Si sta svolgendo nella città greca la più grande esposizione multisettoriale dei Balcani. Un’occasione importante per l’economia ellenica, ma anche per conoscere una realtà diversa da Atene e poco raccontata dalle cronache, tra crisi e prove di ri-crescita
Un’ora di fuso orario in avanti, dieci anni di crescita indietro, una storia e una cultura senza tempo, dove resistere alla crisi è possibile. Arriviamo a Salonicco con un volo attivato da una nota compagnia low-cost, segno del richiamo turistico che la capitale della Grecia settentrionale è in grado di esercitare. Per la sua posizione strategica, rappresenta un punto di incontro per gli operatori economici, politici e sociali di tutta l’area balcanica: infatti, dal 7 al 15 settembre vi si svolgerà la 78ª edizione della fiera multisettoriale più importante della penisola balcanica (www.italchamber.gr), con ampia partecipazione italiana (http://www.italchamber.gr/?lang=it).
Si tratta di una città universitaria, amata dai giovani greci (e non solo) per l’alta concentrazione di locali e per le spiagge che la circondano. Ma Salonicco è molto di più: raccoglie e cerca di risolvere in sé tutte le contraddizioni che vive il paese. La mescolanza tra origini classiche, stile balcanico e architettura turca riflette una contaminazione più profonda, creata da una difficile convivenza tra l’aumento del benessere e la pressione del proletariato che vive nelle vicinanze del porto. Una rapida passeggiata sul lungomare rivela un impressionante numero di bar e pub, simili, per eleganza e modernità, a quelli di altre mete turistiche europee. Anche i ristoranti e gli hotel di piazza Aristotele, che digrada dalle colline fino ad aprirsi sul mare, con il loro bianco abbagliante, danno un’idea di benessere ordinario. Ma quel che manca nei negozi, per strada, nei locali più “in” sono gli elementi tipici del lusso: l’ostentazione, l’occhiata snob, la strana certezza che, in quanto turisti, verremo serviti con distacco, se non con fretta, da esercenti che vorranno guadagnare il più possibile.
Appena seduti sulle poltrone di un bar “centralissimo”, non sapendo ancora se pentircene, riceviamo una brocca di acqua con ghiaccio, gratuita. Stessa scena nei ristoranti, dove non esiste il coperto, il pane non si paga e una cena di pesce può arrivare a costare meno di dieci euro a testa. Come mai? La risposta arriva la mattina seguente. A parte gli innumerevoli Starbucks, non riusciamo a trovare un bar all’italiana in cui fare colazione. Ma sarà il proprietario di un forno a indicarci dove chiedere un caffè e poter liberamente mangiare le nostre (buonissime) paste al miele. Qui, nonostante tutto, qualcosa dell’antica sacralità dell’ospite si è salvata. Lo spirito di collaborazione, il rispetto e l’accoglienza verso i turisti, la rete di solidarietà sociale che i greci sono capaci di coltivare si ritrova anche negli angoli più poveri di Salonicco, dove la facciata occidentale della città cede il passo alle minoranze etniche e religiose.
Nei pressi dello stadio incontriamo piccole comunità di zingari: dormono nel bagagliaio dei furgoncini con cui trasportano frutta e ortaggi ai mercati di quartiere, in due o tre coppie. Camminando tra loro, ci liberiamo di tanti pregiudizi: non un’occhiata torva, un commento rabbioso, una richiesta di elemosina. Gli immigrati di colore che ci avvicinano hanno voglia di raccontare la loro storia, di portarci a vedere la loro casa. Per le strade, la scritta che marchia gli edifici è enoikiazetai, “affittasi”, e suona quasi come una preghiera. Un corteo contro i tagli e l’inasprimento fiscale sfila di notte, senza clamore né disordini, mentre gli attivisti distribuiscono volantini per informare anche i turisti su cosa stia accadendo. Tutti, cittadini, ragazzi universitari o semplicemente di passaggio, sono accomunati da una precisa responsabilità verso la città che li ospita.
Per quanto declassata e messa fuori gioco dall’economia comunitaria, usata come spauracchio contro gli stati in pericolo di stabilità finanziaria, la nazione ellenica può offrire l’esempio di Salonicco come anticorpo al declino e alla sfiducia generali. Politiké, nella sua accezione più alta, di interessamento alla vita di un gruppo, rimane un’idea greca, viva. A essere cambiato è invece il concetto di politeia: la parola che indicava la costituzione di un popolo, in greco moderno si riferisce al lusso, come se avere una classe di politici fosse un privilegio e un onere al tempo stesso. L’unica opposizione possibile alla crisi è quella che viene dal basso, e che qui vediamo nella dignità compatta e ostinata di reagire a essa. Tornati in Italia, ci fa ancora paura finire come la Grecia, è vero, ma non più così tanto.
Per maggiori informazioni sulla Fiera internazionale di Salonicco, è possibile visitare il sito della Camera di commercio italo-ellenica: www.italchamber.gr; per la partecipazione italiana: http://www.italchamber.gr/?lang=it.
Le immagini: la locandina della fiera annuale di Salonicco; il tramonto sul lungomare della città; uno scorcio di piazza Aristotele con vista sul mare.
Antonella Colella
(LucidaMente, anno VIII, n. 93, settembre 2013)