Intervista al professor Enzo Boschi, che ci spiega come il vulcanismo abbia spesso contribuito a provocare estinzioni di massa sulla Terra
Di recente, sulla rivista Science, è stato pubblicato il risultato di una ricerca (poi divulgato in Italia dal National Geographic), eseguita da un team di studiosi guidati dal geologo dell’Università di Berkeley (California) Paul Renne intorno alle cause dell’estinzione dei dinosauri, avvenuta alla fine del Cretaceo (cfr. Ker Tan, Qual è la vera causa dell’estinzione dei dinosauri?, in www.nationalgeographic.it). Si è, ormai, sempre più orientati a immaginare una concomitanza di vari fattori ambientali per spiegare la sparizione dei grandi rettili. Con un sistema di datazione ad alta precisione il gruppo di ricercatori ha potuto stabilire con maggiore precisione l’impatto con il fatidico asteroide che ha dato origine ad una serie di cataclismi decisivi per la scomparsa dei grandi rettili preistorici: 66.038.000 anni fa, prima di quanto ritenuto finora (65.000.000). L’impatto con l’asteroide – provato dal ritrovamento del grande cratere Chicxulub nel golfo dello Yucatán in Messico – è stato il fattore principale della scomparsa dei dinosauri, ma questo non significa che costituisca l’unica causa dell’estinzione di questi animali.
Sembra che un ruolo molto importante sia stato giocato dalle massicce eruzioni vulcaniche che hanno caratterizzato il periodo Cretaceo. Secondo recenti evidenze geologiche, un ruolo importante nella grande estinzione sarebbe stato giocato dalle imponenti emissioni avvenute in India tempo prima dell’impatto del grande asteroide. Tali massicce eruzioni avrebbero innescato cambiamenti climatici fatali per alcuni gruppi di dinosauri (e non solo). Il geologo Paul Renne spiega, per esempio, che sono stati trovati solo fossili di dinosauri di tipo aviario nel livello stratigrafico che corrisponde all’impatto. Quelli “terrestri” erano, forse, già avviati all’estinzione. Per parlare di questi temi abbiamo invitato in redazione il professor Enzo Boschi del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Bologna, ex presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il quale ha gentilmente risposto alle nostre domande sul vulcanismo terrestre.
Benvenuto, professore. Quanto può aver inciso l’abbondante attività vulcanica sull’estinzione dei dinosauri e cosa può aver provocato a livello climatico?
«Grazie e ben trovati. La scomparsa dei dinosauri è ancora un argomento di dibattito scientifico. Innanzi tutto, va detto che non scomparvero rapidamente, ma ci misero qualche migliaio di anni. Quindi, non tutti sparirono per le stesse ragioni, che sono senz’altro molteplici e che, allo stato attuale delle nostre conoscenze, probabilmente non sono completamente note. Sicuramente hanno influito i vulcani e gli impatti di asteroidi, ma forse più semplicemente i grandi rettili erano divenuti sproporzionati all’ambiente in cui si muovevano, a causa dei cambiamenti climatici».
Nello stesso periodo si sono estinti anche i dinosauri piccoli come un pollo e altre specie, segno dei grossi mutamenti geoclimatici avvenuti in tutto il globo. La storia geologica del nostro pianeta (che ha circa 4,5 miliardi di anni) è anche la storia del vulcanismo. In un passato molto remoto la Terra ha prodotto tantissime eruzioni, maggiori e più violente rispetto ad oggi. Eppure le eruzioni e i terremoti (purtroppo) non sono, in qualche modo, il segno e la vitalità di un pianeta?
«Certo. L’attività vulcanica è una caratteristica fondamentale del nostro pianeta, come i terremoti. Non lo si può immaginare così com’è senza questa continua attività molto energetica. Se non ci fossero vulcani e terremoti, la Terra sarebbe un pianeta morto, perché non ci sarebbero l’atmosfera e l’acqua, quindi non ci sarebbe la vita nelle svariate forme che conosciamo. La Terra sembra proprio progettata per la nascita e lo sviluppo della vita: vulcani, terremoti, catene montuose, fosse oceaniche, mostrano l’estrema vitalità del nostro pianeta. Tutti questi fenomeni sono logicamente tenuti assieme da quella che chiamiamo teoria della tettonica a placche (o a zolle)».
Un’ultima domanda. La storia del vulcanismo annovera, per esempio, alcune eruzioni catastrofiche come quella del vulcano Toba, che fu probabilmente la più potente mai verificatasi negli ultimi 25 milioni di anni. Ricordiamo, poi, l’eruzione minoica di Thera (o di Santorini), accaduta a metà del Secondo millennio a.C., considerato uno dei più grandi eventi vulcanici mai avvenuti sulla Terra. Nell’età moderna mi vengono in mente Kelut nel 1586 (Indonesia), Lakagigar nel 1783 (Islanda), Unzen nel 1792 (Giappone), Tambota nel 1815 (Indonesia). Quali sono, invece, le eruzioni maggiori successe nell’età contemporanea?
«Ce ne sono state molte. Riteniamo che le eruzioni vulcaniche durante la vita del nostro pianeta siano state innumerevoli. Si pensi che tuttora abbiamo alcune centinaia di vulcani attivi. Nei tempi recenti ricordiamo il famoso vulcano Krakatoa (27 agosto 1883) nell’isola indonesiana Rakata, che provocò la più grande esplosione vulcanica dell’età moderna. Le polveri raggiunsero l’alta atmosfera e vi restarono per oltre tre anni. In quel periodo il giorno venne sostituito da un crepuscolo con pochissima luce. In precedenza, nel 1815, ci fu la grande eruzione del monte Tambora nell’arcipelago indonesiano della Sonda, le cui emissioni di gas e vapori ridussero la radiazione solare sulla superficie terrestre. Fu allora che Lord Byron scrisse Darkness, una bellissima poesia che rende proprio il senso del buio inspiegabile e angosciante. All’epoca, ovviamente, non si capiva il perché dell’oscurità sulla Terra. Tutti, poi, sanno dell’eruzione del Vesuvio avvenuta nell’89 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano. Il famoso racconto che ne fece Plinio è considerato il primo rapporto di geoscienze dell’umanità».
Grazie, professor Boschi!
Le immagini: foto di Enzo Boschi; Chicxulub, il cratere dell’apocalisse; un’eruzione vulcanica.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente, anno VIII, n. 90, giugno 2013)