Una passione d’amore, una vicenda di violenza e di vendetta che ha scritto e segnato delle pagine di storia per i cruenti risvolti, anche politici, e per il coinvolgimento di cardinali, papi, nobili, briganti, delinquenti: quando gli avvenimenti, la politica, le vicende di personaggi realmente vissuti s’inseriscono nella narrativa e nella finzione letteraria diventando un romanzo storico.
Il quinto romanzo di Giorgio De Angelis
Prende il nome dal simbolo dell’antica casata degli Orsini, L’orso e la rosa (Falzea editore, pp. 288, euro 15,50), il nuovo romanzo di Giorgio De Angelis, originario di Rocca di Papa, esperto in economia e finanza e appassionato di storia. L’autore è alla sua quinta produzione in campo letterario: ha già pubblicato due thriller (La Banca e Il Colpo, editi da Piemme), e due romanzi storici (Processo per parricidio e Il potere e le sue ombre, editi rispettivamente da Sacco e da Città del Sole edizioni). La pubblicazione, che scaturisce dalla “scuderia” de la Bottega editoriale (l’agenzia letteraria diretta da Fulvio Mazza), presenta una Prefazione a firma di Guglielmo Colombero, scrittore torinese autore anch’egli di alcuni apprezzati romanzi storici.
Paolo e Vittoria
Roma, 1576: la città è in piena età rinascimentale tra i lussi, la corruzione e lo smodato potere amministrativo e politico del papato. Sulla cattedra di San Pietro siede Sua Santità Gregorio XIII, al secolo Ugo Buoncompagni. Anche i nobili romani amministrano il loro violento potere assoldando schiere di briganti, assassini e delinquenti d’ogni sorta. Tra la nobiltà, il duca di Bracciano, Paolo Giordano Orsini, è forse l’uomo più sanguinario e senza scrupoli. In una calda notte di luglio, nella sua residenza di Cerreto uccide, con la complicità dei suoi bravi, la giovane moglie, la duchessa Isabella de’ Medici, mascherando il delitto come un terribile incidente. Isabella è rea d’aver ricambiato gli innumerevoli tradimenti del marito, sposato senza amore ma soltanto per soddisfare gli interessi della casata dei Medici, e in particolare del padre Cosimo I. Qualche mese più tardi, durante una celebrazione religiosa di commemorazione della defunta, l’Orsini conosce Vittoria Accoramboni, moglie di Francesco Peretti, nipote diretto del potente cardinale Felice Peretti. La donna è giovane, bellissima e Paolo Orsini ne rimane folgorato: Vittoria dovrà essere sua, anche a costo di rendersi nemico il cardinale.
Una storia d’amore macchiata di sangue
Intanto, il fratello di Vittoria, Marcello, durante una partita a carte uccide Matteo Pallavicino, parente anch’egli di un cardinale. Paolo Orsini concede rifugio all’assassino – ricercato dal bargello papale – presso la sua corte di Bracciano con l’intento, però, d’usarlo come tramite e avvicinarsi così a Vittoria. Lo spietato conte Orsini, accecato dal desiderio per la donna, decide che per realizzare il proprio progetto – sposare Vittoria – il marito deve morire. Con la complicità di Marcello e con il silenzio consenziente della stessa Vittoria, i bravi del conte, in un cruento agguato sotto la luce della luna, assassinano il Peretti.
L’eco dello scandalo corre tra le strade di Roma e giunge fino in Vaticano nelle cui stanze Gregorio XIII emette un particolare editto per vietare ai due amanti – che intanto convivono sfacciatamente nel palazzo di Bracciano – di contrarre matrimonio. Il 18 aprile 1585 papa Gregorio XIII muore. Paolo e Vittoria decidono quindi di sposarsi frettolosamente prima che venga eletto il suo successore. Il 24 aprile i due sono marito e moglie, lo stesso giorno in cui è eletto papa il cardinale Felice Peretti, con il nome di Sisto V, passato alla storia come il “papa tosto” per la sua intransigenza.
