La chiamano “riqualificazione” delle zone degradate o semplicemente periferiche. In apparenza, tutto bello, buono e giusto. Grazie anche ad eminenti architetti, ecco una periferia trasformata in zona centrale e appetibile per i gusti dei più, anche in quanto apportatrice di consumismo per il gran numero di centri commerciali.
Essa, inoltre, viene “nobilitata” da visite di illustri personaggi politici e del mondo cultural-artistico e gratificata dalla presenza di attività culturali. Peccato che, in genere, queste ultime siano “passive”: per esempio, vi si fa una sala per ascoltare musica, ma non una scuola per insegnarla.
Tutti felici e contenti? – Fosse tutto qui… La “riqualificazione” presenta alcuni svantaggi per i residenti della zona: essa è divenuta, chissà perché, ora che è passata da una pace bucolica ad un via vai di automobili accavallate una sull’altra e che ha cambiato la sua aria relativamente pulita in una miscela di gas di scarico, più appetibile a ricchi e arricchiti che prima la schifavano. Costoro, attirati dalla “cultura” passiva di cui dicevamo prima e dalle architetture svettanti, adesso pagherebbero oro per abitarci. Ed effettivamente lo fanno: quindi i vecchi abitanti periferici di bassa condizione economica vendono di corsa, increduli, i loro fatiscenti appartamenti ad un prezzo quintuplo di quello che valeva tre o quattro anni prima. E se ne vanno a cercare una nuova periferia dove abitare da arricchiti.
Essere tacitamente cacciati di casa – Facendo salire i prezzi anche lì. Nel frattempo spuntano come funghi agenzie immobiliari che, fiutato l’affare, iniziano a stimolare la compravendita nella zona. E i prezzi salgono ancora. Quando il “nuovo” quartiere è abbastanza pieno di ricchi, abituati ad un certo tenore di vita, questi iniziano a chiedere nuovi servizi e lussi, che difficilmente i pochi residenti iniziali che ancora resistono saranno in grado di pagare (anche perché tutti i prezzi dei negozi della zona saranno aumentati); quindi, anche questi ultimi eroi resistenti saranno prima o poi estromessi dalla loro zona di nascita.
E, ancora, nuove periferie e nuove speculazioni – Magari, la casa dove abitavano non era la loro e quindi non hanno potuto fare il “business” di “compro a 65 milioni di lire e vendo a 700.000 euro”. E non possono certo pagare un affitto di 1.500 euro. Cercheranno allora nuove periferie, sempre più lontane, e forse in campagna; in attesa che una nuova riqualificazione li estrometta anche da lì. Vale la pena e a chi conviene riqualificare le zone periferiche? Se conviene a qualcuno, è alle finanziarie, agli speculatori e ai “ricchi” senza problemi di portafoglio.
L’immagine: particolare de La costruzione di un palazzo (1515-20, Sarasota, The John and Mable Ringling Museum of Art) di Piero di Cosimo (Firenze, circa 1462-ivi, circa 1521).
Giuseppe Casagrande
(LucidaMente, anno II, n. 15, marzo 2007)