Una realtà falsata dai termini: un errore sistematico dei media e dei giornalisti. Il contrasto è col confessionalismo
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Troppo spesso siamo abituati a sentir parlare i media di “contrapposizioni” o “scontro tra laici e cattolici”, ma, tra tutte le interpretazioni dei problemi contemporanei da parte degli organi di informazione, nessuna è più sbagliata di questa. Il contraltare della laicità, infatti, non è il cattolicesimo, ma nessuno si è piuttosto mai preoccupato di definire cosa si intenda per laicità.
Addirittura negli ultimi anni è stato inventato un nuovo termine, “laicismo”, che secondo alcuni sarebbe qualcosa di diverso dalla laicità. Questo termine, spesso presentato anche come “laicismo integralista” o “laicismo bigotto”, è in realtà uno slogan strumentale. In origine, l’etimologia del vocabolo “laicità” descriveva semplicemente la non appartenenza a ordini religiosi; se, però, allora l’unico elemento di distinzione che poteva esistere con il clero cattolico era la non appartenenza ad esso, oggi l’accezione è molto cambiata, perché la società non è più composta solo da appartenenti e non appartenenti al clero cattolico, ma è composta anche da cittadini che fanno riferimento ad altre confessioni e da non credenti. È quindi importante definire cosa s’intenda oggi con il termine “laicità”, dato che la sua accezione è stata ampliata rispetto alle sue origini etimologiche. Laicità non significa “libertà di parola” o “volontà della maggioranza”, come spesso qualcuno si sente affermare, e soprattutto non è negazione della religione.
La religione è una scelta individuale e soggettiva, un’interpretazione personale della realtà che può avere basi condivise su larga scala o meno, perché ciascuno è libero di interpretare secondo la propria libertà di coscienza ogni concezione del mondo e anche di staccarsi dalle tradizioni religiose di una collettività, perché la religione non è diritto e non può essere confusa con esso come nelle teocrazie. La laicità è bensì una convenzione oggettiva, condivisa e non interpretabile: è un codice comportamentale attraverso il quale una persona o un contesto sociale si relaziona con qualsiasi altro essere umano, soprattutto quando non tutti hanno la stessa interpretazione personale della realtà; la necessità di un confronto e di un ragionamento sono fondamentali per costruire questa convenzione affinché sia condivisa da tutti, e non certo per volontà di rimetterne in discussione le basi una volta che queste sono state già formulate.
Laicità non significa neanche “tolleranza”: essa è piuttosto “rispetto dell’altro”, del suo diritto a essere diverso e a non condividere per forza la nostra concezione della realtà, ma è anche “rispetto dall’altro” e del nostro diritto a essere diversi da lui e a non condividere per forza la sua concezione della realtà. Affinché si possa parlare di laicità, questo rispetto non si può concretizzare impedendo a qualcuno di esprimere la propria opinione, e nemmeno permettendo a chiunque di imporre la propria arbitrariamente agli altri (anche se è libero di esprimerla). Dunque il contraltare della laicità consiste in tutto quanto neghi i diritti appena esposti; Andrea Canevaro lo ha definito “spirito settario”, che si oppone all’incontro e al confronto, e che quindi esprime il suo carattere prevaricatore come vero nemico della laicità. Questa mancanza di rispetto dell’altro e dei suoi diritti non viene necessariamente dalle religioni, ma da qualsiasi imposizione dottrinale diretta o indiretta di carattere politico, culturale, sociale o di altra natura. Per restare nell’ambito religioso, in paesi come le teocrazie o i regimi totalitario-dottrinali la libertà di pensiero è di fatto delegittimata di ogni diritto (la stessa Albania dell’ex blocco comunista, che imponeva l’ateismo di stato, da questo punto di vista non poteva certo definirsi uno stato laico).
Al momento, in Italia, questo ruolo di “estremismo settario” è ricoperto da una posizione ideologica rappresentata da uno schieramento politico e culturale(che poco o nulla ha a che vedere con la religione e la fede personale di milioni di cittadini) dotato di un’inusitata trasversalità partitica, e che ha eletto tra le sue finalità quella di costruire un vero e proprio conformismo di pensiero, nonché quella ancor più grave di sostituire i diritti umani fondamentali con i dogmi dettati dalla religione cattolica e in particolare dalla Conferenza episcopale italiana, fino a renderli (per via diretta o indiretta) norme di legge o precetti di vita quotidiana e pensiero unico per tutti i cittadini (anche per coloro che non si riconoscono nel cattolicesimo). A questa posizione ideologica è stato dato il nome di “confessionalismo”. Negli ultimi anni questo schieramento è cresciuto oltre ogni accettabile misura, tanto che la portata delle sue azioni si sta lentamente trasformando in una seria minaccia latente per la democrazia e la libertà di pensiero nel nostro Paese.
Date queste premesse, chiunque sostenga il suddetto schieramento confessionalista, vi si riconosca, ne assuma una o più posizioni ideologiche, politiche e culturali, ne condivida una o più finalità, non può definirsi laico, anche qualora non facesse parte del clero e anche se amasse definirsi (o venisse definito dalla stampa) laico, ateo e/o non credente. Infatti, per essere confessionalisti non è necessario essere credenti, come personaggi dello spessore di Giuliano Ferrara, Marcello Pera e la fu Oriana Fallaci continuano a dimostrare. Di conseguenza, chi è cattolico non può certo riconoscersi automaticamente in tale schieramento se, indipendentemente dalla propria fede personale, non ne condivida le finalità e le posizioni ideologiche, politiche e culturali: non sono pochi, infatti, i personaggi dichiaratamente credenti che non hanno problemi a manifestare la propria laicità e la propria opposizione a ogni forma di confessionalismo, come in passato Charles De Gaulle, e oggi Marco Travaglio e fin anche un uomo di chiesa come l’ex parroco di Pinerolo Franco Barbero.
È chiaro, a questo punto, che il concetto di laicità va ben al di là dell’abito che ciascuno indossa, ma si focalizza essenzialmente sul comportamento che si saprà assumere, sia in pubblico sia in privato, in ogni circostanza, e in particolare in merito alle scelte che riguardano la collettività. A fronte di quanto esposto, non è difficile poter correggere l’espressione “scontro tra laici e cattolici” adottato con tanta enfasi dalla stampa, con la locuzione “scontro tra laici e confessionalisti”, che invece tutti gli addetti del settore sembrano tanto restii a utilizzare in ogni circostanza.
Le immagini: copertine di alcuni libri che contestano l’intolleranza confessionalista.
Francesco Paoletti – dall’archivio di NonCredo. La cultura della ragione, «volume bimestrale di cultura laica»
(LucidaMente, anno VIII, n. 93, settembre 2013)
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