Temendo la vendetta del nuovo pontefice, i due sposi fuggono verso Venezia, dove li aspetta Ludovico Orsini, cugino di Paolo, al servizio della Serenissima. Ma ad Abano, nei pressi di Padova, la morte attende il duca Orsini. Si sospetta che sia stata la moglie Vittoria ad avvelenarlo con lo scopo d’impossessarsi dei suoi beni. Il cugino Ludovico scatena la sua vendetta contro Vittoria che è brutalmente sgozzata dai suoi sicari insieme al fratello minore Flaminio. Ludovico crede, finalmente, d’avere in mano le redini e i beni della famiglia Orsini, ma la giustizia della Repubblica di Venezia lo condanna a morte.
Così termina la storia d’amore e sangue tra Paolo Giordano Orsini e Vittoria Accoramboni: «Nel gennaio del 1586, Papa Sisto V, durante la tradizionale visita propiziatrice che, insieme a tutta la curia, fece alle chiese romane, diede particolare risalto al Te deum. Si disse che ringraziò in forma solenne la divina provvidenza per la scomparsa del duca di Bracciano e di Vittoria Accoramboni».
Le forme del romanzo
Il romanzo di De Angelis copre gli anni che vanno dal 15 luglio 1576 al 20 agosto 1590 e, seppure tratti una vicenda complessa che coinvolge più personaggi e più porzioni della società romana dell’epoca, è scritto in maniera chiara, lineare e scorrevole. Ogni capitolo riporta, all’inizio, la data o il periodo in cui si svolgono i fatti, narrati in un ordine cronologico che dà occasione al lettore di crearsi un’ideale linea temporale in cui inserire la storia di Paolo e Vittoria e incastonarla tra l’altro nelle vicende storiche generali.
Lo stile dell’autore è limpido: i periodi non sono eccessivamente lunghi e la lettura scorre facilmente per pagine e pagine. Ma semplicità nello stile non è sinonimo di semplicità di contenuti, anzi; le descrizioni della fisicità dei personaggi, dei luoghi, delle atmosfere, perfino degli abiti e degli arredi riportano in quell’epoca lontana che vide protagonisti gli sfarzi e i vizi di una società romana rinascimentale e barocca.
Alcuni brani dal libro
Riportiamo qualche frammento della narrazione. L’autore tratteggia così il primo scambio di sguardi tra i due amanti: «Paolo Orsini si voltò a osservare i presenti. I suoi occhi incrociarono quelli grandi, bruni, luminosi, di una giovane dal bellissimo ovale del volto, con i capelli raccolti sul capo da una reticella sormontata da un grazioso diadema». E ancora descrive nel modo seguente la figura di Vittoria agli occhi del duca durante un incontro, prima che la donna venga rinchiusa in un convento: «Paolo le slacciò il mantello, e lasciandolo cadere in terra, fece un passo indietro per rimirarla, estasiato. Vestiva un semplice abito di raso color acqua marina stretto alla vita e lungo sino a coprire le scarpine dello stesso colore».
Particolarmente vivide e drammatiche le pagine dedicate alle violenze e ai disordini nei vicoli di Roma tra i sostenitori degli Orsini, reclutati nelle fila della criminalità, e il bargello con le forze dell’ordine al seguito: «La tensione perdurò tutta l’estate e durante l’autunno. Da un lato gli Orsini arroccati nelle loro case fortezza, dall’altro il governatore, monsignor Vincenzo Portico e il bargello, sorretti dalla fermezza del cardinale vicario, decisi a far rispettare gli ordini del Papa».
E ancora: «S’ammassarono uomini e armi, alabarde, archibugi, picche, pugnali spade e misericordie. A notte fonda si levarono grida di gente assetata di sangue e di vendetta insieme all’urlo di guerra degli Orsini: “Aut lacrimis, aut sanguine“”.
L’immagine: la copertina de L’orso e la rosa di Giorgio De Angelis.
Rosina Madotta
(LM EXTRA n. 23, 14 febbraio 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 62, febbraio 2011)