Lo sperpero di risorse finanziarie e umane dell’Occidente è giunto al capolinea. Che fare?
Le “illusioni collettive” sono errori evidenti cui tutti credono fermamente; modi di pensare, notizie senza alcun fondamento, collegamenti impropri che finiscono per invadere ogni ambito della nostra vita. Esempi di tali idiozie si trovano ovunque, dai contestatori contro lo stoccaggio di inesistenti bombe nucleari ai pensionati che lamentano pensioni da fame, pur ricevendo il doppio o il triplo di quanto da loro versato e comunque molto di più dei loro nipoti al lavoro. O i dipendenti pubblici con la loro litania delle paghe basse, nonostante siano dei privilegiati cui lo Stato garantisce il lavoro anche quando non necessario e li paga decisamente di più di quanti stanno sotto padrone.
Oppure il pagamento delle tasse che viene attribuito (e anche questa è una litania) solo ai dipendenti, dimenticando che i soldi escono dalle tasche dei datori di lavoro. Infine – ma l’elenco sarebbe molto più lungo –, il giudizio comune su chi lavora bene: il lavoratore preciso! Ricordo una pubblicità della Lavazza in cui uno svizzero faceva il caffè, Bonolis lo assaggiava e lo sputava dicendo: «Ma è una schifezza!» e lo svizzero rispondeva «Sì, ma è preciso!». Ostacoli a non finire, dunque, ai fantasiosi-creativi e neanche parlare di fenomeni come Caravaggio o Leonardo, famosi per i molteplici errori e i lavori lasciati a mezzo a causa del loro continuo cercare il nuovo e il meglio: spazio solo a pedissequi e mediocri esecutori, oltre che ai soliti raccomandati, ai pagatori di tangenti e agli zerbini umani.
Ma una società così non può reggere a lungo e i nodi vengono sempre al pettine, come la frana economica in corso dimostra con i suoi argini crollati e il pessimo futuro che ci prospetta. Bisognerebbe reagire nel piccolo e nel grande. Già vent’anni fa, se liberi da condizionamenti e dai pregiudizi dell’intellighenzia, si sarebbe potuto pronosticare il crollo dell’Occidente a mezzo shock finanziario “entro 15 o 20 anni”! Oggi occorre una nuova visione sociale che eviti gli errori del passato, una “Quarta via”. Non più il crudele liberismo o l’impraticabile socialismo o il prodigo interventismo (detto anche keynesiano) e nemmeno l’untuoso monetarismo, ma una convivenza separata di questi mondi così da rispettare la dignità umana e lasciare che i singoli emergano secondo le rispettive qualità e specificità: questa l’unica possibilità per far sopravvivere il nostro mondo.
Quanto sta succedendo è già avvenuto nell’augusto impero, ove i cives romani non vollero rimboccarsi le maniche e ricominciare da un modello più sobrio di società. Trucchi e tecnologie bastarono a farlo sopravvivere un altro po’, ma la fine fu inevitabile; toccò allora ai monaci benedettini conservare il meglio della società e tramite l’organizzazione militare-religiosa della “Regola” serbarono la memoria dei libri e ricostruirono la civiltà in Europa: uomini eroici che hanno sacrificato le loro vite affinché sopravvivesse la dignità dell’uomo, vero patrimonio dell’Occidente. Se vogliamo, possiamo ancora evitare il sacrificio futuro di moltissime generazioni, ma il tempo è ormai poco.
Ivano Rizzo
(LucidaMente, anno VII, n. 80, agosto 2012)