Esce oggi nelle sale italiane il nuovo film del regista newyorkese: una commedia fresca che, in patria, per l’effetto Me too, ha incontrato l’ostilità dei distributori
Woody Allen, a 83 anni, si conferma instancabile. Risale infatti al 2017 La ruota delle meraviglie; ad appena un anno prima, invece, la sua prima serie in episodi, Crisis in six scenes. E nelle sale italiane, da oggi, 28 novembre 2019, è possibile gustarsi Un giorno di pioggia a New York. Una specie di ritorno alle origini per il commediografo statunitense, che recupera quel brio solo apparentemente sepolto dal peso della consunzione.
Eppure, ironia della sorte per un film nuovamente ambientato nella città natale del regista, di distribuzione in patria ancora non se ne parla. Tant’è che Allen ha fatto causa a chi avrebbe dovuto occuparsene, Amazon Studios. È nuovamente l’effetto indesiderato del movimento Me too, con conseguenze al di là delle intenzioni originarie, a colpire un mostro sacro del Cinema. Una polemica simile ha investito, in tempi recenti, pure Roman Polanski. È del 1992 il noto scandalo che ha portato alla separazione fra Allen e l’allora moglie Mia Farrow: ne segue una battaglia legale, mediatica e inficiata da calunnie, dalla quale l’artista esce pienamente assolto. Solo negli ultimi anni il «caso Allen» è tornato in auge: svariati infatti gli attori, fra cui l’inglese Colin Firth, pronti a dichiarare di non volere più collaborare con un regista così controverso. Tale nuova ondata di accuse ha però del curioso: a prescindere dal giudizio sulla condotta dell’autore newyorkese, il suo è un caso pertinente la sfera privata. Il Me too, invece, nasce per una (sacrosanta) battaglia contro gli abusi di potere, di stampo patriarcale, nel settore lavorativo della produzione audiovisiva.
Quali che siano le scelte personali di un individuo, che sul set è un professionista rispettoso e corretto, esse non dovrebbero rappresentare una discriminante. Tuttavia Amazon, contrariamente agli accordi, non si è assunta il rischio di distribuire Un giorno di pioggia a New York. Che, fino a data indefinita, in America non vedrà luce. Vero è che le commedie più recenti di Allen sono fra i maggiori flop della sua carriera; parimenti, è un dato di fatto che il regista sia più apprezzato (e remunerativo) in Europa che negli States. Eppure le premesse di quest’ultima fatica erano ottime: a partire da un cast fresco e rinnovato, con il giovane divo Timothée Chalamet, la teen star Selena Gomez e un sempreverde Jude Law.
La decisione di non legarsi al nuovo progetto di Allen appare quindi dettata da precauzioni politiche alquanto ipocrite: figlie non tanto degli ideali che muovono il Me too, quanto della paura di averci soltanto a che fare. La casa distributrice italiana, Lucky Red, si è a propria volta inserita in questa sequela di fraintendimenti. Il fondatore Andrea Occhipinti ha infatti definito «caccia alle streghe» il movimento nato nel 2017. Parole infelici, non solo per la palese semplificazione, ma anche perché riportano Allen al centro di una questione che, semplicemente, non dovrebbe coinvolgerlo. Quale che siano le sorti negli Usa, ciò che conta per il pubblico italiano è poter godere di questo piccolo gioiello di comicità. In una New York piovosa e splendidamente fotografata da Vittorio Storaro, due giovani dell’alta borghesia intellettuale americana tentano in ogni modo di incontrarsi. Una giostra di personaggi in crisi, equivoci piccanti, artisti depressi e madri apprensive li porterà a una maturazione forse scontata, ma godibile. I dialoghi felicemente caustici e yiddish accompagnano lo spettatore attraverso un film degno dei grandi classici del regista. Il quale, per quanto osteggiato in patria, dimostra ancora una volta di amarla proprio per le sue contraddizioni.
Le immagini: un fotogramma dal film e la locandina.
Michele Piatti
(LucidaMente, anno XIV, n. 167, novembre 2019)