Attraverso un documento elaborato dall’Associazione Libera Uscita il malato seriamente affetto da Covid-19 può decidere se accettare o meno il ricovero in Terapia intensiva
Nello scorso marzo, nel pieno infuriare della prima ondata di epidemia da coronavirus, avevamo ospitato su LucidaMente alcune riflessioni (Scegliere chi curare o far scegliere al malato? Covid-19 e autodeterminazione terapeutica) di Maria Laura Cattinari, presidente di Libera Uscita – Associazione laica e apartitica per il diritto a morire con dignità.
A distanza di appena sette mesi le problematiche analizzate dalla Cattinari stanno riemergendo con crudezza e, al contempo, nel consueto disinteresse di politica e media. Si chiedeva allora la presidente di Libera Uscita se alcuni malati affetti da Covid-19 nella sua forma più letale, «già molto avanti negli anni o con malattie pregresse, non vorrebbero essere ricoverati in terapia intensiva, preferendo lasciare un posto libero a chi, più giovane o in salute, possa avere maggiori speranze di sopravvivenza. C’è senza dubbio chi, in caso di aggravamento delle proprie condizioni, chiederebbe piuttosto di essere assistito con una sedazione palliativa profonda continua fino alla fine che, di certo, non si farebbe attendere a lungo in un quadro di insufficienza respiratoria grave». In effetti, molto spesso il malato anziano e affetto da molteplici altre patologie viene sottoposto dai sanitari a un accanimento terapeutico devastante e che comunque non è in grado di evitarne la morte.
Ma, scriveva la Cattinari, «la legge 219/2017 consente a tutti di comunicare per tempo, al momento della diagnosi, se, in caso di grave insufficienza respiratoria, si desidera o meno essere trasportati in una terapia intensiva. Nessuna emergenza può far strame del diritto all’autodeterminazione sulle cure che con tanta fatica abbiamo ottenuto». Proprio per evitare questa violenza sull’ammalato, Libera Uscita ha prodotto un modello di Dichiarazione che trovate in fondo al nostro articolo e che potete liberamente ricopiare.
Molto importante è la postilla in calce al modello, nella quale si precisa che «La DICHIARAZIONE, debitamente sottoscritta, potrà essere presentata a chi si prenderà cura del dichiarante in caso di diagnosi di Covid-19: al medico di base o ai medici di guardia medica o agli Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) o ai medici del pronto soccorso o della terapia subintensiva. Il dichiarante avrà diritto di esigere che la DICHIARAZIONE sia inserita in cartella clinica. Inoltre avrà diritto di rifiutare qualunque terapia (art. 1 della legge 219/2017), nonché di essere assistito con terapie del dolore fino alla sedazione palliativa profonda continua art. 2 della stessa Legge in vigore dal 31 gennaio 2018». Ovviamente, ci auguriamo che nessuno debba compilare tale documento, ma, comunque è uno strumento che Libera uscita e la nostra rivista offrono ai lettori e ai loro parenti più anziani.
Isabella Parutto
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 179, novembre 2020)
Dichiarazione ai curanti in caso di affezione da Coronavirus
(Proposta dall’Associazione Libera Uscita – info@associazioneliberauscita)
Dichiarazione
Io sottoscritt nat a il
residente a in Via
nel pieno possesso delle mie facoltà e consapevole del fatto che nel decorso dell’affezione da Coronavirus, dalla comparsa dei primi sintomi all’insorgenza delle prime difficoltà respiratorie, intercorre un periodo di tempo che rende possibile informare un paziente, raccogliere il suo consenso e pianificare le cure ai sensi dagli art. 1 e art. 5 della Legge 219/2017
DICHIARO
che intendo esercitare il mio diritto
- di rifiutare il ricovero in un reparto di Terapia intensiva
- di voler essere assistito con Cure Palliative domiciliari fino alla Sedazione palliativa profonda continua.
Luogo e Data …………………………………………………….
Firma………………………………………………………………….
Mi sembra un’ottima idea. Grazie.
La rivista scientifica francese “Journal International de Medicine” ha recentemente pubblicato un articolo che riteniamo possa interessare visto che la Francia dispone di una legislazione sul fine-vita simile alla nostra, che non prende in esame l’aspirazione di alcune persone anziane sazie di vita di concludere liberamente la propria vita quando ritenuta esistenzialmente compiuta.
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