“Vita, morte, miracoli di un uomo qualunque” (Sovera edizioni) è l’opera d’esordio del romano Matteo Deraco
«L’ho sfilato dal cassetto dei desideri e l’ho gettato in pasto a un mondo, quello dell’editoria, che adesso lo sta premiando». Matteo Deraco ha preso una parte sostanziosa della propria vita, l’ha ridotta in forma di romanzo di pressante modernità e attualità e l’ha catapultata su carta.
Un’opera di debutto da leggere tutta d’un fiato. Il suo titolo è Vita, morte, miracoli di un uomo qualunque (Sovera edizioni, pp. 80, € 9,00). Tanta vita, la morte riferita solo a quella di un amore (dramma spaccacuore privato ma vicino a chiunque) e i miracoli di chi cerca di sbarcare il lunario con tanta faccia tosta, un pizzico di sana, completa follia e un profilo da sociopatico camuffato da tutt’altro. «Dentro questa storia – dice l’autore, 28 enne romano di Torre Angela nato a Frascati – c’è praticamente tutto me stesso. Forse – pensa – fin troppo. È stato come mettermi a nudo e ora, a quasi un anno dall’uscita del libro, mi rendo conto che ho messo la mia vita in piazza». E il gusto è proprio questo.
Un iter letterario che parte da Charles Bukowski e arriva a Irvine Welsh e a Charles Michael Palahniuk. È l’amore a fare da filo narrativo di una storia apparentemente come tante altre: si inizia e si chiude all’insegna di un rapporto sentimentale e di mille cuori spezzati. Ridurre l’intera trama alla lunga parentesi da animatore di villaggio, che comunque costituisce il fulcro della narrazione, è ingiusto: ondeggiando tra Francesco Guccini e Fabrizio De Andrè, tra citazioni letterarie e uno sprazzo di Ligabue, Deraco se ne va lungo la propria storia con sorprendente agilità e non tralasciando mai di suscitare curiosità nel lettore.
Lingua veloce e atrocemente immediata, la narrazione dello scrittore è vicina a tutti. Un’estate passata a combattere con gli ospiti di un villaggio turistico, con i fantasmi di una passione finita dietro un angolo e con mille intriganti citazioni che elevano il testo. Davvero un bel libro, poco da dire. Da leggere senza pause e da restarne sorpresiper la leggerezza e, al contempo, per la pressante quotidianità. La successione di sprazzi di testi di canzoni e di riferimenti letterari porta il tutto su un piano di nobile modernità. E attendere l’opera seconda di Deraco (già in officina) diventa doveroso.
Marco Caroni
(LucidaMente, anno VIII, n. 87, marzo 2013)