La serrata critica di Paola Mastrocola agli indirizzi didattici dell’ultimo decennio ne “La scuola raccontata al mio cane” (Guanda)
«Ma che cosa è un Progetto? Mi è molto difficile riuscire a spiegarlo. Quindi non lo spiegherò, ma darò qui di seguito alcuni titoli di probabili progetti: […] Progetto Libertà e Benessere Progetto Come nutrirsi Progetto Aree dimenticate e solidali Progetto Orientarsi nella notte Progetto Conosci te stesso Progetto Pace e Cooperazione Progetto L’acqua questo bene prezioso […]. Lo disse esplicitamente il preside. Disse più o meno che, se noi non avessimo presentato dei progetti, saremmo presto diventati una scuola di serie B, una scuola reietta che non meritava di vivere, […] era chiaro che, senza progetti, non avremmo ricevuto finanziamenti ministeriali e quindi, qualsiasi metafora volessimo o meno usare, saremmo morti. […] Chi si ostinava a insegnare semplicemente la sua materia era ritenuto un troglodita rimasto a livelli subumani, un mediocre che non sapeva cogliere lo splendore del Nuovo, che non vedeva il mirabolante caleidoscopio dell’Innovazione e del Progresso. […] Ma sì, diciamo che il Pof è un fiume. Nel fiume Pof si gettano tutti i progetti, come tanti affluenti: affluiscono lì! […] E, siccome i progetti sono quel che caratterizza una scuola, il Pof, in quanto raccoglitore di progetti, è una specie di carta d’identità della scuola. […] L’attuale scuola odia “i maestri”. Li trova snob e antiquati. Poco tecnici, poco flessibili. Dotti e spocchiosi. Oggettivamente non valutabili. E silenziosi, troppo silenziosi».
Paola Mastrocola
(tratto da La scuola raccontata al mio cane, Guanda, 2004)
La scuola raccontata al mio cane (Guanda) è un racconto-saggio scritto nel 2004 da Paola Mastrocola, docente di Lettere nel liceo scientifico di Chieri (Torino), che spiega a Perry Bau – il suo cane – come sia cambiata la scuola italiana in seguito alle riforme approvate a cavallo tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo. Da una didattica improntata soprattutto sulle lezioni frontali e sul rapporto de visu tra docenti e discenti si è passati, quasi di colpo, alla pianificazione di una miriade di progetti e attività extracurricolari, spesso finalizzate ad acquisire competenze che un tempo si apprendevano attraverso l’ordinario corso di studi curricolare (per esempio, i laboratori di lettura e di scrittura).
A che serve un Pof? – Il Piano dell’offerta formativa, più noto come Pof, è diventato dal 2000 lo strumento portante dell’attività didattica di ogni scuola, una sorta di simulacro attraverso cui ogni istituto si propone sul mercato, entrando in concorrenza con le altre “aziende scolastiche” per “offrire” progetti formativi alle famiglie e ottenere adeguati finanziamenti ministeriali. E poco importa, poi, se nelle aule mancano le cartine geografiche, il gesso e i cancellini, se i banchi e le sedie sono vetusti e fatiscenti, se i servizi igienici lasciano a desiderare, se le palestre e i cortili non sono idonei per svolgere l’ordinaria attività motoria. Il Pof diventa il fiume dentro cui “si gettano tutti i progetti, come tanti affluenti”, la carta d’identità dell’istituto che serve ad attirare le iscrizioni, a renderlo famoso e rispettabile, anche se poi non è certo che tutte le attività progettuali si svolgeranno come preventivato all’inizio dell’anno scolastico… Al Pof vanno poi aggiunti i Pon (Piani operativi nazionali) e i Por (Piani operativi regionali), cioè le opportunità formative offerte dal Ministero della pubblica istruzione e dalle Regioni, che fanno assai gola ai dirigenti scolastici e ai professori in quanto vengono copiosamente finanziate.
La lista dei progetti extracurricolari – Ecco, dunque, che la lezione “tradizionale”, nella scuola odierna, è diventata un optional, uno strumento quasi obsoleto, perché i docenti sono moralmente obbligati dai nuovi orientamenti pedagogici a inventare strumenti didattici alternativi alle consuete lezioni (presentazioni multimediali, visioni di audiovisivi, uso di lavagne luminose, ecc.) e, con cadenza quasi settimanale, sono tenuti a portare gli allievi a incontri con scrittori ed esperti, dibattiti con magistrati e amministratori pubblici, rappresentazioni teatrali, proiezioni di film, mostre artistiche, concerti di musica, manifestazioni sportive, visite ai musei, brevi gite d’istruzione, ecc. Tutto finalizzato all’acquisizione di crediti formativi certificati che possano servire per incrementare il credito scolastico degli alunni a fine anno (anche se, al massimo, di un punto appena). Come se i ragazzi non passassero già gran parte del loro tempo a distrarsi con fatui passatempi che inducono alla fruizione passiva e acritica di immagini, informazioni, spettacoli pseudoculturali e manifestazioni sportive, senza capacità di discernere tra i messaggi, né di operare scelte ragionate e consapevoli!
