Un’analisi puntuale e implacabile sulle numerose incongruenze e contraddizioni presenti nella letteratura scritturale: è l’ultima opera (“Qualcosa non torna”, Edizioni C’era una volta) di Gianluca Giusti, che affronta anche altri enigmi legati a fenomeni paranormali
Non vi sono misteri “inspiegabili”, ma soltanto “inspiegati”, così come, dal punto di vista scientifico, non ha senso parlare di prove della “non esistenza” di un fenomeno per affermarne la realtà, altrimenti Babbo Natale, gli elfi, le fate, gli unicorni e tutte le fantasie possibili sussisterebbero per il solo fatto di averle congetturate (principio di Bertrand Russell, http://www.youtube.com/watch?v=tbvLIV27Z2A).
Questa riflessione potrebbe essere il biglietto da visita del recentissimo libro di Gianluca Giusti, Qualcosa non torna (Edizioni C’era una volta, pp. 354, € 13,00), uscito lo scorso settembre e presentato in Campidoglio volutamente venerdì 17 ottobre – alle ore 17,17 – in occasione della giornata antisuperstizione del Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze), l’organizzazione culturale che promuove la ricerca sui fenomeni paranormali(http://www.youtube.com/watch?v=wQKbi29zet0). Si tratta di un testo che dovrebbe essere letto non soltanto dagli appassionati di misteri tout court, ma anche da chi si avvicina per la prima volta a tale materia, per scoprire il fascino di un’indagine scientifica. Il saggio è suddiviso in tre capitoli: nel primo si ragiona sul significato delle religioni e si cerca di comprendere i meccanismi metaforici e i differenti livelli connotativi delle narrazioni storiche contenute nelle Scritture cristiane. Un’acuta riflessione (senza entrare nel merito del credo altrui) sui Vangeli, sulla vita di Gesù, sul concetto di “Bene” e di “Male” e sul fatto che il Cristianesimo si fonda principalmente sulla psicologia del senso di colpa.
L’autore esegue un’analisi lucida e sistematica delle contraddizioni presenti nella letteratura biblica. È proprio al suo interno che scatta la “psicotrappola” a causa della quale l’uomo si trova costantemente a necessitare della presenza del divino. Giusti si sofferma su un punto: «Nella religione c’è sempre bisogno di un avversario o un alter ego. In ogni vicenda, in ogni passaggio, c’è sempre una contrapposizione da superare come se Dio e Gesù non potessero vivere tranquilli e beati senza un nemico da affrontare e naturalmente da sconfiggere».
La riflessione prosegue sulle incongruenze presenti nel Nuovo Testamento: abbiamo, per esempio, prove soddisfacenti circa la crocifissione di Cristo? Esistono più di sessanta Vangeli, ma quelli canonici, scelti arbitrariamente, sono soltanto quattro, scritti tra il 50 e il 100 d.C. e codificati, quindi, molto tempo dopo la morte di Gesù. Con il passare degli anni la memoria si affievolisce, i ricordi sbiadiscono e si vengono a creare numerose zone d’ombra. Quale può essere, a questo punto, l’attendibilità di tali racconti, costruiti senza alcun documento o notizia diretta? Lo stesso evangelista Giovanni, che dovrebbe essere stato presente ai fatti narrati, scrive il suo testo quando ha circa centoventi o centotrenta anni. Ammesso che fosse arrivato a quella veneranda età, come può la mente aver ricostruito, per filo e per segno, avvenimenti di oltre un secolo prima?
Arriviamo alla parte sulla Sindone di Torino. Essa raffigura un uomo con i capelli lunghi, come la tradizione iconografica cristiana tramanda. L’autore ricorda che all’epoca, in quella cultura e nelle zone in cui avvenne la presunta crocifissione, un individuo così sarebbe stato considerato un pericoloso rivoltoso. L’analisi prosegue indicando le numerose contraddizioni storiche e scientifiche del telo, quali la posizione delle braccia (incrociate sul pube) ritenuta impura dal Talmud (uno dei libri sacri dell’Ebraismo), le tracce di sangue femminile di tipo AB, le tecniche dell’immagine impressa e ancora il naso rotto, gli occhi e la bocca chiusi (tralasciamo il fatto che la radiodatazione al carbonio 14 prova che il tessuto risale alla fine del Medioevo; si veda anche Il “miracolo” di san Gennaro e l’enigma della Sindone).
Il secondo capitolo è dedicato al “paranormale religioso” in senso stretto e vengono affrontati anche temi come Nde e Oobe (si vedano al riguardo: Il mistero Oobe, viaggi fuori dal corpo e Ai confini tra la vita e la morte), miracoli, epifanie sacre, stigmate, reincarnazione, possessioni e statuine piangenti: ogni elemento è inquadrato all’interno della cultura di appartenenza che lo produce. Non esistono, per esempio, stigmatizzati non cattolici. L’autore invita alla riflessione e accompagna verso una lettura da attento e scrupoloso indagatore scettico. La logica non viene mai meno, dalla prima riga all’explicit. Nella terza e ultima parte trovano spazio il fenomeno degli Ufo, con il famigerato Triangolo delle Bermude che tanto fece scalpore in passato, e il nuovo tormentone delle “scie chimiche”, una sorta di arma di distruzione di massa. Secondo la teoria, alcune tracce di condensazione, visibili nell’atmosfera terrestre, sarebbero composte da agenti biologici o chimici (ma vi sono prove del contrario) spruzzati in volo attraverso ipotetiche apparecchiature montate su velivoli. L’operazione farebbe parte di un complotto globale portato avanti da autori misteriosi per motivi sconosciuti, per alterare il clima o addirittura per avvelenare l’umanità.
Insomma, Qualcosa non torna è un testo da leggere e rileggere più volte. Un volume da regalare e da regalarsi come speciale nutrimento per la mente, uno studio che va a impreziosire la libreria di chi non è mai stanco di capire come stanno effettivamente le cose. Uno strumento utile per chi vuole comprendere (e non passivamente credere) l’affascinante mondo del mistero attraverso gli occhi della scienza e della ricerca seria. Guidati dalla certezza che l’incertezza è il punto di partenza della vera conoscenza: dubium sapientiae initium.
Per saperne di più: http://www.youtube.com/watch?v=dy_dxFRuiGE; http://www.c1vedizioni.com/#!qualcosa-non-torna/c1ztn.
Le immagini: la copertina del libro, un momento della sua presentazione, lo scrittore Gianluca Giusti e (di fianco) il logo Cicap.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente, anno IX, n. 107, novembre 2014)