In Catalogna apre e fa scalpore la prima casa d’appuntamenti erotici con cyborg: verso quale futuro ci proietta la tecnologia?
Barcellona, si sa, è una delle città più particolari e caratteristiche della penisola iberica, ma da oggi ancora di più. Dallo scorso marzo, infatti, la città catalana ospita la prima casa di appuntamenti al mondo composta esclusivamente da macchine che si prostituiscono. Il business del sesso, introdotto dalla catena LumiDolls, ci introduce verso scenari fantascientifici che solo pochi anni fa rimanevano nell’immaginazione. E scatena accesi dibattiti.
Ebbene sì, bastano 100 euro per ottenere un’ora di prestazione da replicanti programmate per soddisfare qualsiasi capriccio del cliente, il quale potrà scegliere tra “quattro razze”: modello occidentale, africano, asiatico e manga. Le tariffe prevedono anche la possibilità del servizio a domicilio e una maggiorazione nel caso si volesse del “calore naturale” da parte del robot scelto. L’ambientazione degli incontri, come del vestiario, sono altre variabili a piacimento del cliente che può usufruire di comfort, professionalità e discrezione. Pulizia ed efficienza delle macchine non obbligano l’applicazione del preservativo, ma l’azienda ne consiglia comunque l’utilizzo. Quasi a voler scongiurare qualsiasi rischio di concepimenti non voluti.
Possiamo parlare di perversione o «deriva tecnologica», come sostengono gli antagonisti di questa tipologia di intelligenza artificiale? Secondo il professor John Danaher – impegnato anch’esso nella costruzione di replicanti sessuali insieme all’Università nazionale d’Irlanda di Galway – la risposta è no. Una tecnologia a servizio di questi bisogni, afferma l’accademico, ridurrebbe lo sfruttamento della prostituzione, oltre che un drastico calo di malattie trasmissibili sessualmente: «Sono in grado – continua Danaher – di soddisfare desideri sessuali variegati e sono liberi da vincoli, complicazioni e dalla paura di insuccesso».
Eliminano così il problema del rapportarsi con l’altro e quindi l’ansia da prestazione. Come nel film A.I. Intelligenza artificiale (2001, di Steven Spielberg), dove l’attore Jude Law interpretava un robot-gigolò, potremmo ritrovarci delle copie di quest’ultimo, come di altri vip, se non di noi stessi, programmati per prostituirsi. Le richieste di questo tipo sono già molte e si prevede che, secondo alcuni scienziati, entro il 2050 la probabilità che il sesso con macchine supererà quello biologico, oltre che trasformare radicalmente i rapporti uomo-donna. Secondo la ricercatrice di etica della robotica alla De Monfort University, Kathleen Richardson, infatti, avere a disposizione un replicante sessuale sarebbe come avere uno schiavo, il quale, non partecipando all’amplesso, ne subisce le conseguenze: praticamente una violenza sessuale.
Questo, secondo la Richardson, contribuirebbe a instaurare nei maschi una “cultura dello stupro” che andrebbe a ledere proprio la figura della donna, come avvenne con la diffusione della pornografia online. Indipendentemente dalle proprie opinioni, in un mondo in cui i robot sostituiscono gli esseri umani senza quasi notare la differenza fisica, la vicina uscita nelle sale del sequel di Blade Runner (1982, di Ridley Scott) sembra quasi un monito per il futuro. Riusciremo a trovare un equilibrio tra noi e la tecnologia?
Massimiliano Dalfiume
(LucidaMente, anno XII, n.139, luglio 2017)
Penso proprio che con tale esperimento non si arrivi ad un successo. Si vorrà sicuramente quasi sempre fare del sesso, anche se a pagamento, con una persona reale, rispetto ad una finta, la quale è una quasi bambola gonfiabile.
In altre parole, forse il così detto “lavoro più vecchio del mondo” sarà anche l’ultimo fatto dall’essere umano.
In effetti, credo che in un futuro molto remoto, alcuni dovranno restare attenti se quando cercano una meretrice umana non si ritrovino un’androide, che falsamente si dichiari un essere umano.
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