Questa e altre le considerazioni rilasciate da Roberto Giacobbo in un’intervista in esclusiva per “LucidaMente”. Però, Nostradamus…
Roberto Giacobbo, 52 anni, giornalista, nato a Roma, ma con infanzia e giovinezza trascorse in Veneto, a Bassano del Grappa, è oggi docente di Teoria e tecnica dei nuovi media presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Ferrara e vicedirettore di Rai 2. È noto soprattutto come autore radiofonico e televisivo. Tra le trasmissioni di cui è autore, ricordiamo Misteri per Rai 3, condotta da Lorenza Foschini, La macchina del tempo per Rete 4, condotta da Alessandro Cecchi Paone, Stargate – Linea di confine per Telemontecarlo, di cui è stato conduttore e coautore insieme a Irene Bellini, Voyager, trasmesso su Rai 2. Proprio per parlare de I grandi misteri di Voyager, trasmissione che ha riscontrato grande interesse di pubblico, Giacobbo è stato invitato venerdì 7 dicembre presso l’auditorium “Casalinuovo” di Catanzaro. L’evento è stato diretto da Raffaele Gaetano, presidente del centro studi Koinè. Al termine l’autore di Voyager si è lasciato intervistare in esclusiva per la nostra rivista.
Lei è laureato in Economia e Commercio: come è nata in lei la passione che l’ha fatta divenire autore di trasmissioni televisive?«Quando ho deciso di frequentare la Facoltà di Economia e Commercio avevo 18 anni. Dopo la laurea dovevo trovarmi un lavoro e cercavo qualcosa che mi desse più possibilità di ottenerlo. Ho cercato quindi di conseguire un titolo di studio che mi permettesse di svolgere la libera professione. Avevo intuito che comunque l’economia era un fulcro nodale della società. Durante gli studi, che erano molto intensi – consideri che il corso prevedeva 25 complessi esami –, non studiavo soltanto, ma contemporaneamente mi dedicavo alle mie passioni. Alla fine mi sono laureato e ho dato il numero di esami che mi potevano portare agli esami di Stato per poter esercitare la professione. Ma nel frattempo mi occupavo ancora di Storia e Archeologia».
Dunque, tutto ciò è stato costruttivo per la sua professionalità?«Ora all’Università di Ferrara, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, insegno Teoria e Tecnica dei nuovi media applicata a Lettere e Filosofia, inoltre divulgo Storia e Archeologia. Insomma, studiare non fa male, né fa diventare antipatici. L’importante è avere una mente libera, fresca e non fossilizzarsi su situazioni preconcette. Nel momento in cui si è aperti alla conoscenza e si ha l’esperienza per distinguere il bene dal male, il vero dal cialtronesco, ci si può permettere di affrontare qualunque tema, perché ci possono essere evoluzioni della ricerca, come è naturale. È così da sempre. Quando qualcuno afferma che la scienza è ormai arrivata a un certo punto, mi sembra di sentire quei medici che nel Seicento curavano tutto con le sanguisughe. Si è visto che si è andati molto più avanti».
Il filone del mistero per captare l’attenzione dei telespettatori è una sua intuizione. Ci tolga una curiosità. Per lei è più facile creare un mistero nel mistero o svelare un mistero?«Svelare un mistero è sempre molto complicato. Se è un mistero io non sono il primo che lo affronta e quindi sicuramente qualcun altro ci ha lavorato sopra. Ma, attraverso la chiave del mistero, possiamo conoscere meglio la storia. Io ricordo ancora una puntata che ebbe un grandissimo successo quando mi occupavo di Stargate per Tmc. Parlammo della Rivoluzione francese e la trasmissione fu vista da un gran numero di persone. Perché tale tematica? Perché stavo cercando di risolvere il problema legato al cuore di un bambino che aveva avuto come genitori i regnanti: Maria Antonietta e Luigi XVI, uccisi nel corso della rivoluzione. Lui doveva essere Luigi XVII, in realtà mai divenuto re. Molti dopo la rivoluzione sostennero di essere Luigi XVII, e per cercare di capire se quel cuore fosse del vero Luigi XVII si stava effettuando l’analisi del dna».
