Si è sempre più diffusa, negli ultimi anni, la pratica di ricostruzione dell’imene, volta al recupero della perduta verginità fisica della donna. Non esistono statistiche certe, ma si parla di migliaia di interventi. Nel mondo islamico, ma anche in Occidente. E in Italia. Che spiegazione dare a questo fenomeno in una società come la nostra in cui, sempre di più e, mi permetto di dire, più che giustamente, la donna sembra ormai libera dall’obbligo della verginità? E in quelle culture in cui, al contrario, essa è ancora ritenuta un valore irrinunciabile, qual è il senso e lo scopo di una ricostruzione fittizia?
Nel tentativo di capire le ragioni alla base del diffondersi di tale pratica parliamo con Alberto Poli, rinomato specialista in Chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva, operante tra Milano e Bologna, oltre che all’estero.
La ricostruzione dell’imene è una realtà?
«Sì, lo è. Nella mia esperienza personale non sono moltissime le richieste di questo intervento in Italia, ma ho lavorato in Sud America e lì sono molte di più. In Italia si tratta di un fenomeno limitato, ma comunque presente».
Più o meno di quanti interventi all’anno si tratta? E la richiesta viene più da donne italiane o da immigrate?
«Sono a conoscenza di circa una cinquantina di pazienti all’anno. La percentuale, tra straniere e italiane, è approssimativamente di 70:30».
Quali sono secondo lei le motivazioni che portano una donna a tale scelta? E pensa che le motivazioni siano diverse per una donna italiana, o comunque di cultura cristiana e/o occidentale, e per una di religione islamica?
«Le ragioni principali per le quali viene eseguita la imenoplastica nascono da principi culturali, etnici e religiosi relativi al fatto di arrivare vergini al matrimonio; altre donne vanno in cerca del piacere di sentirsi vergini nuovamente o come un atto di amore per il compagno o marito. Ci sono anche altri motivi, propri dell’infanzia o adolescenza, come quando i genitori richiedono la ricostruzione della membrana perché è stata rotta a seguito di un trauma o perché la bimba è nata senza imene. Altre volte l’obiettivo della donna è un generale ringiovanimento, in questo caso all’imenoplastica si accompagnano interventi estetici sui genitali esterni».
Quali sono i rischi e i tempi di recupero di questo intervento?
«Il costo in Italia è intorno ai 4 mila euro, poi dipende dai paesi e naturalmente dai medici. I rischi dell’intervento sono gli stessi di qualsiasi altra procedura chirurgica in cui il paziente sia sottoposto ad anestesia locale o generale. La durata dell’intervento varia dall’ora alle due ore. La ripresa delle attività quotidiane meno pesanti può avvenire in genere già il giorno successivo, la guarigione totale avviene in circa sei settimane».
Ritiene che tale intervento abbia un impatto psicologico sulla persona maggiore rispetto alla normale chirurgia estetica?
«Non penso che sia così. Diciamo che ogni intervento di chirurgia plastica viene preceduto da una grande motivazione personale che influisce fortemente sul comportamento psicosociale delle persone. Per uno specialista, si affrontano questi casi come qualsiasi altra procedura chirurgica, con rispetto, comprensione e discrezione. Ci sono anche alcuni casi in cui i motivi della richiesta della imenoplastica sono molto importanti, come per esempio l’abuso sessuale. Alla fine, sarà sempre lo specialista a determinare se la paziente è adatta fisicamente, moralmente e psicologicamente a essere sottoposta alla procedura».
Evidenti contraddizioni
Ringraziando Poli per la chiarezza delle sue spiegazioni, non possiamo non notare le ennesime contraddizioni del nostro tempo. Qualche tempo fa un’ex partecipante al Grande Fratello offrì la sua presunta verginità per un milione di euro. Una provocazione fatta per conquistare qualche copertina, ma che altrove è una drammatica realtà. A Dubai una notte con una vergine è pagata circa 6 mila euro, ragion per cui prostitute poco più che bambine vengono sottoposte ad imenoplastiche a ripetizione. Diversi i modi e le ragioni, ugualmente lesa la dignità femminile.
Da una parte, la disperata condizione di quelle donne che a simulare la verginità sono costrette dalle circostanze: per sfuggire al ripudio di un marito, alle botte di un padre, all’emarginazione di una società, a volte persino alla lapidazione. E allora ben venga anche l’inganno, pur con dolore, pur con la consapevolezza che non è questa la soluzione.
Dall’altra, realtà più vicine a noi ma ugualmente difficili da comprendere. Come quella di chi con un intervento tenta di cancellare il passato e le esperienze negative, di ricucire con il filo chirurgico lo strappo di una violenza, o semplicemente di chi, a ben guardare, più che la verginità fisica rimpiange la giovinezza che di norma l’accompagna.
Poi scappa un sorriso, magari un po’ amaro, per quelle mogli che, al posto della solita cravatta, decidono di regalare al marito per il decimo anniversario una nuova prima notte, con un imene nuovo di zecca. Potere della noia, della nostalgia o forse, in qualche sua bizzarra forma, anche dell’amore.
Bizzarre alternative
Intanto il mondo non si ferma. La Cina ha appena lanciato sul mercato un’alternativa rapida, indolore ed economica: l’imene artificiale. Un piccolo oggetto da acquistare all’emporio, che rilascia pure un liquido simile al sangue. Altro prodotto molto in voga nel mondo islamico è il verginity soap: un sapone dall’effetto molto astringente, in grado di ricompattare la fantomatica membrana, o almeno di darne la sensazione.
Per concludere…
In Occidente si richiedono seni e glutei perfetti, e il ricorso alla chirurgia plastica a tal scopo è sempre più frequente. Altrove, dove il corpo della donna è per obbligo nascosto, sembrerebbe più importante come è fatta dentro. Ma nessuno si illuda, non stiamo parlando di anima.
Ringraziamo Alberto Poli e Veronica Barrero:
• Aaesthetics-Milano-Bologna-Svizzera-Londra-Rio de Janeiro
• www.2creativism.com/sites/doctorpoli/index.html
• http://www.aaesthetics.com/
• mailto:%20Polimd@gmail.com
Viviana Viviani
L’immagine: particolare del dipinto Danae (1612, olio su tela, Saint Louis Art Museum) di Artemisia Gentileschi (Roma, 8 luglio 1593 – Napoli, 1653).
(LucidaMente, anno V, n. 49, gennaio 2010)
Ci sono anche altre soluzioni per tornare vergine. Per esempio, l’imene artificiale.