Shaun Bythell racconta con ironia il rapporto con i clienti, l’odio/amore per i dipendenti e la lotta con Amazon
Lo ammetto, ho fatto quello che nella vita non bisognerebbe mai fare: ho giudicato un libro dalla copertina. Vagavo per una libreria pensando: «Oggi non compro nulla, sul comodino ho ancora quel volume da finire…», quando sono stata presa all’amo. Su uno scaffale spiccava una copertina blu costellata da fiocchi di neve, un edificio con una luce calda a illuminare le stanze zeppe di libri e, sulla porta, un individuo occhialuto, con le mani in tasca e i capelli arruffati.
Quell’uomo è Shaun Bythell, autore e protagonista di Una vita da libraio (Einaudi, pp. 376, € 13,00), «una storia incantevole per chi crede che un libro sia per sempre», come recita la quarta di copertina. Shaun è il proprietario di The Book Shop, il più grande negozio di testi usati della Scozia. Esso si trova a Wigtown, una piccola cittadina con meno di un migliaio di anime nel Galloway, nella parte sudoccidentale del Paese. Ed è lì, in quel villaggio sulla costa, che si svolge la storia di Shaun e della sua libreria, dove si ritrovano bizzarri personaggi che il lettore impara in fretta a conoscere. Il romanzo è un diario scritto in prima persona da Bythell, che racconta le sue avventure di venditore indipendente in perenne lotta con Amazon e con i clienti, spesso un po’ taccagni e pronti a tutto pur di risparmiare una sterlina. Gli stratagemmi adottati – dalle più spudorate richieste di sconto fino alla cancellazione del prezzo – fanno sorridere, soprattutto se si pensa alla fama da tirchi che hanno gli scozzesi. E le risate effettivamente non mancano, l’ironia abbonda e le stramberie sono all’ordine del giorno; come quelle di Nicky, l’assistente di Shaun, che passa tutto l’inverno dentro alla sua tuta da sci nera con la quale «sembra un Teletubby che abbia perso la strada di casa».
Nicky è una donna sulla cinquantina «tanto in gamba quanto eccentrica», indispensabile al negozio almeno quanto i libri, come ammette lo stesso autore, che con lei ha un rapporto a dir poco altalenante. Oltre a lei, ci sono anche altri ragazzi che danno una mano in libreria, permettendo al proprietario di svagarsi un po’ con nuotate, pesca e camminate negli sconfinati paesaggi scozzesi. Ad alcuni quella di Shaun potrebbe (quasi) sembrare una vita da sogno: tutto il giorno in mezzo ai testi scritti, poi in giro con il furgone a svuotare vecchie librerie e, nel tempo libero, qualche bevuta in compagnia o una bucolica passeggiata. Ma attenzione, non è tutto oro quello che luccica, e a ricordarcelo mese dopo mese è nientemeno che George Orwell, la cui opera Ricordi di libreria (Bookshop Memories) viene citata all’inizio di ogni capitolo. L’autore, infatti, ha lavorato part time al Bookslover’s Corner – ora una pizzeria, per chi volesse cercarlo – nel quartiere londinese di Hampstead tra il 1934 e il 1936 e l’esperienza non dev’essere stata piacevolissima.
«George Orwell non aveva nessuna voglia di fare il libraio, e devo dire che lo capisco benissimo. Lo stereotipo del libraio insofferente, intollerante e misantropo (come il personaggio interpretato da Dylan Moran nella serie televisiva Black Books) trova spesso conferma nella realtà. Ci sono le immancabili eccezioni, ovvio, e molti colleghi di mia conoscenza non sono affatto così: io sì purtroppo. Ma un tempo ero diverso, e prima di comprare la libreria ricordo di essere stato un tipo abbastanza disponibile e amichevole. Se oggi sono quel che sono, è colpa del quotidiano bombardamento di domande idiote, dell’incertezza finanziaria, delle eterne discussioni con il personale, dell’infinito, sfiancante mercanteggiare dei clienti. Eppure, se qualcuno mi chiedesse cosa vorrei cambiare, la risposta sarebbe: niente». Bythell racconta di essersi ritrovato, poco più che trentenne, a non avere un lavoro che lo soddisfacesse; guarda caso, il vecchio proprietario del Book Shop stava proprio cercando qualcuno che continuasse la sua attività. Quando si dice il destino!
Grazie anche all’appassionata attività di Shaun, oggi Wigtown vanta il titolo di “Città del libro”; inoltre, tra settembre e ottobre viene organizzato il Wigtown Book Festival, una manifestazione letteraria che dal 2001 è in continua crescita. L’unica pecca del testo, se proprio vogliamo trovarne una, è che alla lunga la sua natura diaristica potrebbe risultare un po’ noiosa; ma personalmente è uno di quei libri che, una volta terminati, lasciano un senso di vuoto simile alla fine di una vacanza tra amici. Da segnalare, tra gli effetti collaterali, la probabile insorgenza nel lettore di un irrefrenabile desiderio di salire sul primo volo per la Scozia, noleggiare una macchina e avventurarsi tra strade tortuose, coste spazzate dal vento e brughiere desolate. Con una sosta obbligata al Book Shop, ovviamente!
Le immagini: la copertina del testo Una vita da libraio, di Shaun Bythell; il cartello stradale della città scozzese di Wigtown; la vetrina e l’interno di The Book Shop, il più grande negozio di libri usati della Scozia.
Chiara Ferrari
(LucidaMente, anno XIV, n. 164, agosto 2019)