvenne nel tragico epilogo del suo assassinio a Ginevra nel 1898 per opera dell’anarchico italiano Luigi Licheni.
L’imperatore Francesco Giuseppe disse: «Non sapete quanto io abbia amato questa donna». Dunque, al dolore per la morte del fratello Massimiliano (che una volta divenuto imperatore del Messico fu giustiziato dagli oppositori repubblicani), del fratello Carlo Ludovico due anni prima e di due dei suoi figli, si aggiunse appunto anche quello per la perdita del suo amato angelo Sissi.
Il viaggio continua tra Storia, Arte, Scienza e musei
Accanto al museo di Sissi vi è la tesoreria imperiale dove abbiamo avuto la possibilità di ammirare la corona del Sacro Romano Impero della nazione tedesca e altri tesori, alcuni dei quali fatti di materiali provenienti dall’Italia come le statue in marmo di Carrara raffiguranti San Francesco D’Assisi e Santa Teresa dell’artista Laurent Delvaux (1765) e Sant’Antonio di Padova, realizzato da Joseph Moser a Vienna nel 1747, i guanti in gold lamé, stoffa italiana realizzata con fili d’oro per il re di Boemia, e le scarpe per la sua incoronazione, calzature di provenienza palermitana.
Nella seconda giornata abbiamo visitato il Museo di Storia naturale (Naturhistoriches Museum) e il Museo di Storia dell’Arte (il Kunsthistorisches Museum), entrambi fatti realizzare senza badare a spese dall’imperatore Francesco Giuseppe nella seconda metà dell’Ottocento. Siamo all’epoca in cui l’Imperatore fece abbattere le mura che circondavano Vienna per realizzare la Ringstrasse, un grande viale pensato per il passeggio, e nuove costruzioni monumentali.
Il primo museo è strutturato principalmente su due piani e ricco di reperti fossili, minerali, piante, frammenti di meteoriti, modelli di varie specie di animali. Abbiamo potuto ripercorrere le tappe dell’evoluzione dal microscopico al macroscopico, apprezzando la storia delle specie che vissero sul nostro pianeta.
Citiamo per esempio la ricostruzione di un modello del Triassico del mare tropicale nella regione alpina con la presenza di coralli, molluschi, stelle marine, ammoniti, pesci, o anche di enormi scheletri di dinosauri e di specie animali di grandi dimensioni del periodo del Carbonifero, quando vi era una grande quantità di ossigeno atmosferico, fino all’immensa collezione di esemplari imbalsamati di tutte le specie animali presenti al mondo.
Il Museo di Storia dell’Arte
Il Kunsthistorisches Museum è situato proprio di fronte al Museo di Storia naturale ed è stato inaugurato nel 1891. Caratterizzato dalla collezione egizia, greca e romana e da un piano dedicato all’Arte, è uno dei più grandi al mondo e anche il giovane Gustav Klimt partecipò al suo allestimento. Le sale ricche e sontuose ospitano straordinarie collezioni.
Tra una visita e l’altra, consigliamo di fare un breve spuntino al Dome hall Café, un’area posta al centro del primo piano di entrambi i musei, per poi fare una passeggiata nel quartiere Prater, dove non solo si può fare un giro sulla ruota panoramica o su altre attrazioni turistiche, ma si può anche trascorrere una serata piacevole all’interno del famoso parco.
Ma torniamo al Museo di Storia dell’Arte. Tra i vari reperti citiamo la tavolozza da belletto in ardesia per il trucco, il pezzo più antico, realizzato 5000 anni fa nel periodo protodinastico egizio, ai primordi della civiltà egizia. La cosmesi e la cura del corpo erano molto importanti nell’antico Egitto. Le opere presenti sono tantissime: per esempio la sfinge, che con la piramide e l’obelisco è una delle forme egizie più celebri. Essa è diversa da quella greca, che un po’ fa paura, e personifica il re immortale divenuto divinità.
Nella sala dedicata all’Impero romano, oltre a busti e statue rappresentanti scene mitologiche, abbiamo avuto la possibilità di ammirare molte opere di noti artisti, come i Miracoli di Sant’Ignazio di Loyola, realizzata da Pieter Paul Rubens per la Chiesa dei Gesuiti di Anversa e dove il santo viene raffigurato nell’atto di un esorcismo. In basso il popolo, a sinistra gli indemoniati. In alto la sfera celeste con gli angeli. Le mimiche di tutti sono esasperate.
