La Consulta romana per la laicità delle istituzioni interviene sul “decreto Calabrò”
L’approvazione della legge sul testamento biologico, sulla quale molto si è scritto e detto, sebbene la crisi dei mercati, la manovra economica e i continui scandali ne abbiano sminuito la gravità, è lo specchio della negazione del principio di cittadinanza e della crisi della laicità delle istituzioni nel nostro Paese.
Se, infatti, l’irrazionalità delle norme contenute nella legge, la diffusa disapprovazione dell’opinione pubblica, l’opposizione dei medici nei suoi confronti e la mobilitazione della società civile, già manifestata in occasione dei casi Englaro e Welby, ne imporranno ben presto la radicale revisione, non si può minimizzare il suo significato politico.
L’innaturale accordo fra atei devoti e clericali integralisti ha coperto un’operazione politica antidemocratica consentendo a una maggioranza delegittimata di ritardare la propria dissoluzione grazie all’appoggio delle gerarchie ecclesiastiche, e a queste di accreditarsi come le uniche rappresentanti della Comunità ecclesiale. Al tempo stesso ha consentito a una corrente di minoranza all’interno del Partito democratico di pretendere di condizionarne le scelte legislative, affermando la sua autonomia e millantando di essere espressione dei cattolici presenti nel partito stesso.
Senza legittimare per questo una svalutazione del dibattito culturale sul grave problema del rapporto della persona con la propria vita e riaffermando, senza se e senza ma, il diritto dei cittadini/e a decidere in piena autonomia sulle terapie da accettare o respingere, la Consulta per la laicità delle istituzioni invita gruppi, associazioni, partiti e cittadini a fare dell’opposizione aperta alla legge un momento di una sempre più diffusa mobilitazione contro il regime concordatario, che, nel violare la sovranità popolare, giunge anche a limitare la libertà personale dei singoli cittadini/e.
Consulta romana per la laicità delle istituzioni
(LucidaMente, 18 luglio 2011)