Insegnanti snob e trogloditi – Per non parlare, poi, dei “laboratori teatrali” e dei “laboratori musicali”, nei quali imberbi e inesperti adolescenti si cimentano a declamare brani di Shakespeare o di Pirandello, oppure a strombazzare stantie e stucchevoli melodie, rimediando il più delle volte dei clamorosi fiaschi, spacciati però per incipienti premonizioni di un talento virtuosistico che non tarderà a esplodere, alla fine della pubertà! Ovviamente, il tutto a beneficio dei docenti tutor e dei genitori, che possono poi esporre in bella evidenza gli attestati che i “genietti” da loro allevati hanno ricevuto quale premio per i loro trionfali successi! L’insegnante che si rifiuta di collaborare a questo tipo di attività extracurricolari, “limitandosi” a svolgere il programma disciplinare e a verificare periodicamente i livelli di preparazione conseguiti dai discenti, rischia di passare per retrogrado e finisce per essere malvisto dai dirigenti scolastici, che lo finiscono per considerare un ostacolo alla “implementazione dei Pof”. Ecco perciò che il tapino è costretto, suo malgrado, a prostrarsi ai diktat della dirigenza e a imbarcarsi in improbabili progetti pomeridiani su “Libertà e benessere”, “Pace e cooperazione”, “Come nutrirsi”, “Conosci te stesso”, per non apparire snob o, peggio ancora, passare per “un troglodita rimasto a livelli subumani”. E non importa se poi la sera è troppo stanco per preparare adeguatamente la lezione da tenere l’indomani…
Le critiche di De Michele – Certo, l’idea di scuola che la Mastrocola propone può apparire forse un po’ conservatrice, condizionata dal vecchio modello crociano-gentiliano che privilegiava il rapporto esclusivo tra maestro e allievo e che, sul piano didattico, s’incentrava soprattutto attorno alla “spiegazione”, cioè all’esposizione dettagliata di un argomento attraverso la lezione frontale, corredata dalla lettura e dal commento di brani antologici. C’è il rischio, in effetti, di restare ancorati a una forma di apprendimento troppo tradizionale, che si fossilizza nella riproposizione pedissequa di nozioni e formule stereotipate contenute nei manuali scolastici. Riportiamo, in tal senso, le critiche che Girolamo De Michele, autore de La scuola è di tutti (minimum fax), ha rivolto ad alcune delle tesi esposte dalla Mastracola ne La scuola raccontata al mio cane, affermando, in un’intervista rilasciata alla nostra rivista, quanto segue: «Il mondo di Mastrocola è un mondo retrò, da cofanetto Sperlari, dove le piccole cose di pessimo gusto sono scambiate per perle didattiche. Una scuola che consola il docente, senza fargli percepire l’inutilità della sua funzione. È una scuola che piace a quegli insegnanti (e ce ne sono, e sono tanti) che vogliono una scuola in cui ripetere sempre la stessa lezione» (cfr. l’articolo di Marilù Oliva, L’ignoranza rende la gente malleabile, pubblicato sul n. 60 di LucidaMente). Ciò non significa, tuttavia, che, per non incappare nell’eccessivo nozionismo, si debba del tutto trascurare lo svolgimento dei programmi disciplinari!
L’ignoranza è funzionale al potere – Colui che ha scritto il presente articolo fa di mestiere l’insegnante nei licei e quindi partecipa anche lui a qualche progetto extracurricolare, avvalendosi delle opportunità che la tecnologia offre sul piano didattico, ma senza dimenticare che si apprende di più studiando sui libri e che il rapporto diretto tra docente e discente rimane sempre centrale sul piano educativo. Talune attività extracurricolari sono certamente utili e talvolta anche indispensabili: ad esempio, l’orientamento universitario per gli alunni delle classi terminali o la partecipazione a dibattiti e conferenze su alcune tematiche di attualità (vedere le discussioni sul significato e il valore del Risorgimento, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia). Tuttavia, a nostro avviso, ha ragione Paola Mastracola a dire che i fondamenti del sapere si apprendono soprattutto seguendo un regolare piano di studi, che comporta soprattutto la frequenza delle attività curricolari, cioè delle lezioni in classe, pur se organizzate tramite strumenti tecnologici d’avanguardia e secondo un’impostazione metodologica dinamica che stimoli gli allievi a discutere tra loro e a interagire con l’insegnante. Insomma, bisogna evitare di stressare e incupire gli studenti, pretendendo che conoscano l’intero scibile umano e umiliandoli se non ci riescono, ma non è comunque ammissibile che, alla fine del percorso formativo, essi non sappiano – almeno in linea generale – cosa abbiano detto o fatto i vari Darwin, Freud, Leopardi, Mazzini, ecc. Siamo convinti, del resto, che l’ignoranza dilagante oggi tra la gente non sia frutto del caso o della decadenza dei costumi, ma rientri in un progetto di stampo reazionario che mira a mantenere le classi inferiori in condizioni di permanente subalternità culturale rispetto all’èlite dominante. È anche per questo che in Italia si sta cercando di ridimensionare la scuola pubblica, tagliandole le risorse finanziarie e riducendo drasticamente il personale docente e ausiliario. Chi non conosce la propria storia e i propri diritti, infatti, sarà più facilmente manipolabile dai mezzi d’informazione e addomesticabile dai detentori del potere.
Le immagini: la copertina de La scuola raccontata al mio cane (Guanda) e di altre pubblicazioni di Paola Mastrocola nonché de La scuola è di tutti di Girolamo De Michele.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno VI, n. 63, marzo 2011)
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