L’esposizione fotografica “Uniform. Into the work/Out of the work”, allestita presso il MAST, ci parla del difficile rapporto tra lavoro, identità e distinzioni sociali
«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Il lavoro, che troviamo, naturalmente e giustamente, nel primo articolo della nostra Costituzione è anche il tema del nuovo progetto espositivo visitabile alla Fondazione MAST di Bologna (Manifattura di arti, sperimentazione e tecnologia, in via Speranza 42) fino a domenica 3 maggio 2020: Uniform. Into the work/Out of the work. La mostra, curata da Urs Sthael, è un viaggio che sollecita a «una riflessione sui cambiamenti culturali e sociali che determinano la funzione della “uniforme”».
Un percorso strutturato in due parti distinte che affrontano aspetti opposti, ma allo stesso tempo complementari, sul significato di indossare una divisa. La prima sezione comprende un corpus collettivo composto dalle opere di 44 fotografi che esplorano l’abbigliamento caratteristico di svariati mestieri, mentre la seconda è una raccolta monografica di scatti realizzati da Walead Beshty. L’artista ha voluto ritrarre le persone con cui è entrato in contatto all’interno del proprio settore, con il proposito di focalizzarsi non sulla personalità dei colleghi, ma sulla funzione che essi svolgono all’interno del loro mondo professionale. Un contesto creativo in cui è molto importante non apparire come l’altro e dove una tenuta standard, dunque, è “malvista” perché rappresentativa di un’omologazione non gradita.
Perché vi parliamo di questa stimolante esperienza? Ebbene, ci siamo recati alla fondazione mossi soprattutto dall’interesse per uno dei fotografi: Sebastião Ribeiro Salgado Júnior (abbiamo festeggiato il suo compleanno sul numero di LucidaMente dello scorso mese). Va precisato che, oltre a quelle del nostro beniamino brasiliano, sono presenti le opere di altri bravi addetti, in particolare: Irving Penn con i suoi Small Trades, Paola Agosti e le donne negli stabilimenti Fiat a Torino, August Sander con la serie Uomini del Ventunesimo secolo e Song Chao con i minatori cinesi.
Una coralità di immagini molto diverse fra loro che diventa una presentazione «di abiti da lavoro, differenti per epoca e per impiego». Non si tratta, però, solo del “vestiario”: la stessa postura dei soggetti immortalati apporta informazioni sulle condizioni di una tipica giornata feriale. Un’idea ben chiara a Salgado già dagli anni Novanta, durante la realizzazione de La mano dell’uomo, una serie di reportages volti a riconoscere l’importanza del work e dei workers che lo ha portato in 26 luoghi come Cina, Brasile, Indonesia, Kazakistan, Bangladesh, Cuba, Sicilia, Galizia e Kuwait. Proprio in quest’ultimo paese è stata realizzata la foto esposta al MAST, che ritrae un operaio della Safety Boss Company impegnato nelle operazioni di spegnimento dei pozzi petroliferi dati alle fiamme durante la guerra del Golfo. In tutti i suoi soggiorni l’artista ha notato come sia il prodotto a fabbricare l’uomo: la mansione forgia l’aspetto, lo sguardo e la postura di chi la svolge.
Il lavoro, infine, come l’uniforme, può suggerire concezioni contrarie, ma coesistenti. Il primo può essere considerato fonte di affermazione dell’individuo: l’uomo è fiero di creare e di avere un ruolo riconosciuto all’interno della comunità. Tuttavia, se il compito risulta alienante e ripetitivo, si trasforma in gabbia mentale, fisica ed economica. L’accezione positiva o negativa dell’avere un impiego dipende perciò dalla natura dello stesso e dalle aspirazioni del singolo. Per quanto riguarda l’abito da lavoro, è ugualmente duale l’idea che può ispirare: l’uniforme come simbolo di appartenenza a una collettività, e quindi un mezzo che unisce, oppure, al contrario, una divisa che comunica informazioni di rango e di una posizione sociale ben distinta, dividendo così i vari attori della commedia umana.
La mostra è visitabile dal martedì alla domenica, dalle ore 10,00 alle ore 19,00. L’ingresso è gratuito. Sono previste anche visite guidate, dal martedì al venerdì alle ore 11,00 e 17,30, il sabato e la domenica alle ore 11,00, 15,00 e 17,00. Per registrarsi occorre scrivere all’indirizzo e-mail gallery@fondazionemast.org.
Le immagini: operaio della Safety Boss Company nella foto di Sebastião Salgado; minatori nella foto di Song Chao; pescivendolo nella foto di Irving Penn; la copertina dell’opuscolo a cura del MAST dato ai visitatori della mostra.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XV, n. 171, marzo 2020)