Dall’occupazione del red carpet in occasione del Festival del Cinema ai cortei di protesta, continua la battaglia per salvare la Serenissima dal degrado ambientale (e culturale)
«In quanto passeggero di una crociera, il tuo consumo di energia e la tua produzione di inquinamento sono molto più alti di quelli di un residente». Manifesti con questa frase campeggiano sui muri di Venezia, nelle sue zone più turistiche. Dalle finestre o alle manifestazioni sventolano bandiere con scritto: «No grandi navi». Sul web fioccano video di enormi imbarcazioni che, sovrastando in maniera impressionante le case, si arrischiano a entrare nel cuore di una delle città più suggestive e fragili del mondo.
L e ultime dimostrazioni di quanto il “crocerismo” sia invasivo e dannoso per la Laguna risalgono a questa estate. Per ben due volte si è infatti sfiorata la tragedia: a giugno la Msc Opera si è scontrata con un mezzo fluviale fermo nella zona di San Basilio, mentre a luglio una nave ha rischiato di schiantarsi contro la riva, sbandando poco dopo il bacino di San Marco e arrivando a toccare la prua di uno yacht (qui il video). Da anni i cittadini esprimono la loro indignazione diffondendo filmati e foto che documentano la situazione, senza però essere ascoltati. Finché a settembre, durante la celebre Mostra del Cinema, circa 400 persone del movimento No grandi navi, assieme ad altri ambientalisti di tutta Europa, hanno occupato il red carpet per mettere in primo piano la questione. Ma sono anche altri, seppur meno lampanti, i pericoli cui Venezia è esposta tutti i giorni, dal punto di vista sia ambientale e strutturale sia socioculturale.
Nel primo caso si parla di un’ingente quantità di sostanze nocive rilasciate dalle navi di passaggio: il tenore di zolfo del carburante usato in navigazione è dell’1,5% (quello del diesel delle auto è 1.500 volte inferiore), le pitture antivegetative di cui sono rivestite le carene sono dannose per l’ecosistema marino e i radar perennemente accesi provocano inquinamento elettromagnetico.
Le grandi imbarcazioni rappresentano insomma il principale agente contaminante della Laguna. Oltre a ciò, andrebbero considerati i possibili deterioramenti del tessuto urbano: le navi da crociera dislocano migliaia di tonnellate d’acqua, che vanno necessariamente a gravare su un’architettura antica e delicata come quella veneziana, mentre le navi in ormeggio producono costantemente rumori assordanti che liquefanno i leganti delle malte di case e monumenti (per saperne di più: No grandi navi). Non meno importante è infine l’impatto del turismo. Completamente deresponsabilizzati nella loro breve permanenza, i crocieristi adottano spesso comportamenti irrispettosi; per utilizzare una metafora calzante, «masticano la ciliegia e ne sputano il nocciolo». Si assiste allora non solo a fenomeni di inciviltà e menefreghismo (Il turismo “mordi e fuggi”: un’arma a doppio taglio della globalizzazione, LucidaMente), ma anche al completo rimodellamento urbano e sociale in funzione del divertimento dei visitatori.
Ed è così che le storiche attività commerciali chiudono per lasciare spazio ai negozi di souvenir, in bar e ristoranti i prezzi schizzano alle stelle e la città diventa un enorme parco divertimenti, in cui pagando si può fare tutto ciò che si vuole (a conferma, vi segnaliamo la popolare pagina Facebook chiamata Venezia non è Disneyland).
Ma è proprio l’introito economico l’argomentazione più forte dei fautori delle crociere in Laguna: commercianti e ristoratori guadagnano principalmente grazie agli indotti turistici, di cui gli arrivi via mare costituiscono una discreta fetta. È dunque complesso soddisfare la richiesta di non attracco di grandi navi in tutto il bacino lagunare (neppure a Mestre), così come quella di porre un tetto massimo di entrate giornaliere. Se è vero che il centro storico si sta spopolando, è altrettanto vero che i pochi abitanti rimasti lavorano principalmente nel settore dell’accoglienza dei visitatori. Venezia, forte della sua posizione costiera, è sempre stata un crocevia di culture, scambi e interazioni: chiuderla al resto del mondo sarebbe ingiusto. Quello che si dovrebbe però fare, a livello amministrativo, è domandarsi se un apparente vantaggio economico non determini altrettanti e dispendiosi danni a livello ambientale e sulla salute dei cittadini… che non lo renderebbero poi così allettante.
Le immagini: un’enorme imbarcazione solca il Canal Grande; bimbi in corteo; uno dei manifesti contro le crociere.
Alessia Ruggieri
(LucidaMente, anno XIV, n. 167, novembre 2019)