La rapida trasformazione globalista dei cittadini in pecore durante la pandemia, senza alcuna resistenza, dimostra che non si può essere vaccinati neppure contro nuovi poteri dittatoriali
Nel 1996 uscì I volenterosi carnefici di Hitler, un saggio dello storico statunitense Daniel Goldhagen. Il libro spiegava come fosse stato possibile che i cittadini tedeschi, nel corso della Seconda guerra mondiale, si fossero resi complici e artefici del genocidio ebraico e di altre moltissime disumane azioni criminali di guerra e non solo. La tesi centrale, ovviamente sgradita ai tedeschi, era che le “persone comuni” non solo sapevano degli orrori che stava compiendo il nazismo, ma li appoggiarono.
La pandemia ha dimostrato una volta di più che un potere forte, manipolatore, ben organizzato, può “mettere in riga” un popolo, i popoli, i cittadini, le persone (scegliete voi la definizione più adatta). Se, poi, tale potere appare democratico, buonista, progressista, con le sue direttive emanate per “il nostro bene”, il gioco è ancora più facile che sotto fascismo, nazismo, comunismo. La gente ha accettato in tutto il pianeta la paura, la cessione delle libertà più elementari, le imposizioni di verità dall’alto, di repentini cambiamenti di stili di vita secolari, di vaccini (in realtà, rischiose terapie geniche sperimentali) che diverranno via via obbligatori. Il cosiddetto “uomo medio” ha dimostrato il solito conformismo, la consueta sudditanza, la libido adsentandi fino alla delazione. Non si è posto domande approfondite su quanto sta accadendo e, soprattutto, da dove è scaturito e chi ci sta guadagnando. Si è adattato, anzi, ha pavlovianamente obbedito al nuovo ordine socioeconomico imposto dal potere globalista, secondo il Great Reset del Forum economico di Davos.
Un esempio per tutti. Il boom delle consegne a domicilio, non dettate, nella maggior parte dei casi, da reale necessità, bensì moda, imposta anche dalla massiccia pubblicità. Comodità? Forse. Risparmio? Certo, ma con un tragico risultato. Le persone-pecore, neoservi della gleba, con meno soldi in tasca a causa di pandemia, crisi economica, disoccupazione, precariato, pensano di risparmiare sull’acquisto di oggetti vari. Sul momento è proprio così. Peccato che il denaro vada tutto a grandi società e holding multinazionali e sottratto a quei commercianti, produttori e operatori locali o italiani che, se non fossero costretti a chiudere i battenti per la spietata concorrenza, potrebbero assumere personale proprio tra i “compratori a distanza”. Un serpente che si morde la coda: più si è poveri, più si compra dai già ricchi, che divengono sempre più ricchi, più si rovinano i possibili datori di lavoro italiani, per cui i disoccupati e i poveri aumentano a loro volta, in un infinito circolo vizioso. Insomma, il ceto medio impoverisce ancora di più lo stesso ceto medio, vale a dire se stesso. Del tutto incomprensibile, poi, è l’acquisto tramite rider di cibarie (delivery food), spesso cibo-spazzatura.
Tutto rientra nella nuova strutturazione economica, sociale, culturale, antropologica, che, sotto l’apparenza buonista, progressista, ecologista e bergogliana, deve essere rapida, indiscussa, violenta. È un vero e proprio totalitarismo, secondo i modelli elaborati dalle distopie di George Orwell e Aldous Huxley. I suoi parametri ideologici sono piuttosto dei dogmi. Quali? Osservate le pubblicità. Il nuovo mondo deve privilegiare il multiculturalismo, l’eliminazione delle nazioni e delle tradizioni, nonché degli stati, la digitalizzazione, il giovanilismo, il fanatismo femminista, i neri, gli immigrati, i gay, l’ecologismo alla Greta (cioè falso, in quanto non denuncia chi davvero inquina e chi sta facendo esplodere demograficamente il pianeta; inoltre, è al servizio delle grosse aziende della green economy), l’antiumanismo, il postumanesimo e il transumanesimo. Il futuro deve essere asessuato (via libera alla pornografia); il lavoro sarà precario, ma, per evitare tensioni e rivolte sociali, sarà garantito un reddito di sopravvivenza per tutti; il cibo sarà sintetico; gli esseri umani dovranno essere eterni bamboccioni, con al centro della loro mente nuovi, inutili, oggetti di consumo. Ancora: i contatti umani – si fa per dire – dovranno avvenire in rete: ecco perché l’esaltazione da un lato dei social e dall’altro di telelavoro, lavoro a distanza/a domicilio, smart working, vale a dire, tradotto in termini reali, sfruttamento del lavoro da casa, a cottimo, come ai vecchi tempi.
Ogni opposizione sarà ridicolizzata, classificata come passatista, criminalizzata. Qualche ingenuo residuale potrà dire: “Ma esisterà pur sempre la scuola, che insegna la cultura, la bellezza, lo spirito critico, la ribellione giovanile…”. Fanfaluche. Primo: sarà sempre più attivata la didattica a distanza, che impedisce un rapporto emozionale e davvero costruttivo tra discente e docente. Secondo: da almeno uno-due decenni le istituzioni scolastiche rappresentano la cinghia di trasmissione più efficiente e rovinosa proprio della diffusione dei dogmi del neototalitarismo. Per chi non se n’è accorto: nelle scuole italiane ed europee non si insegnano più cultura, pluralismo, vera democrazia, autonomia del pensiero. Quasi non si fanno più lezioni disciplinari, ma si imprime, senza alcun confronto dialettico e anche attraverso interventi esterni, la visione di un mondo a una dimensione. Quella imposta dai poteri dominanti, dalla finanza speculativa ai poteri sovranazionali, dai guru della telematica alle nuove multinazionali e-commerce, dai tecnocrati a Big Pharma. Così gli studenti di oggi, ovvero quelli che dovrebbero esser i cittadini consapevoli di domani, diventano obbedienti soldatini della cultura globalista.
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Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 184, aprile 2021)