Un percorso avvincente quello che si riesce a ripercorrere attraverso i quadri che riflettono cinquanta anni di attività di Giuseppe Lauria: artista nato ad Accettura, in provincia di Matera, vissuto per trenta anni a Lamezia Terme, in Calabria, e trasferitosi dal 1979 a Fiesole, dove attualmente vive.
In occasione del quarantennale della nascita della città di Lamezia Terme (dall’unione amministrativa dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia), su invito del sindaco Gianni Speranza, Lauria è ritornato nella città calabrese con la mostra antologica Dall’Utopia a Babilonia, che si è tenuta nel complesso monumentale di San Domenico.
Nei quadri sogni, attese, gioie e dolori dell’umanità – Molto interessante l’esposizione del percorso artistico. In 250 quadri l’artista ha rappresentato sogni, attese, sofferenze di un’umanità intera. Dalla semplicità e dall’essenza del colore alla ricchezza di tinte e sfumature. Dall’aspirazione a elevarsi verso la perfezione dell’Eden alla necessità di tornare alla realtà per evidenziare la contrapposizione tra Bene e Male, per denunciare le ingiustizie che calpestano i diritti dell’uomo, l’invadenza di una nuova Babilonia dove regna la confusione, diritti negati, non percepiti, problemi come l’emigrazione, la violenza, la fame e la sete, il terrorismo, l’inquinamento, la mancanza di dialogo tra le civiltà, la visione di un futuro che fa paura ai giovani e che non lascia spazio a possibilità di miglioramento. Eppure, malgrado la distruzione avanzi, ritorna a emergere sempre più rigoglioso l’albero della speranza, un elemento costante in tutti i lavori di Lauria.
Quando non esistevano colori: i primi tempi di Lauria – L’artista ci racconta le difficoltà legate ai primi tempi della sua passione artistica: “Negli anni del dopoguerra non esistevano colori, né pennelli. Il mio primo pennello è stato un bastoncino con una stoffa arrotolata e legata con un pezzo di spago. Il mio primo colore è stato il mattone, frantumato sì da ricavarne materiale per dipingere. A scuola prendevo il gesso di nascosto e poi mi dilettavo a dipingere sulle pietre. Sono stato autodidatta. Poi ho vissuto per molto tempo a Parigi dove ho frequentato l’Accademia Lhote diretta da Henry Goetz. Dal 1972 al 1979 a Lamezia ho diretto un corso di pittura per bambini per avvicinarli a quest’arte, poi mi sono trasferito a Fiesole. Oggi, dopo quasi 30 anni, sono tornato nella città di Lamezia Terme”.
Il momento del distacco – Le opere giovanili di Giuseppe Lauria sono realizzate con materiali di recupero, ma emerge ugualmente un linguaggio efficace. Quando lascia la città lametina scrive: “Ho distrutto un quadro, ma altre cose avrei voluto eliminare: l’egoismo, la miseria, le armi e la violenza, l’arroganza e la corruzione, il treno degli emigranti ed il malgoverno. Avrei voluto tracciare solchi profondi… spianare le colline e far fiorire il pesco e il biancospino. Avrei voluto incominciare dal Sud lacerato, deluso e derubato da un manipolo di ladroni, avrei voluto… e vorrei!”.
Lauria rappresenta in fondo il dilemma dei calabresi – Con il passare degli anni le composizioni si arricchiscono di nuove forme comunicative. L’esperienza che più lo forgia in tal senso è la frequenza all’Académie Lhote. Nel 1979 l’artista è a Fiesole e nel 1982 a Firenze, dove la sua arte viene valorizzata. Lauria rappresenta in fondo l’artista del nostro tempo che, pur avendo talento, non riesce a trovare spazi adatti nel proprio territorio ed è costretto ad andare in altri luoghi, con l’amarezza di non aver potuto realizzare ciò che avrebbe voluto.
L’immagine: particolare de Il cuore di Babilonia (tecnica mista su faesite) di Giuseppe Lauria.
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno III, n. 33, settembre 2008)