Vi sono poi anche tele di Canaletto, Caravaggio, Rembrandt, Tintoretto, Velazquez, Vermeer. Citiamo solo la Madonna del Rosario in cui il nostro Michelangelo Merisi pone al centro Maria con il bimbo. A sinistra San Domenico, a destra San Pietro martire domenicano, riconoscibile per la ferita sulla fronte.
Lo stile di Gustav Klimt
Nella terza giornata, dopo la visita alla reggia di Schönbrunn e alla Gloriette, dove è presente anche un ricco zoo, ci siamo spostati al quartiere Belvedere, la residenza estiva di Eugenio di Savoia caratterizzata da tre strutture: Belvedere superiore, Belvedere inferiore e Belvedere 21, separati da un grande giardino percorribile a piedi. Ciò che colpisce di più il turista sono le opere, dal Medioevo a oggi, custodite nel Belvedere superiore. Qui è esposto Il bacio di Gustav Klimt (Vienna, 1862-Vienna, 1918), la sua più popolare tela, appartenente al suo terminale periodo aureo e dove egli afferma stilisticamente il contrasto tra la rappresentazione figurativa e la decorazione stilizzata.
Vi sono presenti molte altre opere importanti di Klimt, che, com’è noto, morì nel 1918, due anni dopo l’imperatore Francesco Giuseppe, lasciando molti lavori incompiuti, che tuttavia consentono di capire meglio la sua tecnica e restano custoditi nel museo.
Non passano inoltre inosservate le smorfie demoniache dello scultore tedesco Franz Xaver Messerschmidt (Wiesensteig, 1736-Presburgo, 1783) o il Napoleone a cavallo di Jacques Louis David (Parigi, 1748-Bruxelles 1825) realizzato intorno al 1800 per volere di Napoleone stesso, che viene rappresentato trionfante su un cavallo, anche se dopo il trionfo pare abbia superato le Alpi su un semplice mulo. L’accostamento del nome di Napoleone con altri grandi ai piedi dell’equino lo consacra tra i giganti della storia mondiale.
Non si finirebbe mai…
L’ultima giornata è stata dedicata al Leopold Museum, nel quartiere dei musei poco distante da quelli visitati nel corso della seconda, ma questa gita, a nostro avviso, merita un’alta attenzione e deve essere fatta a parte rispetto al resto. Qui sono esposte opere di artisti del secolo scorso. Tra gli austriaci, oltre a Klimt, ricordiamo il suo pupillo Egon Schiele (Tulln an der Donau, 1890-Vienna, 1918), uno dei maggiori artisti figurativi del primo Novecento, nonché esponente assoluto del primo espressionismo viennese assieme a Oskar Kokoschka (Pöchlarn, 1886-Montreux, 1980). Li ritroviamo tutti nel Leopold Museum assieme a Renoir, Picasso, Pizarro e altri.
Ulteriore tappa, la casa di Sigmund Freud (Přibor, 1856-Hampstead, 1939), il padre della psicoanalisi. All’interno delle sue stanze sono presenti numerosi dettagli, pannelli descrittivi, materiale librario e qualche suppellettile con la descrizione della sua carriera. Nel pomeriggio abbiamo fatto una passeggiata in centro con tappa all’interno del Duomo di Santo Stefano.
Per poter visitare bene tutto occorrerebbe più tempo per cui, in base ai giorni di pernottamento, bisognerà optare per fare delle scelte. Sicurezza, cultura a 360 gradi e servizi efficienti viennesi soddisferanno anche i turisti più esigenti.
Le immagini: alcuni scatti fotografici da Vienna: piatti tipici viennesi; il palazzo di Schönbrunn; pezzi esposti al Kunsthistorisches Museum; il quartiere dei musei; la famosa ruota del Prater (foto © a cura dell’autrice dell’articolo).
Dora Anna Rocca
(LucidaMente 3000, anno XVIII, nn. 211-212, luglio-agosto 2023)