Una riflessione ragionata sulla teoria del sociologo tedesco e le sue implicazioni nella vita di tutti i giorni
«L’uomo non si inserisce spontaneamente nella realtà naturale del mondo come l’animale, ma si scinde da essa e le si oppone con i propri fini, lotta, usa la violenza e la subisce»: così si apre il saggio Arte e civiltà del sociologo tedesco Georg Simmel (Berlino, 1º marzo 1858 – Strasburgo, 26 settembre 1918). In questo testo viene presentato il dualismo uomo-natura, due forze contrapposte che generano vita e progresso.
Vi sono anche degli aspetti negativi che Simmel presenta in maniera molto puntuale nei suoi libri, sottolineandone il carattere spesso contraddittorio. Simmel parte dalla concezione che l’umanità non si inserisca spontaneamente nella natura, ma vi si oppone; questo è il primo grande dualismo che nasce tra soggetto e oggetto, ed è proprio in questa dicotomia che si inserisce la cultura. Ad esempio, la fame o la sete sono eventi fisiologici che l’uomo può vincere solo fabbricando degli strumenti da porre tra sé e la natura, al fine di poterla dominare. Però l’opera degli esseri umani si stacca dal creatore arricchendo il mondo, e così facendo – secondo Simmel – l’essere umano non deve più rapportarsi solo con la natura, ma anche con il mondo degli “strumenti” che egli stesso ha creato. Questi strumenti, una volta creati e messi letteralmente al mondo diventano qualcosa di alieno all’umanità e addirittura possono divenire a essa ostili: questo è uno dei più grandi paradossi del progresso.
Il dualismo uomo-natura genera quindi la cultura: l’uomo reagisce alle difficoltà del rapporto con la natura producendo (in senso molto lato!) cultura, strumenti, costruendo oggetti culturali per fronteggiare e mitigare tale contrapposizione, che ci contraddistingue fin dall’inizio della nostra esistenza su questo pianeta. Dal momento in cui l’uomo costruisce i suoi prodotti culturali, si schiude un secondo dualismo, dice Simmel: quello tra gli esseri umani e gli oggetti culturali che egli ha costruito.
Tuttavia, il mondo degli oggetti culturali sembra ergersi sempre più come nemico dell’umanità, che pure lo ha costruito per potersi difendere dalla natura: per Simmel è proprio questa la tragedia della cultura. Una volta che l’essere umano ha dato vita a forme quali arte, tecnica e scienza, queste diventano autonome, incuranti dell’uomo tanto quanto lo erano le forze della natura, la fame e la sete. Una delle conseguenze più spiacevoli di questa situazione è ben rappresentata dall’alienazione dell’uomo da sé stesso, una delle problematiche più importanti dell’epoca moderna. Cercando di attualizzare il pensiero di Simmel, oggi potremmo riferirci ai social network come esempi di oggetti culturali, modelli di comunicazione e di democrazia digitale. Creati col fine di mettere in contatto chiunque si trovi ai quattro angoli della terra, oggi sembra che i social network perseguano l’obiettivo opposto, ovvero l’estraneazione dei soggetti, i loro utenti.
Persone sempre maggiormente isolate e separate dalla realtà, che tanto più sono online, quanto meno vivono appieno la loro vita: un esempio lampante ne sono gli hikikomori. Ciò nonostante, non c’è bisogno di allarmarsi troppo, perché questa sfida apre a nuove possibilità: dove crescono i pericoli, lì nascono anche le speranze di sopravvivenza. In molti hanno preso coscienza di questa incoerenza problematica: il terreno è fertile per l’avvento di un nuovo umanesimo 2.0!
Le immagini: a uso gratuito da pxfuel.com.
Isabella Parutto
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 179, novembre 2020)