Due sport diversi tra loro, due differenti modi di sentirsi primattori: i campionati italiani di Milano e Roma
Quello scorso è stato un mese decisivo per due sport agli antipodi come il calcio e il tiro a segno. Del primo abbiamo potuto seguire in televisione le partite dei Mondiali. Del secondo – disciplina ai più ancora sconosciuta o quasi – si sono svolti i Campionati italiani. In particolare: per le categorie uomini, donne, master, a Milano dal 10 al 13 luglio; per juniores, ragazzi e allievi, a Roma dal 24 al 27 dello stesso mese. E proprio nella suggestiva cornice del singolare poligono romano, dalle sembianze di un vero e proprio castello, abbiamo avuto il piacere di assistere di persona al secondo evento.
Appena arrivati abbiamo già respirato aria di festa. Una dimostrazione – per noi tanto “strana” quanto rassicurante – che tutti i campioni partecipanti avevano un comune denominatore: l’amore e il rispetto per lo sport e soprattutto per gli avversari. In altri termini, nel tiro a segno l’abito non fa il monaco. Muniti di vere e proprie armi – da fuoco e ad aria compressa – i tiratori ci hanno dato una grande lezione: quegli stessi fucili e pistole altro non sono che il mezzo col quale esprimere il proprio talento nell’ambito di una manifestazione nella quale tutti sono sul medesimo piano. Al momento del pranzo, sotto l’enorme gazebo predisposto, si sono seduti allo stesso tavolo avversari che si sarebbero affrontati poco più tardi. Li abbiamo sentiti parlare del più e del meno, augurarsi a vicenda una buona gara, nonché di rivedersi ai campionati dell’anno prossimo. E al momento della competizione, abbiamo udito dagli allenatori raccomandazioni comunque rispettose degli avversari.
Ci ha fatto particolare piacere incontrare Niccolò Campriani (Fiamme gialle), medaglia d’oro e d’argento ai Giochi di Londra 2012, reduce peraltro dall’oro conquistato recentemente alla Coppa del mondo di Pechino nella carabina 3 posizioni, nonché della vittoria del premio fair play “Promozione dello sport”. Il campione fiorentino era difficilmente riconoscibile in mezzo alla moltitudine dei giovani partecipanti all’evento romano. La sua modestia – caratteristica ben apprezzabile in una persona del suo livello sportivo – già gli si leggeva in faccia.
In tema di fair play, non possiamo fare a meno di pensare agli incresciosi fatti che costantemente si susseguono nel mondo del calcio. Chi non ricorda le gratuite scorrettezze (vedi il morso di Suarez a Chiellini) e i violenti scontri fisici volutamente occorsi fra i giocatori nel corso dei Mondiali con le gravi conseguenze che tutti conosciamo (ad esempio, per Neymar)? Oppure le rozze affermazioni dal sapore razzista – che stanno creando scompiglio nel mondo del pallone – provenienti da Carlo Tavecchio, candidato alla presidenza della Federcalcio italiana? O, ancora, l’assurda morte di tifosi che hanno la sola colpa di sostenere una squadra avversaria?
Non vogliamo certo generalizzare, ben sapendo che esistono pure tifosi di calcio rispettosi e civili. Piuttosto vogliamo interrogarci sull’origine di simili comportamenti deprecabili. Il tiro a segno, pur essendo uno sport d’elite, non prevede l’arricchimento economico dei campioni; mentre tutti noi conosciamo le cifre con le quali vengono pagati i giocatori di calcio, specie quelli di serie A. Sembrerebbe quindi che, ancora una volta, il dio denaro vinca sugli altri valori. Eppure noi siamo convinti che non si tratti affatto di una vittoria, quanto piuttosto di una inesorabile e definitiva perdita di quelle virtù essenziali che, più di tutte, dovrebbero accomunare gli umani.
Le immagini: momenti di competizione e premiazione ai Campionati italiani di tiro a segno tenutisi presso il Poligono di Roma.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno IX, n. 104, agosto 2014)