Il libro Quando la musica è poesia. Il mondo di Umberto Tozzi (inEdition editrice/Collane di LucidaMente, pp. 96, € 12,00 – terzo volume della collana di saggistica Gli itinerari del pensiero) di Stefano Bastianini ha avuto richieste di acquisto prima ancora che fosse pubblicato.
Ciò dimostra il vero amore con il quale i fan del cantante torinese seguono il celebre musicista.
Dell’opera, di cui avevamo già fornito un assaggio nel n. 44 della nostra rivista (clicca qui), riportiamo un altro brano, nel quale si offre il ritratto di un Tozzi tutt’altro che “leggero”, ma, anzi, impegnato nel cogliere e raccontare con delicatezza i mutamenti della nostra società.
Certamente, a partire dagli anni Novanta, gli effetti di una crescente globalizzazione ha inciso e posto domande nella vita di tutti, e di riflesso, anche sulla produzione dell’artista torinese. Un processo per certi aspetti molto faticoso, ma inarrestabile. “Siamo tutti vittime e carnefici” ha questo significato; ora più che mai la musica riesce a parlare un linguaggio sovranazionale, che allarga i confini tra mondi chiusi e restii a ogni scambio reale. Parlare un linguaggio comune non è facile e accettare le diversità è ancor più complicato.
Oggi si deve prendere atto che per molti accettare una cultura che rispetti le diversità è un “boccone spesso indigesto” – e se negli anni Settanta e Ottanta l’Italia oscillava fra chi deteneva il potere e chi invece viveva in condizioni di dura frustrazione quotidiana (purtroppo ancora oggi una realtà, seppur con correttivi) – ora, con lo sviluppo della globalizzazione, la platea dei nuovi poveri si è ampliata e nuove culture si sono insediate sul territorio. Ciò ha fatto emergere nuovi problemi che sono andati a sommarsi a quelli già esistenti nel nostro Paese, nuove culture si sono incontrate in un’Italia che fa fatica ad accettare cambiamenti.
Ma in questa crisi di valori, inclusa quella delle famiglie italiane, in un “vuoto” politico che non vuole capire o fa finta di capire i problemi della gente, esiste un ruolo della musica? E qual è nel nostro attuale contesto? La risposta naturalmente non è univoca, l’opera artistica sceglie di esprimersi in un certo modo, dall’aperta opposizione al sistema, all’operazione nostalgica. In tutto questo si riscontra attualmente una certa rassomiglianza con gli anni Settanta, quando giovani cantautori politicamente impegnati si facevano paladini di istanze di rinnovamento. Credo che attualmente, ai potenziali artisti che si accingono a intraprendere la carriera musicale, non vengano offerte occasioni sufficienti per dimostrare di possedere un vero talento, mentre sarebbe importante offrire maggiori occasioni – come accadeva in passato – per non disperdere questo patrimonio. È più facile demonizzare luoghi comuni che proporre qualcosa di alternativo.
A suo tempo, Umberto Tozzi ha voluto dare un segno di queste mutate esigenze prima con l’album Gli altri siamo noi e, successivamente, con Il grido. Il ritorno dei due lavori non è stato certamente lo stesso; Il grido non ha avuto il successo commerciale de Gli altri siamo noi, eppure, se si analizzano attentamente le tematiche affrontate, si scoprono non pochi punti in comune fra i due lavori.
Il dramma della fame nel mondo, il potere corrotto, gli “occhi di un bambino innocente” che osserva il mondo e dal quale noi adulti abbiamo tutto da imparare, sono gli elementi che tengono uniti i due album. Le sonorità abilmente orchestrate non fanno che esaltare in un crescendo davvero entusiasmante i brani cardine delle due opere.
(da Stefano Bastianini, Quando la musica è poesia. Il mondo di Umberto Tozzi, inEdition editrice/Collane di LucidaMente)
L’immagine: la copertina del libro di Stefano Bastianini.
Simone Jacca
(LucidaMente, anno IV, n. 47, novembre 2009)