Verso recessione economica, licenziamenti facili e in pensione già con un piede nella tomba
Con la lettera di Berlusconi a Bruxelles è stato imposto un nuovo giro di vite contro pensionati e lavoratori italiani. Queste manovre economiche, oltre a essere inique, sono pure inutili. Insistendo, infatti, con le cosiddette politiche di “austerità”, la domanda di merci, la produzione, l’occupazione, i redditi e quindi anche le entrate fiscali si ridurranno ulteriormente, per cui diventerà sempre più difficile rimborsare i debiti.
In questo modo si scivola verso la recessione e la depressione economica, che comporta un calo del prodotto interno lordo, e alla fine il rapporto debito/pil sarà addirittura aumentato. Così, anziché contrastare la speculazione finanziaria, si finirà per alimentarla. È proprio a causa di tali politiche che la Grecia è già tecnicamente fallita, e proseguendo lungo questa via anche l’Italia, col Portogallo e la Spagna, finirà per incamminarsi verso un inesorabile default.
Nella normativa attuale (legge 223) esiste già la possibilità di licenziamenti collettivi in seguito a dichiarazione di uno «stato di crisi», verificato e certificato dalle istituzioni pubbliche. Mentre in questa lettera i licenziamenti per «motivi economici» saranno sostanzialmente «autocertificati» dai datori di lavoro e usati per colpire singoli dipendenti, magari scomodi per ragioni sindacali, e sostituiti con giovani senza garanzie, salari bassi e sindacalizzazione vietata. Entro maggio 2012 il governo varerà una legge per cui ai dipendenti licenziati dalle aziende “in crisi” sarà dovuto solo un risarcimento monetario (neppure quantificato in mesi di stipendio), ma senza più il diritto al reintegro sul posto di lavoro tramite ricorso al giudice.
Per i dipendenti pubblici e parastatali, mobilità obbligatoria, Cassa integrazione guadagni e la cancellazione delle “piante organiche” verranno in realtà messi al servizio di tutte le privatizzazioni: cioè la Pubblica amministrazione sarà ridotta all’osso per cedere le sue attività (come sta già accadendo con la complicità di direttori generali di nomina governativa) ai privati. L’affermazione di Sacconi secondo cui con la libertà di licenziamento si potrà garantire una maggiore occupazione, sarebbe ridicola se non fosse tragica: in Italia abbiamo il record della precarizzazione del lavoro e questo non ha comportato una riduzione della disoccupazione. Secondo il centro studi della Cgia di Mestre, se dal 2009 a oggi fosse stata applicata una norma sui licenziamenti facili, il tasso di disoccupazione in Italia sarebbe schizzato all’11% anziché all’8,2% attuale, cioè ci sarebbero state 738 mila persone senza lavoro in più rispetto ad oggi, tutte persone espulse dopo la cassa integrazione.
Che fine faranno i lavoratori licenziati a 50-55 anni? Lo dicano le imprese aderenti a Confindustria, che da un lato plaudono alle riforme e dall’altro lasciano sulla strada tante persone. Quando si parla con tanta leggerezza di licenziamenti per motivi di crisi si deve sapere che in questo momento abbiamo 400 mila cassaintegrati che leggendo questa novità potrebbero apprendere che presto saranno tutti licenziati. È prevista un’ulteriore «ristrutturazione» di scuole e università, con chiusure selettive e aumento delle rette a discrezione locale.
Con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni indicato nella lettera a Bruxelles, cui va aggiunto un anno di finestra mobile per uscire, l’Italia diventerà in Europa il Paese che lavora più a lungo di tutti. Le lavoratrici del privato come del pubblico, con la vecchiaia portata a 67 anni, si trovano d’improvviso a fare un salto di 7 anni in più di lavoro. Per le lavoratrici del settore privato inizia già a gennaio 2012 il progressivo aumento dagli attuali 60 anni ai 65, per arrivare infine alla nuova soglia.
Anche la soglia dei 40 anni di anzianità, che la Lega afferma di aver difeso, è in realtà già sfondata: oggi di fatto servono 41 anni a causa dell’anno di finestra, e dal 2014 ben 41 e 3 mesi, per il legame automatico del pensionamento con l’aspettativa di vita. Se si lavorerà fino a 67-70 anni, i giovani quando subentreranno, a 47-50 anni? Ci saranno infermieri, operai in fonderia, muratori sulle impalcature a 67 anni?
Franco Pinerolo
(LucidaMente, 30 ottobre 2011)