Trekking sull’Appennino tosco-emiliano: da Bologna a Firenze ripercorrendo le orme degli antichi romani
La Via degli Dei è un suggestivo cammino che, in circa 120 km, unisce Bologna a Firenze, con partenza da piazza Maggiore e arrivo in piazza della Signoria. Il percorso si snoda in parte sulle tracce della via Flaminia militare, antica strada romana (187 a.C.), che collegava il capoluogo emiliano ad Arezzo. Alla fine degli anni Settanta due archeologi per passione, Cesare Agostini e Franco Santi, scoprirono per caso nei pressi di Monte Bastione alcuni tratti di basolato molto ben conservati.
Il duo ipotizzò che si trattasse di una strada citata da Tito Livio nel XXXIV libro della Storia romana (Ab Urbe condita), la Flaminia militare appunto – nome datole per distinguerla dalla Flaminia “ufficiale”, che andava (e va) da Roma a Rimini. In effetti, la supposizione si rivelò esatta. Una decina di anni dopo il bolognese Domenico Manaresi – “Mingàn” – coinvolse amici e parenti nel progetto di tracciare un sentiero che collegasse Bologna al passo della Futa, passando da monte Adone, Monzuno (Mons Junonis), monte Venere e monte Luario (dedicato alla dea Lua). Da tali toponimi deriva il nome di quella oggi conosciuta come Via degli Dei, il cui percorso attuale coincide per il 65% con l’antica Flaminia militare. Premettendo che chiunque goda di una buona salute – e soprattutto di un ottimo spirito – può intraprenderla, voglio chiarire subito qual è secondo me la vera difficoltà del viaggio: la pendenza dei sentieri. Tutto il cammino si snoda infatti sull’Appennino tosco-emiliano e i tratti pianeggianti scarseggiano, per non dire che sono quasi del tutto assenti.
Escluse le parti in città e qualche viottolo tra le valli – splendida quella del Mugello –, ci si trova sempre in salita o in discesa. E se la salita è difficile, la discesa è dolorosa, come ha giustamente sentenziato il mio compagno di viaggio. Naturalmente essere allenati è una condizione decisamente favorevole ma, devo ammettere a malincuore, non imprescindibile. Io, accanita camminatrice di pianura, nei dislivelli ho avuto le stesse difficoltà del mio compagno, un amante della vita comoda e preferibilmente orizzontale. Certo, frequentare con regolarità la montagna può fare la differenza: essere quindi abituati alle salite, avere un buon fiato, una discreta resistenza fisica e articolazioni sciolte.
Prendiamo come esempio alcune persone incontrate sulla Via – poche, a dir la verità. Intanto bisogna dire che la partenza autunnale, il 15 ottobre, ci ha evitato l’effetto “piazza di Milano Marittima”, come l’ha definito il gestore dell’unico bar, ristorante, edicola, alimentari e tabacchi di Sant’Agata, deliziosa frazione del Comune di Scarperia e San Piero (in provincia di Firenze). Nei sei giorni di percorrenza, avremo incontrato infatti solo una quindicina di viaggiatori. Tra questi, un piccolo gruppo di fiorentini tra i 60 e i 70 anni e due ragazzi di Fanano (Modena). I signori toscani si sono sempre tenuti in allenamento tra gite fuori porta e cammini – Santiago de Compostela, la Magna Via Francigena, che collega Palermo e Agrigento, e altri. I secondi, abitando in collina, in pratica non devono far altro che uscire di casa per affrontare dei dislivelli; in più partecipano a gare di trail, uno come regolare concorrente e l’altro come “scopa” (così si chiama in gergo chi sta in fondo, dietro l’ultimo, e chiude la gara). In effetti, la differenza era evidente soprattutto in salita, dove noi, in religioso silenzio, arrancavamo tra visioni mistiche e training autogeno e loro andavano su come camosci, tra una chiacchiera e l’altra.
Detto ciò, se la volontà è forte, il corpo segue. Sembra una banalità uscita da un corso new age, ma chiedete ad appassionati di trekking e frequentatori di cammini e vi diranno lo stesso. Naturalmente non si deve partire allo sbaraglio e senza un’adeguata attrezzatura. Ormai si trovano moltissime guide online e cartacee – sempre le mie preferite, da annotare, strapazzare, tenere strette –, che vi seguono passo passo e vi forniscono tutte le indicazioni utili. Inoltre, presso gli uffici di Bologna Welcome, in piazza Maggiore 1/e, potrete richiedere una lista di tutte le strutture ricettive che si trovano sulla Via e la famosa credenziale, una vera e propria carta d’identità del viandante.
Nei vari b&b, agriturismi e affittacamere dove pernotterete, potrete apporre ogni giorno sul vostro “documento di viaggio” il timbro della tappa. Il percorso è ben tracciato e pieno dei segnavia biancorossi/rossobianchi in Toscana – del Cai (Club alpino italiano). Facilmente troverete anche le famose dau bâl zâli – “due palle gialle”, in dialetto bolognese –, i caratteristici segnali che Manaresi e amici avevano disegnato all’inizio e alla fine della Via. In più, chiunque vi veda con aria smarrita e una guida in mano è ben solerte nel fornire indicazioni e rassicurazioni. La Via degli Dei è un’ottima opportunità per muoversi, stare all’aria aperta, attraversare meravigliosi boschi, mangiare bene, incontrare persone gentili e disponibili. In particolare vorrei segnalare Elisa, che gestisce il b&b “Romani” a Madonna dei Fornelli: al termine di una giornata faticosa e umida ci ha accolti con un buonissimo tè caldo, che ha ristorato corpo e spirito. Purtroppo, a causa della fitta nebbia non abbiamo potuto godere del panorama di alcuni tra i posti più suggestivi e famosi della Via, come monte Adone e il Cimitero militare germanico, impossibile anche solo da scorgere.
Ma vediamo il bicchiere mezzo pieno: nei boschi avvolti dalla foschia sembrava di essere in una fiaba, sensazione molto diversa da quella offerta dalla nebbia – leggi smog – in città. Ha aggiunto poi un tocco magico qualche chiazza di color rosso vivo o giallo che spuntava all’improvviso tra il fogliame autunnale. Lo smartphone, da usare con molta parsimonia per non snaturare l’essenza spirituale del cammino, può essere un utile strumento per immortalare preziosi ricordi da portare con sé. Buon cammino!
Le immagini: albero, carta escursionistica e stele con un passo dello scrittore Bruno Cicognani. Le foto sono state scattate dall’autrice dell’articolo e dal suo compagno di viaggio Mattia Marchesini.
Chiara Ferrari
(LucidaMente, anno XIII, n. 156, dicembre 2018)