Un indefinito numero di senzatetto si accampa ogni notte lungo via della Conciliazione e nelle zone limitrofe. Nell’anno del Giubileo straordinario della misericordia, la sensibilità di Francesco I, ma l’indifferenza da parte di molti alti prelati
Loro arrivano appena il sole si addormenta tra le cupole delle chiese romane. Silenziosi e solitari, con un carico di cartoni e coperte sgualcite, sono i senza dimora che ogni notte dormono in ogni angolo di Roma, anche in Piazza San Pietro.
Spesso da soli o in piccoli gruppi, li trovi rannicchiati sui marciapiedi, appena appoggiati su un cartone trovato chissà dove. Non hanno nessuna pretesa, ma solo quella di riuscire a trovare un luogo appartato dove trascorrere la notte, in inverno magari al riparo dal freddo. Quando entri nell’abbraccio delle colonne di San Pietro non li noti, tanta è la maestà della piazza: la lunga fila per entrare dentro la basilica, le fontane che zampillano acqua ovunque, turisti da tutte le parti del mondo, giunti fin qui per una preghiera, e probabilmente nella speranza di vedere papa Francesco. Eppure, loro sono sempre lì, ma non te ne accorgi. Sono tantissimi i clochard di Roma, tanti quelli del Vaticano, ma, nonostante siano quasi 8 mila, restano comunque il popolo degli invisibili. Un popolo quasi intimorito dal Giubileo straordinario della misericordia: durante il Giubileo del 2000, infatti, molti vennero trasferiti in periferia, sicché la polizia e le camionette dei militari sembrano preoccupare gli homeless di Roma.
I giacigli di fortuna si sono spostati da via della Conciliazione alle più tranquille strade limitrofe. Grazie anche all’adesione di molte parrocchie, Francesco I ha pensato a loro: da meno di un anno, sotto il colonnato del Bernini, sono state installate delle docce. Acqua calda, sapone, un barbiere disponibile ogni lunedì, asciugamani e un cambio completo, tutto con grande sobrietà, ma garantendo la massima igiene. I clochard sono davvero entusiasti, tanto che qualcuno l’ha definita una “manna dal cielo”: prima di papa Bergoglio non ci aveva mai pensato nessuno.
Non tutti i barboni sono disposti a parlare, alcuni si vergognano dell’aspetto trasandato e incolto, oppure perché vivono ai margini della società. Ci sono anziani che, pur ricevendo una pensione, cadono in questo stato di abbandono; immigrati e rifugiati che forse non sono stati accolti dai centri di accoglienza perché pieni; lavoratori costretti a dare tutto lo stipendio alle finanze perché si sono indebitati, forzati quindi a vivere nella povertà. Un lato della vita e della società impensabile, incredibile, che molti si vergognano o si rifiutano di osservare. I “nuovi poveri” sono nati con la crisi economica e con le migliaia di persone arrivate in Italia che non sanno dove andare, che hanno perso tutto e l’unica cosa che provano a non perdere è la dignità. Nell’ostello dove offrono i posti letto ce ne sono 188, ma alo sportello dicono che saranno tutti occupati per almeno due giorni.
Ciò che colpisce l’occhio più attento è l’immensità e la ricchezza che circondano queste persone, avvolte invece da vestiti rovinati, cartoni e povertà. Ferisce l’indifferenza del prete, del diacono, degli alti prelati, dei potenti del Vaticano, dei predicatori della misericordia e della speranza, proprio loro che con passo veloce e furtivo schivano il povero, l’affamato e il bisognoso. Si scostano alle richieste di aiuto e di amore, il dimenticato amore per gli ultimi, forse per loro meno importanti di ben altri pensieri.
(LucidaMente, anno XI, n. 128, agosto 2016)
Nancy Calarco