Un romanzo condito di sapori sensuali e di sfumature sui piccoli piaceri quotidiani. In “Q.B. A volte non basta osservare. Serve anche aggiungere” di Marco Bellabarba (Robin edizioni), un giovane professionista frustrato cambia rotta dirigendosi verso l’arte culinaria e riscoprendo così la voglia di ripartire da zero
«Lei era così. Mi mancava sempre, ma in certi momenti, subdolamente, rispuntava fuori con tutto il peso della sua assenza, come un sasso lanciato in un lago addormentato. Allora, finché i cerchi concentrici si allargavano, faceva male, più male». In Q.B. A volte non basta osservare. Serve anche aggiungere (Robin edizioni, pp. 392, € 16,00), dell’esordiente Marco Bellabarba, trentottenne romano esperto di comunicazione d’impresa eappassionato di web e cucina, il disagio scaturisce dalla consapevolezza che tutto può crollare all’improvviso: affetti, lavoro, amicizie.
Chi si ostina a tenere stretti i propri paraocchi trova poi duro prendere atto che un legame sentimentale sia ormai divenuto logoro, svuotato, esausto: «Nessuno dei due aveva torto, nessuno aveva ragione, ma com’era inevitabile iniziò a serpeggiare una crisi che non esplodeva mai in litigi veri e propri, sprigionando un anestetico subdolo che soffocava baci, annullava carezze, spegneva il desiderio. I mesi scivolavano lenti, il sesso tra noi era sempre più sporadico, e nessuno dei due sembrava aver voglia di ammettere che qualcosa non andava». Alberto Moravia avrebbe etichettato il protagonista del romanzo, Paolo, come un arrampicatore sociale dalle aspirazioni piccolo-borghesi. Tutto sembra procedere per il verso giusto, quando a un certo punto qualcosa nell’ingranaggio s’inceppa: Deborah, la donna che Paolo intende sposare, lo abbandona improvvisamente, mentre l’ambiente di lavoro, un’azienda che vende ricambi per auto, diviene sempre più ostile, fino al delinearsi di una vera e propria strategia di mobbing. Intanto aleggia, sull’intera storia, un complotto architettato in gran segreto, che consente all’autore di inserire nel romanzo anche aspetti tipici del giallo.
Bellabarba scandisce il lento scivolare del protagonista nella depressione puntando la propria lente d’ingrandimento sui dettagli, solo in apparenza insignificanti, di un’esistenza strozzata, in nessun modo appagante. Un vicolo cieco dove certezze che sembravano solide si rivelano illusorie. Il microcosmo borghese nel quale si dibatte Paolo, ormai nauseato da un pantano di falsità e sotterfugi, rispecchia una società in piena decadenza, snervata da un benessere diventato effimero a causa della crisi economica e dagli spettri incombenti della solitudine, dell’emarginazione, del vuoto di valori.
«Luisa si muoveva svelta. In quella cucina sembrava totalmente a suo agio. Poggiava una padella su un fornello e, come se danzasse, eccola dall’altra parte della stanza, in punta di piedi, ad aprire un pensile per prendere un barattolo. Era nel suo elemento». La bruschetta con cui la chef Luisa esibisce per la prima volta la sua abilità culinaria è una tentazione invitante per tutti i cinque sensi ed è questo lo spiraglio che apre a Paolo nuovi orizzonti, nuove prospettive. Donna concreta e volitiva, Luisa riesce a fermare la deriva esistenziale del giovane e lo aiuta a riemergere da una situazione alienante di stallo. Dandole una mano in cucina, Paolo scopre che il cibo non è solo nutrimento quasi meccanico, ma piacere, sollievo, relax. Insomma, un benessere emotivo: «Avocado tagliato a cubetti, pomodorini, cipolla tritata. Un po’ di olio d’oliva a emulsionare e qualche scaglia di grana padano sopra. Tutto su una fetta di pane ancora calda e croccante. I miei incisivi affondavano in un delizioso mix di consistenze e sapori che si sposavano perfettamente tra loro».
Nel frattempo i datori di lavoro di Paolo avviano una drastica ristrutturazione aziendale che mette a repentaglio la posizione di molti. Date le cifre deludenti del suo fatturato, lui è uno dei più esposti, per cui, alla crisi sentimentale, si aggiunge, in un cocktail velenoso, anche l’incertezza occupazionale: «La fregatura a quel punto mi era diventata chiara. Stipendio e premi in base agli obiettivi i quali però, ritoccati verso l’alto in corso d’anno, erano impossibili da raggiungere. Il cuore cominciò ad aumentare il ritmo e il respiro pareva corrergli dietro. Brutta storia». A questo punto l’àncora di salvezza diventa la scoperta dellapassione per la cucina.
Paolo impara a creare deliziosi dessert: «Mentre la masticavo, le sensazioni erano chiare: dapprima la croccantezza della superficie della meringa grigliata, poi la sua spuma morbida come una mousse e il contrasto con la crema al cioccolato fondente, rassodata grazie all’uso del burro e dei tuorli. E per finire la base di frolla al cacao, friabile al punto giusto grazie al perfetto bilanciamento dell’uso dei grassi nella ricetta. Un dolce elegante, da lasciar sciogliere in bocca per assaporarlo il più a lungo possibile». E conosce Lia, una ragazza rigogliosa e solare, che riesce a trasmettergli vitalità e lo aiuta a vincere le sue angosce: «Le sue iridi parevano liquide, e quando sorridevagli occhi assumevano una forma a mandorla. In quel momento era innegabilmente bella. Mi guardava in un modo spensierato e allo stesso tempo timido, come la promessa di un mondo in cui avremmo potuto vivere insieme». Ma un imprevisto riemergere del passato rischia di compromettere la rigenerazione di Paolo…
Narratore dallo stile limpido, fluido e scorrevole, Bellabarba sa tratteggiare con poche pennellate una galleria di personaggi emblematici della middle class nostrana: il manager, il piccolo imprenditore, la donna chef, tanto per citarne alcuni. E le loro pulsioni più autentiche: frustrazione, rabbia, avidità, doppiezza e, sul versante opposto, spontaneità, voglia di vivere, passione, anelito di cambiamento. Un sapiente dosaggio degli ingredienti, quello orchestrato da Bellabarba, come in una ricetta culinaria ben riuscita.
Particolarmente incisivo risulta il ricorso al linguaggio del corpo, attraverso il quale i personaggi spesso esprimono emozioni e sentimenti che le parole non riescono a descrivere: «Iniziai a farmi strada con il naso vicino all’orecchio destro, in mezzo ad alcune ciocche di capelli, e poi la baciai sul collo. Lei sospirò e continuò a lasciarmi fare, mentre rimaneva con le mani sotto l’acqua corrente. Ascoltava il mio corpo e aspettava. Proseguii lungo lo stretto sentiero che le stavo disegnando con le labbra, fino alla sua spalla destra, dove premetti il mio viso sul tessuto della sua maglietta a maniche corte. Con una lieve pressione degli avambracci incrociati sulla sua pancia la strinsi verso di me». Un esordio promettente, quello di Bellabarba, che potrebbe costituire il prologo di un percorso nell’ambito del genere letterario intimista, intriso delle inquietudini dei nostri tempi. Un bel romanzo che, non a caso e come tanti altri, proviene dalla “scuderia” dell’agenzia letteraria Bottega editoriale, diretta da Fulvio Mazza.
Le immagini: la copertina del libro e una foto dell’autore.
Guglielmo Colombero
(LucidaMente, anno X, n. 118, ottobre 2015)