“Fatture” di Massimiliano Chiamenti, poeta suicidatosi a Bologna nel settembre 2011
Poeta, insegnante liceale, saggista, traduttore, psicologo, animatore di reading poetici con le sue formidabili recitazioni e la sua inconfondibile voce e gestualità. Nato a Firenze nel 1967, bolognese d’adozione, suicida nel capoluogo emiliano il 3 settembre 2011, a soli 44 anni. Massimiliano Chiamenti. I suoi versi si caratterizzano per l’immediatezza, lo stretto legame con la vita, quasi in presa diretta: l’omosessualità, l’emarginazione, l’umanità umiliata dal consumismo. In un mese tragicamente tristissimo, dal gesto di Cevenini, alla bomba di Brindisi, al terremoto in Emilia, e nel quale LucidaMente ha essenzialmente trattato il tema dell’infelicità quotidiana, comprovata dal quotidiano bollettino di suicidi per disoccupazione, debiti, disperazione (vedi Artigiani e commercianti, la strage infinita, di Emanuela Susmel, o lo stesso editoriale del mese, Le persone si suicidano, lo stato non fa nulla), abbiamo scelto, tra i Suicidal poems di Chiamenti, scritti nell’agosto 2011, poco prima della sua scelta finale, la poesia fatture. E, in questa epoca di angoscia e solitudine, quanto struggenti e veri risuonano i suoi versi: «nella vita ci vuole prudenza e senso pratico / o si perisce / e i guai non hanno mai rimedio / basta un attimo a commetterli / e poi non si rimedieranno mai». |
(da Massimiliano Chiamenti, Suicidal poems)
Rino Tripodi
(LM EXTRA n. 28, 15 maggio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 77, maggio 2012)
Lo conoscevo. era un piccolo grande uomo artista incontenibile sempre provocatorio e irriverente, sempre eccessivo, straripante, ma a volte lo sentivi struggersi per l’amore, per la vita, spesso con quel suo sorriso largo e inconfondibile pieno di passione che forse lui stesso non riusciva a gestire e alla quale infine si è arreso.
Era il mio professore di latino…Quanta passione ci metteva! E altrettanta testardaggine per farci imparare quel latino che tanto ci metteva in difficoltà! Credo, e ripeto, credo che a scuola lo tenesserò un po’ d’occhio… ce lo facevano pensare alcune sue frasi e il fatto che la porta della classe rimanesse aperta anche se fuori c’era chiasso e che nelle sue ore sembrava le bidelle facessero la ronda davanti alla nostra classe… forse temevano quello che un uomo così grande potesse comunicarci e insegnarci sulla vita.
Carissimo studente, a parole la scuola è lo spazio privilegiato in cui dovrebbero essere trasmessi cultura, spirito critico, civismo, libertà, giustizia, tolleranza e rispetto per tutti; nella realtà, purtroppo, spesso è luogo di meschinità, burocrazia, conformismo, viltà, arrivismo, sessuofobia, ideologia bigotta e cattolicista. Da tale scarto, il peggior insegnamento che si possa proporre: l’ipocrisia, ovvero affermare certi valori e praticarne altri. E a poco serve anche essere insegnanti iscritti alla Cgil o che votano progressista. Occorre avere coraggio, dignità, anticonformismo. Tutte qualità sempre più rare e che, come più o meno diceva Manzoni, se uno non ce le ha, non se le può dare.
Lo avevo conosciuto a Firenze, lo avevo visto in un paio di concerti. Erano gli ultimi anni della Facoltà di Lettere e lui era un dottorando, un poeta e un cantante. La prima volta che lo sentii cantare fu una sorta di colpo di fulmine, in una chiesetta in via San Gallo, Emme … mentula mulatta… .
Poi lo conobbi una sera grazie a degli amici, ero timido, temevo il suo giudizio, scambiammo qualche parola su cinema e psicanalisi. A fine serata, mi sciolsi e gli feci un sorriso disteso, lo colse al volo e con un guizzo: finalmente ride!
Venti anni dopo, alla ricerca su Internet di quell’album che avevo comprato nella chiesina in via San Gallo e che poi ho perso, scopro che Massimiliano è sparito.
Gli dedico un sorriso.
Gentile Marco, grazie per il suo ricordo.