Grazie anche agli errori dell’Occidente, l’Isis si sta affermando in Iraq e Siria. Per frenare il jihadismo occorre cambiare la strategia finora attuata dagli Usa
Isis (Islamic State of Iraq and Syria), Isil (Islamic State of Iraq and the Levant) e Is (Islamic State) sono gli acronimi usati per indicare il gruppo armato salafita che, al comando di Abu Bakr al-Baghdadi, ha occupato una parte dell’Iraq e della Siria creando un califfato. L’Isis ha come effigie una tetra bandiera nera e conta più di 10 mila miliziani, intenzionati ad allargare ulteriormente i propri domini territoriali. Il pericolo costituito dall’esercito di al-Baghdadi non va sottovalutato, anche perché ha già iniziato a perseguitare i cristiani e i seguaci dello yazidismo, una religione presente in Iraq.
Il mondo arabo odierno risulta aggrovigliato in un ginepraio piuttosto confuso dentro il quale non è facile districarsi: oltre alla divisione tradizionale tra sunniti e sciiti, ci sono pure quelle tra forze laiche e forze integraliste e quelle tra stati alleati e stati nemici degli Usa. La situazione è resa più problematica dai ricorrenti scontri tra l’esercito di Israele e i miliziani palestinesi di Hamas e dalla cruenta guerra civile che imperversa in Libia. C’è chi – riprendendo le tesi di Samuel Huntington – parla nuovamente di “scontro di civiltà” tra mondo cristiano e mussulmano, come Domenico Quirico, il quale in una recente intervista ha affermato che «l’islam è una religione totalizzante e guerriera […] nata con le guerre di Maometto e ha nella lotta e nella conversione uno dei principi fondamentali del suo esistere» (cfr. Leone Grotti, Quirico: «L’Occidente non vuole vedere che ci hanno dichiarato guerra, l’islam moderato non esiste», in http://www.tempi.it).
Di diverso avviso è Marco Alloni, convinto invece che nel mondo islamico ci siano anche correnti di pensiero non fondamentaliste con le quali è possibile dialogare: «in Occidente vige una perfetta ignoranza del discorso progressista e riformista, al quale si è sempre preferito anteporre il discorso esotico e integralista […] a tutto discapito delle grandi opere di riformisti – quasi del tutto sconosciuti alle nostre latitudini – quali Farag Fuda, Taha Hussein, Mohammad Arkun, Nasr Hamid Abu Zeid, Hassan Hanafi e via elencando» (cfr. Marco Alloni, Caro Quirico, l’islam moderato esiste, in http://temi.repubblica.it/micromega-online).
Nonostante le diversità culturali chiaramente esistenti, lo scontro tra Occidente e Oriente è a nostro avviso evitabile, purché cambi la sconsiderata strategia adottata finora in Medioriente dagli Usa e si contrastino le forze jihadiste. La Casa Bianca infatti ha cercato in passato di indebolire e di abbattere i cosiddetti “stati canaglia” facendo leva anche sugli stati e sui gruppi islamici più integralisti: fino all’anno scorso l’Isis ha fatto parte delle milizie – addestrate in Turchia e finanziate dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dai governi di Parigi, Tel Aviv e Washington – che stanno tentando di rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad (cfr. Maria Grazia Bruzzone, Irak: chi arma l’Isis e perchè gli Usa non interverranno, in http://www.lastampa.it). Hillary Rodham Clinton, in una recente intervista, ha ammesso gli errori commessi dagli States: «È stato un fallimento. Abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Era formata da islamisti, da secolaristi, da gente nel mezzo. Il fallimento di questo progetto ha portato all’orrore a cui stiamo assistendo oggi in Iraq» (cfr. Franco Fracassi, Hillary Clinton: “L’Isis è roba nostra, ma ci è sfuggita di mano”, in http://popoffquotidiano.it).
È indispensabile dunque che l’Occidente non fornisca più alcun sostegno ai jihadisti e si adoperi per spezzarne i solidi legami con l’Arabia Saudita e il Qatar. L’Unione europea si è già mobilitata in favore dei peshmerga curdi e dell’esercito iracheno impegnati a respingere l’offensiva dell’Isis. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato una risoluzione per bloccare i finanziamenti ai jihadisti, mentre il parlamento italiano ha disposto l’invio di armi ai curdi e l’aviazione statunitense ha iniziato i raid aerei contro le basi dell’esercito salafita. Ciò però potrebbe non bastare e comincia a farsi strada l’idea – sostenuta in Italia soprattutto da Emergency, Movimento 5 stelle e Sel – che per risolvere la complessa crisi mediorientale sia più utile l’intervento di una forza di pace sotto l’egida dell’Onu.
