Il refurbishing: tra obsolescenza programmata, risparmio, difesa dell’ambiente ed economia circolare
La vita media degli smartphone si accorcia sempre di più tra obsolescenza programmata, aggiornamenti software che non vengono rilasciati per i dispositivi più vecchi che diventano di fatto inutilizzabili, un uso intensivo da parte degli utenti. Il risvolto di tutto ciò è inevitabilmente una sempre maggiore quantità di rifiuti informatici che finiscono in discarica e che vanno adeguatamente smaltiti: ci vogliono tempo e risorse e, soprattutto, l’impronta carbonica del processo implicato – ossia quanta anidride carbonica emette, inquinando, lo smaltimento dei vecchi smartphone – non è indifferente. Prima del previsto potrebbe essere necessario, così, un cambio di rotta anche nell’approccio all’elettronica di consumo. Trend ormai da qualche anno, il ricondizionato è davvero più sostenibile come si dice?
Che cos’è il refurbishing e perché è più sostenibile per l’ambiente (e per le tasche)
Per provare a rispondere è indispensabile chiarire cos’è il refurbishing: i dispositivi ricondizionati – smartphone, PC, tablet ma anche elettrodomestici di maggiori dimensioni come frigoriferi e TV o piccoli accessori e gadget come cuffie e auricolari wireless – non sono semplici dispositivi di seconda mano, per quanto anche l’usato sia un’alternativa più sostenibile rispetto all’acquisto di sempre nuovi device elettronici di prima mano. L’elettronica rigenerata ha subìto, dopo la sua prima vita, dei processi in laboratorio che le hanno restituito (quasi) la stessa funzionalità di un tempo: nel caso degli smartphone vuol dire, in particolare, che, dopo essere stati utilizzati per un periodo di tempo più o meno lungo dall’utente iniziale, sono stati formattati, ripristinati ed eventualmente modificati nelle parti hardware e software che presentavano guasti o malfunzionamenti prima di subire degli appositi test ed essere re-imessi sul mercato a un prezzo scontato rispetto a quello originario. Grazie a tale procedimento, chi ha acquistato un iPhone 8 può spendere da un terzo a fino il 70% in meno di quanto avrebbe speso acquistando un iPhone 8 nuovo: le proporzioni sono identiche per ogni altro modello o marca di smartphone ricondizionato e, più in generale, le possibilità di risparmio sono tra le principali cause che in questi anni hanno portato al successo dell’elettronica ricondizionata in svariati campi.
Ambiente ed economia circolare
Aver descritto brevemente come funziona il refurbishment, però, serve pure per capire perché è un’alternativa che convince anche chi ha più a cuore l’ambiente e le sorti del Pianeta. Senza essere rigenerati, gli stessi dispositivi che vengono rivenduti ad amanti della tecnologia che non disdegnano di risparmiare un po’ sarebbero finiti in discarica e molto prima del necessario si sarebbe dovuto innescare quel processo di smaltimento che si è accennato essere complesso, dispendioso, inquinante. Se a questo si aggiunge che un solo smartphone produce, dal momento in cui vengono estratte le materie prime con cui poi sarà assemblato, 82 chili di anidride carbonica e che ci vogliono quindi in media dieci anni per ammortizzarne l’impronta carbonica, è ancora più chiaro il motivo per cui il ricondizionato è sostenibile e da preferire all’acquisto di smartphone nuovi. Dare una seconda vita, ricondizionandoli, ai device digitali è, pertanto, una forma di quell’economia circolare a cui è sempre più prioritario approdare nei campi più diversi.
Emilio Lonardo
(LucidaMente 3000, anno XVII, nn. 199-200, luglio-agosto 2022)