A pochi giorni dall’agognato ritorno in aula, una riflessione sull’impatto psicologico che ha avuto la pandemia da Covid-19 sui giovani
Lunedì 14 settembre 2020 riapriranno le scuole: nelle ultime settimane la ministra all’Istruzione Lucia Azzolina lo ha ribadito a più riprese, sebbene ci siano ancora delle grosse incognite da risolvere. Per esempio, non è stata ancora sbrogliata la questione riguardante l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale – come la mascherina – da parte degli studenti: sarà obbligatoria per tutti oppure no? O ancora, a chi è demandato il compito di misurare la temperatura degli allievi?
Mentre i decreti si susseguono affannosamente, proviamo a riflettere sul malessere vissuto dai giovani in questo ultimo anno segnato dal coronavirus. Infatti, oltre ai grandi problemi logistici e organizzativi che ancora persistono, è necessario parlare anche delle difficoltà e dei disagi psicologici che molti bambini e ragazzi hanno dovuto affrontare durante lo scorso anno scolastico. Come riportato in un articolo di Tiziana Metitieri per Valigia Blu, le fasce di età più basse sono quelle che più hanno sofferto il cosiddetto “impatto indiretto della pandemia”. Privati da un giorno all’altro di una quotidianità fatta di banchi e di compagni, i giovani italiani hanno faticato molto ad adattarsi alla nuova routine cui la quarantena ci ha costretti. Ciò ha dato come risultato disturbi psicologici di varia natura, da lievi forme di depressione a stati d’ansia, come riportato in questo articolo del Sole24Ore.
È dunque accettabile che un Paese, in piena pandemia da Covid-19, si preoccupi molto di più dello stop delle discoteche, quando le scuole di ogni ordine e grado sono state chiuse a marzo e nessuno pare esserne stato turbato più di tanto, mentre i giovani soffrivano in silenzio?
Non a caso, molti studenti e insegnanti hanno percepito un grande senso di abbandono, soprattutto da parte delle istituzioni: nei mesi di lockdown la questione scuola non è mai stata affrontata seriamente. Molte decisioni sono tuttora delegate alle Regioni e ai singoli istituti, a dimostrazione di poco interesse nei confronti degli allievi e dei professori. La didattica a distanza, tanto elogiata dai nostri rappresentanti, ha dimostrato ben presto i suoi limiti, che ancor’oggi non sono stati superati: ha acuito per esempio il divario tra ricchi e poveri, impedendo a questi ultimi di seguire le lezioni anche per mesi, poiché privi di tablet o computer. Inoltre, la clausura forzata e l’impossibilità di socializzare, attività fondamentali nel periodo dello sviluppo, hanno avuto delle conseguenze importanti sulla psiche di molti bambini e adolescenti.
Nella speranza che il nuovo anno scolastico si svolga regolarmente, ci auguriamo che il tema della scuola diventi finalmente un punto cruciale nell’agenda politica italiana e che vengano risolti una volta per tutte gli annosi problemi che caratterizzano l’istruzione in Italia, frutti di tagli e mancati investimenti.
Isabella Parutto
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 177, settembre 2020)