La caduta della “maschera” in “This must be the place” di Paolo Sorrentino
Cheyenne (Sean Penn) è una ex rockstar. Anche se ormai è un uomo di mezza età, indossa ancora i vecchi abiti da palcoscenico (compreso il trucco). Dopo aver appeso la chitarra al chiodo, si dedica placidamente a una vita agiata nella sua villa in Irlanda. La moglie, come lui, si arrende a un’esistenza soft e scontata. Entrambi in balia dell’ozio depresso. Questa la statica situazione di partenza del nuovo film di Paolo Sorrentino, This must be the place (con Sean Penn, Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton e Joyce Van Patten).
La monotonia e la depressione vengono interrotte bruscamente dalla morte del padre di Cheyenne. Si scopre che l’anziano ha trascorso gli ultimi anni della propria esistenza nell’ossessiva ricerca dell’uomo che gli ha tolto la dignità nel campo di concentramento di Auschwitz. L’evento scuote il protagonista, al punto che decide di partire alla volta di New York per seppellire il padre che non vedeva da anni e riprendere la sua missione. Compito che si rivela piuttosto complicato. Il protagonista col mascherone è cosi costretto a cambiare la propria vita. Tramite il consiglio di un ebreo amico del padre va alla ricerca del nazista, ormai novantacinquenne.
La figura della vecchia celebrità è consapevolmente sviluppata secondo un forte principio di smascheramento. La rockstar è avvolta da una storia di mistero e di debolezze quali il rapporto padre-figlio e la consapevolezza di non avere mai avuto i fan che desiderava (i suoi ammiratori più devoti sono teenager). La voce macabra e pacata rende bene l’atteggiamento e il modo di fare di qualcuno che è stato, ma non è più. Il protagonista stesso indossa per tutta la durata della narrazione una maschera che lentamente scoprirà essere un peso. Una scena fondamentale svolta all’interno di una baita di montagna ci aiuta (grazie anche a un enorme, disarmante sorriso da parte dell’attore) a comprendere appieno quanto sia pesante il suo fardello. La maschera comincerà ad abbandonarlo una volta che Cheyenne si sarà reso conto della sua vera natura, riuscendo così ad affermare la sua vera personalità: «Non sto scoprendo me stesso, sono in New Mexico, non in India».
Le immagini: locandine di This must be the place.
Michele Yea
(LucidaMente, anno VI, n. 72, dicembre 2011)