Difficilmente oggi una donna, specie se giovane, si definirebbe femminista. Suona logoro, fanatico, quasi imbarazzante. Eppure, quando ci si imbatte in un personaggio come Lina Mangiacapre, la cui limitata notorietà non rende giustizia alla sua vita e al suo talento, nessuna donna può esimersi dal dirle grazie. Laureata in filosofia, critica cinematografica, regista essa stessa, giornalista, pittrice, scrittrice, musicista, poetessa, sceneggiatrice, fu un’artista totale e di grande versatilità.
Già nel 1970 Lina fonda il gruppo delle Nemesiache, dal greco vendicatrici, nome provocatoriamente minaccioso che vuole in realtà rievocare il tiaso dell’antica Grecia, dove Saffo insegnava alle giovinette musica, poesia e amore. Poi crea un’associazione, Le tre ghinee, fonda un trimestrale culturale, Manifesta, scrive romanzi, dirige film. Fonda la prima rassegna Cinema delle donne a Sorrento, alla Mostra di Venezia fonda il premio Elvira Notari che ora, dopo la morte avvenuta nel 2002, è intestato a lei stessa. Nel 1996 realizza per la Presidenza del Consiglio un videospot per celebrare il cinquantesimo anniversario del voto alle donne. Per tutte queste ragioni e molte altre ogni donna dovrebbe conoscerla e dirle grazie.
Ma il suo dono non si esaurisce nell’impegno politico e sociale. Basta leggere le sue poesie, nella raccolta postuma Amazzoni e Minotauri (Raffaelli Editore, pp. 96, 18,00), per capire che non era una femminista sterilmente arrabbiata con il mondo e con gli uomini, ma piuttosto un’intellettuale dedita allo sviluppo di una filosofia femminile che, superato lo scontro con il mondo maschile, si proponesse di ritrovare il perduto equilibrio tra i sessi, fino a teorizzare l’ideale androgino dell’esistenza, come sintesi della dimensione maschile e femminile. E la chiave giusta per aprire le porte delle convenzioni, dei pregiudizi e degli schematismi era per Lina proprio la cultura, e in particolare la rielaborazione del Mito.
La ricerca sul Mito rappresenta una costante del suo percorso artistico e specialmente in Amazzoni e Minotauri riscopre e reinventa, tra gli altri, le sorelle di sangue Antigone e Ismene, l’amore tra Arianna e il minotauro, Medusa pietrificata dallo specchio, Pentesilea che stupra Achille e lo uccide mordendolo al calcagno. Amazzoni e Minotauri è un libro fortemente voluto e amato da coloro che ne hanno curato la realizzazione: Teresa, detta Niobe, sorella di Lina, e l’editore Walter Raffaelli. La silloge raccoglie 37 poesie e 9 disegni dell’artista, con una prefazione del poeta Elio Pecora e una postfazione di Adele Cambria, amica della poetessa, che ne fa un ritratto quotidiano e vero.
È un libro, come dice Teresa nel risvolto di copertina, “dedicato agli esseri in lotta per la bellezza” che preferiscono restare come il minotauro “nel labirinto della creazione” piuttosto che farsi irretire e manipolare dal mercato “in produzione effimera di un oro inutile”. Del resto, basta osservare la foto sul retro per vedere lei, Lina, con il cappello a cilindro e i grandi occhiali a farfalla, un’immagine al tempo stesso studiata e libera, pura ed eccentrica di chi è destinata a diventare essa stessa Mito.
Ricordiamo Lina Mangiacapre con una delle sue poesie più brevi e suggestive, Il vento non sa leggere, ovviamente tratta da Amazzoni e Minotauri:
Racchiusa nella roccia
del tuo sorriso
hai tutto deciso
scandito il tempo
segnato lo spazio
e dentro
il valore del vento
e le maree
ma il vento non sa leggere
e le maree
guardano la luna
tu adirata
tiri calci al destino.
L’immagine: la copertina della silloge di Lina Mangiacapre.
Viviana Viviani
(LucidaMente, anno V, n. 59, novembre 2010)