Jor. Romanzo di non formazione (pp. 134, € 13,00) di Jan A. Hate, decima uscita della collana di narrativa La scacchiera di Babele della inEdition editrice, è il racconto di due personaggi che per una sorta di magia diventano uno solo. Quest’ultimo gira per il mondo incontrando persone e salvandole dai problemi, dalle angosce e da se stessi, nonché dal mondo che li opprime. Una storia surreale ed allegorica delle situazioni che individui diversi vivono e non affrontano, un monologo a volte delirante, un flusso di parole che stordiscono e divertono, costituito da sana stupidità e logica malata. Jor è un personaggio che può esistere in ognuno di noi a patto di accettare la vita come la cosa più bella ed irrinunciabile che ci sia, un’avventura che può coinvolgere chiunque e dovunque, che può cambiare tutto e niente, noi stessi e il modo in cui vediamo gli altri, riflesso o causa che siano dei mali del mondo. Ma anche di tutto quello che ne fa un posto così orribilmente stupendo.
Del brillante testo, riportiamo uno dei brani più belli, nei quali la realtà personale e sociale, dolorosa, è quasi trasfigurata e sublimata dal flusso tumultuoso – quasi joyciano – dello stile.
“Io sono una mamma. E già questo dovrebbe bastare a spiegare gran parte dei problemi che ho. Ma fosse solo questo… mi sarei anche arrangiata, solo che non è così. Devo lavorare, perché i soldi che mio marito porta a casa sono troppo pochi. E ti sto parlando delle sei, sette se non addirittura otto o nove ore di lavoro al giorno. Fosse un lavoro che comporta poco stress fisico ce la potrei anche fare, ma lavoro in fabbrica, sempre sotto tensione e facendo una fatica della madonna e soprattutto una fatica fisica. Ma fosse solo questo, ti ripeto ce la potrei anche fare. Al lavoro fisico, dopo un po’ che lo fai, ti ci abitui no? E non ci fai più caso, non ci pensi e riesci a tirare avanti lo stesso, magari anche più o meno bene, solo che… ci sono di mezzo tre figli da mandare avanti, da crescere e un marito… un marito semialcolizzato. Ora ti dico”.
A questo punto Jor, ormai rassegnato allo slancio inarrestabile del discorso, si stese di nuovo sulla branda a guardare le stelle lasciando la donna a parlare e girargli intorno come uno squalo.
“La mattina mi devo alzare tipo alle cinque e mezza per preparare la colazione a due figli che devono andare a scuola e meno male che sono ormai abbastanza grandi da arrivarci da soli, perché una volta li dovevo persino accompagnare almeno fino alla fermata dell’autobus, quindi mi dovevo svegliare ancora prima. Dopo tutto questo, devo dar da mangiare al terzo figlio che però ha pochi mesi, poi lo devo portare dalla vicina del piano di sopra se è martedì o mercoledì, dalla vicina del piano di sotto se è giovedì o venerdì e fin qui non è difficile, perché si tratta solo di un piano di scale e meno male che ci sono loro a darmi una mano. In cambio io la domenica bado ai loro figli e faccio le pulizie in casa loro. Il lunedì, però, devo portare il bimbo piccino dalla nonna perché le vicine del piano di sopra e di sotto non possono, mentre quella della porta accanto è una perfetta stronza e io la ucciderei ogni volta che la vedo, non la sopporto, la odio profondamente e non ti sto a raccontare perché, altrimenti finiamo domani. Fortunatamente, invece, il sabato mattina, se non è ubriaco, al piccolo ci pensa mio marito, altrimenti lo devo portare di nuovo a mia madre, ma mi secca perché è parecchio vecchia e perciò non tanto in grado di badare a un bambino che promette di diventare abbastanza irruente.
E queste sono solo le mattine…
All’ora di pranzo devo sfrecciare attraverso l’intera città per arrivare a casa in tempo e preparare il pranzo praticamente a tutti, oltre che per me ovviamente. Se ci riesco, cerco anche di passare a trovare il mio piccolo bimbo ovunque esso sia, perché mi manca sempre tanto, sebbene talvolta si comporti da perfetto stronzo, ma non fa niente perché è mio figlio e questo basta affinché io gli perdoni qualsiasi cosa. Dopo tutto questo, devo tornare al lavoro e sperare che gli altri due figli facciano i compiti e studino almeno un pochino prima di mettersi davanti alla playstation o a qualche altra diavoleria tecnologica. Tra l’altro non sono mica tanto sicura se sia meglio che restino a lobotomizzarsi il cervello in compagnia di un computer o che si facciano andando in giro per le strade a provare tutti i tipi di droga che riescono a trovare. Non so veramente che cosa cambi tra le due cose, tuttavia spero che almeno riescano ad arrivare alla maggiore età con un cervello ancora in grado di funzionare e non proprio completamente ridotto al livello di un vegetale come mi sembra stia accadendo ora, e io non so proprio come fare per impedirglielo. O stanno a casa o li faccio andare in giro, ma così o si drogano con la playstation o con tutti gli altri tipi di droga che riescono a procurarsi. In realtà penso che sia più facile trovare la droga che un qualsiasi altro gioco per la playstation, e ogni pomeriggio, mentre sono al lavoro, inevitabilmente penso sempre a tutte queste cose e mi devo fare sempre almeno una o due ore di straordinario a scaricare e caricare pacchi dai camion. Dobbiamo pagare la rata della nuova tv, perché alla playstation si gioca