Un’altra questione della quale vorremmo discutere riguarda l’opportunità di mandare allo sbaraglio cooperanti giovani e inesperte in posti assai pericolosi come l’attuale Siria. Ci auguriamo che Vanessa Marzullo e Greta Ramelli – le volontarie dell’onlus Rose di Damasco rapite lo scorso 31 luglio ad Aleppo – possano ritornare al più presto in libertà: il loro drammatico caso dovrebbe tuttavia servire da monito per scoraggiare quello che Alessia Lai ha definito «turismo di guerra», il quale finisce spesso per portare sostegno proprio ai gruppi islamici più integralisti (cfr. Alessia Lai, La finta cooperazione che flirta con i ribelli islamici, in www.spondasud.it). Si dovrebbe pertanto consentire di recarsi nelle zone di guerra solo al personale assai esperto e altamente specializzato nelle cure mediche e nell’assistenza alla popolazione civile.
Le immagini: bandiera dell’Isis; territori occupati dall’armata salafita (fonte: www.linkiesta.it); mappa interattiva dei territori già in mano dei jihadisti, tratta da l’Espresso.it: Qui comanda il Jihad: dove combattono e dove si addestrano; Vanessa Marzullo e Greta Ramelli poco prima di partire per la Siria (fonte: www.ecodibergamo.it).
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno IX, n. 105, settembre 2014)
Al fine di orientarsi, conviene tracciare, sia pure brevemente, la distinzione tra la guerra, la resistenza partigiana e il terrorismo.
La guerra è legittima quando sia justa (giusta), quando, inoltre, nel condurla, gli Stati si identifichino sul campo di battaglia mediante precisi segni distintivi (divise, bandiere, etc.). Questi due caratteri (e altri ancora) distinguono gli eserciti dalla bande armate formate da delinquenti.
La lotta partigiana è propria dei popoli sconfitti e, quindi, ormai incapaci di organizzarsi militarmente e, tuttavia, decisi a continuare la lotta armata secondo modalità anomale al fine di riconquistare l’originaria libertà. Essa, quanto si voglia nobile, è illegittima perché non rispetta il secondo dei criteri suddetti (e non solo questi), perciò i suoi membri, una volta catturati, vengono, di regola, passati per le armi.
Il terrorismo è un’arma estrema impiegata da minoranze che non hanno il supporto politico della società di appartenenza, il cui scopo è di incidere su di essa, appunto, terrorizzandola.
La differenza maggiore rispetto alla lotta partigiana è che il terrorismo non tanto colpisce obiettivi militari, quanto piuttosto la popolazione stessa, per lo più innocente, anche con pratiche manifestamente inumane del tutto estranee all’etica propria dei combattenti.
Il problema risiede nell’accertarne le cause. Il rifiuto di tale esame, il ricorso soltanto alla repressione poliziesca e militare, favoriscono il fenomeno, rischia di trasformarlo in lotta partigiana, di regola invincibile.
Il processo della globalizzazione dell’economia capitalistica, la sua capacità di dissolvere le culture tradizionali, è fonte di azioni di resistenza che possono anche assumere connotati violenti. E’, questo, un evento fisiologico destinato ad essere superato.
Accanto a tale motivazione, un’altra se ne aggiunge. L’Occidente, come anche rilevato da Giuseppe Licandro, non è esente da colpe. Di certo, non giova alla causa della pace il fatto che gli Stati Uniti siano divenuti il braccio armato di Israele caduto nelle mani del sionismo, non giova che lo stato ebraico si ponga al di sopra dell’O.N.U. ignorandone le deliberazioni quantunque informate alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo votata, dalla stessa O.N.U., nel 1948.
L’ingiustizia richiama la giustizia, ma non sempre, a volte essa si traduce in una potente spinta alla sua diffusione.
Alberto Donati
Prof. Alberto Donati, la sua analisi, seppur breve, è profonda. La condivido per la maggior parte. Dal mio punto di vista, la critica al USA è parziale, sembra che USA sia un strumento del governo sionista?! Ok, cerco di spiegarmi; la politica sia interna che estera del governo/presidente USA è influenzabile/guidata dai vari lobby. Attualmente il lobby israeliano/ebreo/sionista è la più potente in assoluto, quindi nessun mistero, la politica estera USA sarà pro sionista fin quando una lobby islamico/arabo non sarà più potente delle altre.
