Dalle eroine di Flaubert e Tolstoj al rifiuto delle convenzioni sociali. Repressive, ipocrite e totalmente fuori dalla realtà
Nella nostra società impera la schizofrenia. Si crede a ciò che non esiste. Non si crede a ciò che si vede, si tocca, si prova. Libri, film, canzoni, ci mostrano – giustamente – un unico amore, quello passionale, folle, maledetto, dettato dall’attrazione fatale, dallo stravolgimento dei sensi, che non conosce regole, convenzioni, remore morali o sociali. Eppure il bonhomme, in pantofole davanti alla propria tv, guarda tranquillamente, sonnecchiando, un film in cui due amanti “tradiscono” i loro inconsapevoli coniugi e non pensa mai che la moglie, accovacciata in vestaglia sul divano, si sia comportata qualche ora prima come l’eroina di cui sta ammirando le gesta erotiche sullo schermo. Così si tramanda la superstizione del matrimonio, della coppia, della famiglia serena e tranquilla. Dell’allontanamento, della rimozione, dell’esilio dei sensi.
Allo stesso modo si perpetua la follia dell’irrealtà: che bello l’abito da sposa e il matrimonio è “il giorno più bello della vita”; che belle la gravidanza, il parto, la maternità!; i preti sono tutti dei sant’uomini asessuati; le forze dell’ordine ci proteggono dai malvagi; le mammine son tutte buone e i bimbi purissimi come angeli; i dottori ci fanno guarire; le donne sono pure, fragili e indifese; i gay sono dolci; gli artisti son sensibili. Che l’esperienza quotidiana ci dica ben altro, non importa, talmente son forti le abitudini, i modelli, i luoghi comuni. La nostra speranza di vita si prolunga sempre di più… forse, ma intanto quella di vita sana si sta sicuramente accorciando; il cancro ormai si cura… allora, come mai vediamo morirne tanti parenti e amici ancora giovani?; ormai la famiglia “normale” (padre e madre eterosessuali non divorziati e due figli) costituisce una piccola minoranza; nessuno va a puttane in Italia… tranne 9 milioni di maschi, cioè quasi tutti; si continuano a fingere consumi e stili di vita da paese ricco, mentre la miseria è dilagante e aumenterà in futuro; nessuno fa più bambini… peccato che il pianeta sia già sovrappopolato e, continuando il boom demografico, non si potrà più pretendere acqua, natura, ambiente pulito, spazi, benessere per tutti; tutti restano commossi dagli spielberghiani Schindler’s List o da Salvate il soldato Ryan… però, per viltà e conformismo, l’umanità sta perpetrando e/o è certamente capace di compiere ancora persecuzioni di massa e guerre.
Eppure l’arte, come al solito, dovrebbe pur venirci in aiuto, fornendoci qualche verità “oltre”. Non a caso «Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse». Già Andrea Cappellano nel suo De amore (1185, in due libri) affermava che il vero amore si realizza fuori dal matrimonio: ovviamente, fu costretto a ritrattare in un terzo volume. Saltando all’Ottocento, Emma Bovary, Anna Karenina ed Effi Briest – create da Gustave Flaubert, Lev Tolstoj e Theodor Fontane – ben presto diventeranno il simbolo del “tradimento”, ma anche del vero amore e della dolorosa estasi, del fascinoso incanto, del rapimento dei palpiti sessuali. Spesso sarà il ballo a essere Galeotto. E dalla passione erotica potranno scaturire inaspettate deviazioni del “normale”, come crimini e omicidi: Il postino suona sempre due volte, afferma James M. Cain. Peccato che le eroine di Flaubert e Tolstoj si tolgano la vita, e altri amanti finiscano male… A dimostrazione dei sensi di colpa che affliggevano anche gli scrittori…
Che brutta parola adulterio: sa di peccato cattolico. Adulterare… ma che significa? Brutto anche il termine “tradimento”. Ma dov’è il tradimento? La scelta è fra tradire le convenzioni sociali o tradire l’amore. Chi “tradisce”, quindi, in realtà non tradisce, perché non tradisce l’amore. Chi non tradisce, invece, tradisce l’eros. Marito e moglie sono coniugi: “congiunti”, ma anche sotto un “giogo”. Però, non “amanti”. Gli “amanti”, invece, sono per antonomasia coloro che si amano. La differenza non è di poco conto. Nel matrimonio tutto è già avvenuto e nulla potrà più avvenire; nel cosiddetto adulterio tutto potrà avvenire (anche se in realtà tutto è già avvenuto).
Le cifre del rapporto extraconiugale sono la libertà (nessuno obbliga gli amanti a proseguire) e la fragilità: tutto è appeso a un filo. Tutto può finire. Non vi è alcuna costrizione. Questi – e altri – elementi rendono l’amore fuori dai legami di coppia eccitante, gratificante, coinvolgente. Felice. Però, intanto, la donna guarda il corpo del suo amante e già pensa a un altro matrimonio, un’altra “tomba dell’amore”… e a partorire marmocchietti. Si dia allora il via alla Sonata a Kreutzer di Tolstoj. Beati, invece, gli amanti che resteranno amanti. Per sempre.
In questo stesso numero di LucidaMente, di argomento analogo, sulla passione “folle”, vedi anche: «Il tuo stile / il tuo culo…», in cui si può leggere e ascoltare una celebre canzone di Léo Ferré, e il racconto di Dario Lodi Finalmente il tradimento!
Le immagini: varie interpretazioni della vicenda di due degli amanti più celebri della storia: Paolo e Francesca.
Rino Tripodi
(Lucidamente, anno VII, n. 83, novembre 2012)
Sono d’accordo: tutte le convenzioni sono faticoso artificio, compromesso e ipocrisia… molta ipocrisia; ciò che conta è la verità dei rapporti. L’amore non è che amore, come diceva Oscar Wilde.
Grande Rino, io sono d’accordo con te, viva le corna! 🙂
Leggendo l’articolo, rifletto sul fatto che le due eroine da citate (Emma e Anna) assistono, nei rispettivi romanzi (con più intensità, Emma; fugacemente, Anna), a una rappresentazione di “Lucia di Lammermoor” di Donizetti / Cammarano. E, forse, non per caso, visto che l’opera rappresenta un modo ancora diverso di intendere l’amore. Al di là dello scontato rapporto amore e sacrificio (il piacere dell’amore scontato amaramente), tipico del melodramma, esiste, in Lucia, una visione onirica, trascendentale, notturna del rapporto con l’amante. Trasferito, potendone interpretare la cifra musicale e poetica, in “un’altra dimensione”, la quale, attraverso la pazzia della protagonista, arriverà alla sublimazione per mezzo della morte.
Francesco Cento
Viva Donizetti!