meglio con una grande tv mi hanno detto, e così a Natale ne ho regalata una ai miei tesorini, perché gli voglio tanto bene, anche se qualche volta, quando la sera torno a casa un po’ troppo tardi dal lavoro e loro hanno fame, io invece ho paura. Oggi i figli uccidono i genitori un giorno sì e uno no se questi non si comportano bene e allora io cerco di comportarmi sempre nel miglior modo possibile onde evitare di ritrovarmi magari con una coltellata sui fianchi quando meno me l’aspetto. E ho sempre tutti questi pensieri quando sono al lavoro così non vado d’accordo con i miei colleghi e ogni tanto ci discuto pure e io odio tanto litigare, ma non posso nemmeno farmi mettere i piedi in testa, così sono sempre un po’ stizzosa, come una corda di violino, e non capisco perché, dato che alla fine si riesce a controllare bene tutto, o quasi. Comunque, quando ho finito di lavorare devo sempre passare assolutamente a fare un po’ di spesa, perché appena arrivata a casa dovrò mettermi a cucinare qualcosa per i miei tesorini e non gli voglio fare sempre le stesse cose. Voglio che abbiano un’alimentazione completa e allora devo fare un po’ di spesa per variare sempre quello che mangiano e a volte mi capita di non avere più idee, perché quello l’ho fatto ieri, quell’altro l’altro ieri, questo non piace a uno, questo non piace all’altro e io devo sempre accontentare tutti, e non mi viene in mente niente. Così, finisce che arrivo tardi, perché perdo troppo tempo al supermercato, e appena apro la porta di casa tutti mi urlano addosso che sono in ritardo e che hanno fame. A volte, poi, quando il mio piccolino sta dalla nonna, devo passare a prenderlo prima di andare a casa e lei mi dice che sono in ritardo perché doveva andare a giocare a bridge con le amiche. Invece le vicine sono un po’ più buone, nel senso che, quando lo tengono loro, mi fanno soltanto notare gentilmente che sono in ritardo e che anche loro hanno una famiglia da mandare avanti e una cena da preparare. A quel punto poi io dico grazie per la pazienza che hanno avuto e vado a casa a preparare la mia di cena, per la mia di famiglia. Lì urlano tutti, la tv è accesa a volume alto e mio marito sta seduto sulla poltrona con la birra in mano a guardare il telegiornale e bestemmiare perché lui è buono e gli dà fastidio quando sente le brutte notizie. Quando poi sente tutti quei servizi dei bambini che uccidono i loro genitori, prende i nostri e gli tira quattro scappellotti sulla testa così, tanto per insegnare loro che quelle brutte cose non si fanno. Allora, loro cominciano a piangere e chiamano mamma, mamma, e io li devo consolare, ma devo anche preparare la cena, e la tv è altissima quindi non sento quello che mi dicono e nemmeno quello che mi dice mio marito, così poi lui si incazza anche con me e si beve un’altra birra. Appena dopo cena poi, mio marito esce e va al bar con i suoi amici a bere qualcosa, perché tutto il giorno non ha bevuto niente e perché avrà anche lui in diritto di rilassarsi e di divertirsi ogni tanto – o almeno così dice lui. Di conseguenza, io resto sola a casa con i miei tesorini e mentre loro guardano la tv o giocano con la playstation, io faccio tutte le altre faccende di casa, le pulizie, lavo i panni o stiro, lavo i piatti, sistemo la cucina, ma prima metto sempre a letto il piccino e gli canto la ninnananna, perché a lui piace tanto e a me piace tanto quando mi fa i sorrisoni. Dopo tutte le faccende metto a letto anche gli altri due marmocchi, se non ci sono già andati da soli, perché ormai sono abbastanza grandi per farlo e poi vado a dormire anch’io. Alla fine è sempre mezzanotte passata, perché prima mi devo fare almeno una doccia, metti che torna mio marito e mi voglia un po’ per sé. Lui, però, rientra sempre tanto tardi e io non riesco a restare sveglia ad aspettarlo, perché sono un po’ stanca e qualche volta si arrabbia per questo, o magari perché resto sveglia, ma lui è troppo ubriaco e non ne ha voglia. Poi la domenica pomeriggio, che è l’unico giorno in cui sono a casa e non lavora nemmeno lui, la passa a casa dei suoi amici a guardare le partite, perché loro hanno la tv privata e così io non lo vedo mai. Avevo pensato di fare anch’io l’abbonamento alla tv privata, così magari la domenica poteva portare i suoi amici qui a casa e io lo vedevo un po’ di più, ma mi sono informata e costa troppo e ho già abbastanza rate da pagare. Mio marito a volte, per non fare brutte figure con i suoi amici o che so io, non si rende conto di quanti soldi spende e di quanti in realtà ne potrebbe spendere. E’ per questo che abbiamo sempre poco denaro e io devo far mangiare tutta la famiglia e pagare un sacco di rate. Così, almeno per quest’anno, ho rinunciato a regalare la tv privata a mio marito, magari il prossimo. Ogni giorno della mia vita è così, funziona tutto bene, ma mi dici perché non sto tanto bene, allora?”.
Silenzio.
(da Jan A. Hate, Jor. Romanzo di non formazione, Introduzione di Riccardo Sforza, inEdition editrice/Collane di LucidaMente)
L’immagine: elaborazione grafica per la copertina del libro per gentile concessione di Faceyourmanga(www.faceyourmanga.com), cui vanno i più sentiti ringraziamenti dell’editore e dell’autore.
Enrica Tullio
(LucidaMente, anno IV, n. 37, gennaio 2009)