Come ha cercato di dirimere la questione?«Per risolvere tale problema ho affrontato tutta la Rivoluzione francese dal primo minuto fino alla fine, con una telecamera posta in basso per mostrare come potesse vederla un bambino che non sapeva di essere nobile ma che ha solo visto i suoi genitori portati via e uccisi. Ripercorremmo tutti i luoghi. Bene, quella puntata fu vista da quasi un milione di persone. Sfido chiunque a parlare per un’ora sulla Rivoluzione francese alle 23,30 e a coinvolgere un tal numero di persone. Ci son riuscito perché ne ero rimasto io stesso coinvolto. Per arrivare all’indagine ho dovuto ripercorrere l’intera storia. Se io ho un dubbio, devo far capire perché questo sia importante e lo posso fare solo se racconto bene le vicende storiche che hanno portato a quel dubbio».
Chi acquisisce notorietà deve aspettarsi anche delle critiche. Si parla di alcune sue considerazioni prive di fondamenti scientifici. Come risponde a questo modo di porsi nei suoi confronti?«Io non sono uno scienziato e non elaboro teorie. Se un giornalista pone delle domande a uno scienziato e poi riporta quanto detto da questi, la responsabilità di tali dichiarazioni non può essere attribuita a chi fa la domanda. Fa parte del gioco ricevere critiche. Mi ha divertito molto un lettore che una volta ha espresso una forte critica a un passo di un mio testo sulla cintura fotonica. In sei pagine del libro in cui tratto dell’argomento ho nominato per ben dodici volte lo scienziato che sostiene tale teoria, ma il succitato signore ha detto che ero stato io ad affermarla. Se ripeto per ben dodici volte il nome dello scienziato titolare dell’affermazione, limitandomi a riferire la notizia, o non si può trattare un determinato argomento (e in questo caso è censura e allora si cade nel più oscuro Medioevo) o, se qualcuno polemizza, lo faccia con lo scienziato e non col giornalista che ha scritto il pezzo».
Dando uno sguardo al suo curriculum si evince che lei ha lavorato per diverse emittenti televisive. Come è riuscito a muoversi in maniera così poliedrica nel settore?«Io ho avuto la fortuna di lavorare per quasi tutti i network. Tranne Italia 1, ho lavorato come autore e/o come conduttore per Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rete 4, Tmc, Canale 5. Così come ho realizzato programmi televisivi, ho anche scritto libri per diversi editori: prima per Stampa alternativa, poi per Newton & Compton editori, Giunti, Rizzoli e Mondadori. È un modo di variare la propria professione. Il minimo comune denominatore di tutto questo è la serietà, la voglia di fare, la dedizione e non aver paura di lavorare».
Il 21 dicembre si avvererà la profezia del Maya?«I Maya prevedono la fine di un millennio a fine dicembre, ma non intesa come fine del mondo. A questo punto io parlerei anche di Nostradamus. Egli era uno studioso che esaminò tanti libri all’epoca custoditi nelle biblioteche più importanti, in genere collocate entro i monasteri. In anticipo su Galileo Galilei aveva capito la correttezza della teoria eliocentrica e, prima della scoperta del microscopio, l’esistenza dei microrganismi nei luoghi in cui non vi è cura dell’igiene. Si ipotizza custodisse in un libro tutti i propri studi. In una sua profezia dichiara che verrà un tempo in cui ci sarà una rivelazione in campo religioso cui seguiranno 400 anni di pace. Il bello è che pochi mesi fa è stata tradotta un’incisione su pietra dei Maya dove c’è il conteggio degli anni dopo il mese di dicembre del 2012. Quanto tempo? Coincidenza: 400 anni».
Un’ultima domanda: lei è cattolico?«Sì. E certamente non me ne vergogno».
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Le immagini: Roberto Giacobbo nel corso dell’evento e con la nostra redattrice.
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)