Le riflessioni di Franco Franchi, esponente bolognese del Psi, su un trattato che sembra minare le sovranità nazionali e democratiche
No, purtroppo la gente non sa dove stiamo andando. Si potrebbe aggiungere che quando lo saprà, probabilmente sarà troppo tardi. D’altra parte, come si può avere e dare notizie di una trattativa che viene mantenuta segreta?
Ormai da tempo sono in atto i lavori per il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), cioè l’accordo di libero scambio che – sulla scia di altri accordi internazionali già sopraggiunti, come quello fra gli Stati Uniti e altri undici paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico – dovrà sancire condizioni vincolanti di libero scambio fra l’Europa e gli Usa. Non ci saranno più barriere al commercio e agli investimenti. La sovranità di ogni singolo Stato sarà drasticamente ridotta. Non dovranno esistere leggi nazionali contrastanti o limitative del Ttip. Non varranno le legislazioni nazionali che in alcuni paesi (ma non in altri) tutelano adeguatamente i consumatori. Cambieranno drasticamente le situazioni riguardanti taluni argomenti di grande rilevanza. Per fare alcuni esempi: agricoltura geneticamente modificata, acqua bene comune, carni provenienti da allevamenti con alto uso di ormoni, rischio di totale privatizzazione dei servizi pubblici.
Gli investitori esteri potranno citare in giudizio, presso enti che non risponderanno al diritto nazionale, gli Stati accusati di “ostacolare” i profitti. Ecco, questa sembra essere la mission fondamentale del Ttip: gli investimenti, in primo luogo, andranno tutelati, con grandissima gioia delle multinazionali. Ma con pochissima gioia per i cittadini e – come molti analisti affermano – sacrificando l’espansione dell’occupazione, la difesa della qualità della vita, la tutela del patrimonio tradizionale costituito dall’economia specifica del territorio.
Ma c’è un’altra considerazione, finora non rifiutata neppure dall’economia liberista più “disinvolta”. L’imprenditore sa di dover convivere con una sorta di pericolo costante che aleggia sulla propria attività. Si tratta di un pericolo che – se vogliamo dargli una suggestione etica – onora il suo lavoro: è il rischio d’impresa. Questa logica, a quanto sembra, risulta sovvertita dal Ttip. Il capitale investito andrà fermamente tutelato, anzi sarà garantita la remunerazione. Nel qual caso, chi dovrà farsene carico? Naturalmente i cittadini, tramite lo Stato in cui “graziosamente” la multinazionale di turno avrà investito il proprio capitale. Le trattative per il Ttip vanno avanti a rilento. Ciò è indice della rilevanza dei problemi. Pare che la discussione riguardi non tanto le barriere di tipo tariffario, cioè le tassazioni doganali, bensì la soppressione delle barriere cosiddette “non tariffarie”, quelle che rendono impossibile la circolazione di prodotti con standard ritenuti inaccettabili.
Emerge a questo punto una domanda importante: accordi di questa portata innovativa dovrebbero essere a conoscenza della gente, dei partiti politici, delle istituzioni, delle associazioni rappresentative? No, tutto deve avvenire con la massima discrezione, meglio se con la “doverosa” segretezza. In fondo, si affrontano aspetti che coinvolgono la democrazia. E, se la democrazia può essere di intralcio, occorre accantonarla, metterla da parte momentaneamente oppure per sempre. Non si deve disturbare chi pensa e si appresta a decidere anche (?) per noi… Deve sorgere il “neoprogresso”, etimo inedito destinato ad avere ampio risalto nella neolingua immaginata da Orwell…
Franco Franchi – Partito socialista italiano – Bologna
(LucidaMente, anno X, n. 120, dicembre 2015)
Sull’argomento, vedi anche, su LucidaMente: Un nuovo liberismo selvaggio imposto dagli Usa.Per ulteriori informazioni, consultare il sito Campagna stop Ttip Italia, dal quale sono tratte le immagini usate a corredo del testo.