A fine gennaio esce il secondo disco dell’artista bolognese: “One Is A Crowd” (No.Mad Records). Un’opera raffinata e ormai matura, tra jazz e dance music, sorretta da una voce inestimabile
Il prossimo 31 gennaio, tre anni dopo l’album d’esordio Shape of Fear and Bravery, Suz ritorna con il suo secondo lavoro, One Is A Crowd: dieci brani, tutti scritti dalla stessa vocalist. Oltre alla creatività e alla splendida voce della “cantautrice bolognese”, al secolo Susanna La Polla, gli artefici del notevole album sono l’etichetta discografica torinese No.Mad Records di Epitome ed Ezra (quest’ultimo produttore e fedele collaboratore di Suz), insieme ad AlessioManna, storico bassista dei Casino Royale, coautore di ben quattro brani del disco. Da notare anche la partecipazione di Angela Baraldi (in Rubber and Glue) ed Estel Luz (in Bring Us Down).
Il nuovo lavoro costituisce una svolta per l’artista. Si può affermare che in esso Suz, grazie a una maniacale cura per i particolari e dopo essersi lungamente “sperimentata”, raggiunge la piena maturità musicale. Attraverso sonorità sofisticate, mai scontate e ricche di suggestioni, ritmi avvincenti e seducenti, One Is A Crowd riesce a mantenere un invidiabile equilibrio, riuscendo a essere elegante, pop e ballabile, senza cadere nello snobismo, nel commerciale, nel banale. Su tutto, la voce di Suz, jazz e soul, calda e rilassante, ma al contempo inquietante e sempre sorprendente, tanto da ricordare quella di Joni Mitchell. Così, per definire il fenomeno Suz, qualcuno ha parlato di Trip Hop, ovvero il Bristol sound degli anni Novanta, un’area che ha le proprie ascendenze nella musica elettronica, nel dub, nell’hip hop, nell’house britannico, con spunti jazz, funk e soul, per non parlare delle nobili influenze del rock psichedelico.
Una colonna sonora, quella di Suz, per scenari urbani costituiti da luci notturne che si abbattono su muri grigi, giovani nottambuli, graffiti frantumati, amori perplessi/perversi, locali scoloriti, stazioni di transito per passeggeri perplessi, periferie irraggiungibili: malinconia e felicità di ritmi metropolitani sempre sul punto di essere compiuti, e sempre irrealizzati. Delle dieci tracce, tutte di ottimo livello, ricordiamo il pezzo d’apertura, l’affascinante singolo Distant Skies (Don’t Say a Word), già uscito lo scorso 7 dicembre, prodotto da KutMasta Kurt (Kool Keith, Beastie Boys, Circle Jerks e Nomeansno); la seconda traccia (To Here and Now), caratterizzata da un ritmo che assume valenze quasi ironiche; la raffinata A Thousand Deaths; la magnetica Rubber and Glue; la sincopata The Enemies Within; la distesa, “piena”, avvolgente e progressive Let One Be A Crowd.
Un disco ricco di richiami culturali, ad esempio, a Get it On di Marc Bolan, a I quattro quartetti di Thomas Stearns Eliot (Let One Be A Crowd), o ancora alle note del title theme del film The Yakuza di Sydney Pollack (campionate nel chorus di To Here and Now) e persino a Shakespeare (in A Thousand Deaths e in Out of The Blue). E fin nelle illustrazioni, tratte dal famoso libro Kunstformen der Natur (1904, con le sue celebri e splendide tavole, tra cui quelle dei radiolari) del biologo, zoologo, filosofo e scienziato tedesco Ernst Haeckel (1834-1919). Che gli dei della musica benedicano Susanna e la sua inestimabile voce!
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Rino Tripodi
(Lucidamente, anno VIII, n. 85, gennaio 2013)