Dall’altra parte ISIS esce un po’ dagli schemi ben noti, cioè i suoi membri non appartengono ad una definita “cultura tradizionale” minacciata dalla globalizzazione, i tanti volontari hanno provenienza culturale diverse e il collante è la religione islamica; l’ideale, l’ispirazione, il dettame del Corano di costruire un califfato somiglia un po’ ai comunisti internazionalisti che combattevano ovunque per una rivoluzione proletaria mondiale. Ho notizia di alcuni dei miei connazionali del Kosovo, che fino ad ieri ringraziavano gli USA per averli protetti da Milosevic, invece adesso fanno parte dell’ISIS.
Gentilissimo Signor Bardhi,
prendo atto con rispetto della Sua opinione e, anzi, La ringrazio per le iniziali parole di apprezzamento. Non riesco, tuttavia, a comprendere quale sia la Sua tesi, quale, secondo Lei, sia la causa di quella che ormai è una terza guerra mondiale combattuta, almeno al momento, con metodi non tradizionali, ma non per ciò meno guerra.
Si è in presenza di una “Eclissi della ragione” indotta dal neoliberismo economico, donde lo scadimento nella arbitrarietà delle relazioni umane anche significato dalla riemersione dei fondamentalismi religiosi, dalla loro suddivisione in due versanti, da un lato, quello mussulmano facente capo, nelle sue manifestazioni più estreme, ad al Qaida e all’Isis, dall’altro, la religiosità occidentale espressa dal cattolicesimo legato al sionismo ebraico ed al protestantesimo.
Sottostante a tale fenomenologia è la prossimità al collasso economico degli Stati Uniti, alla conseguente fine del protagonismo politico e militare di questo paese. Gli imperi in agonia possono reagire ricorrendo alla guerra e questo è quanto sta accadendo se si considera il complesso delle relazioni conflittuali che gli USA vengono intessendo con una parte significativa delle popolazioni mussulmane e con la Russia, se si considerano quella parte dei loro interventi militari non supportati dalle Nazioni Unite.
Con ciò voglio dire che il fenomeno della globalizzazione è tutt’altro che irreprensibile. Solo quando la correttezza sarà ripristinata si potrà delegittimare categoricamente l’eventuale permanenza di opposizioni violente. Lo “scontro delle civiltà” (Huntington) è indotto, ha una precisa eziologia cui si deve rimediare prima che sia troppo tardi.
Ringrazio gli appassionati lettori della nostra rivista, Donati e bardhi, per le approfondite argomentazioni.
Non so se la tetra bandiera nera abbia un significato particolare, ma di certo non gli fa una grande pubblicità, perché li identifica fin da subito come “il cattivo”. Speriamo che le cose si evolvano per il meglio anche perché sarebbe difficile ipotizzare un nuovo intervento sulla falsariga dell’Afghanistan.
Carlo
Gentilissimo Carlo, grazie per averci scritto.
Tre precisazioni:
1) La bandiera nera se l’è scelta da sé l’Isis;
2) L’Isis, una volta tanto, è “il cattivo” senza se e senza ma…
3) Le modalità d’intervento occidentali sembrano voler seguire strategie e tattiche diverse rispetto al “caso Afghanistan”.
Il direttore.
Prof. Alberto Donati, mi fa piacere che le interessa la mia opinione e mi spiace di non aver visto prima la sua risposta.
Non riesco a comprendere bene tutta le dinamiche di questo fenomeno ma non penso che sia “Eclissi della ragione”, penso che la ragione non abbia mai guidato guerre e rivoluzioni. Nel mio piccolo ho partecipato a una rivoluzione, fortunatamente molto soft, il rovesciamento del regime comunista in Albania, ho partecipato in dimostrazioni, scontri con la polizia, sciopero della fame, etc, etc, Avevo 23 anni è le assicuro che le mie azioni erano “ragionate”; ovviamente io ero un semplice “soldato”, ma pure i leader che conoscevo abbastanza bene di ragione non avevano molto. Detto questo, penso che ciò che guida frange estremiste e meno, come ISIS and Co, sia l’ideologia, quella islamista, che quanto a internazionalità non ha nulla di invidiare all’ultima ideologia laica, cioè quella marxista: “proletari di tutto il mondo unitevi” si può tranquillamente trasformare in “mussulmani di tutto il mondo seguite il corano”. Maometto aveva pensato che l’islam avrebbe trionfato in tutto il globo molto prima che Marx pensasse lo stesso per il comunismo. Secondo me questa è la volta dell’ideologia/religione islamica ad agitare le masse… fin dove arriveranno e quando durerà non ho idea, spero finiscano al piu presto.
Credo che vada pensata come Marco Alloni, la soluzione è sempre il dialogo ove possibile.
Ma appunto, dove è possibile, bisogna dialogare fino allo stremo.