Segnali incoraggianti arrivano dal primo contratto collettivo per fattorini, ma il mondo delle consegne a domicilio non sembra vivere la sua stagione migliore
La morte di un rider a Bologna a causa di un incidente stradale ha riacceso i riflettori sulle condizioni lavorative dei fattorini del food (e non solo) delivery. Fra precarietà, salari irrisori e rischi per la sicurezza, quella dell’«economia dei lavoretti» è una vera e propria odissea (ne abbiamo già parlato su LucidaMente: leggi L’odissea dei riders: ecco chi paga il prezzo della “gig economy”).
Qualcosa però sembra essere cambiato. A maggio 2019 infatti, Filt, Fit e Uiltrasporti – sigle sindacali del settore trasporti di Cigl, Cisl e Uil – hanno firmato, con l’azienda di Firenze Laconsegna srls, il primo contratto collettivo per «addetti alla distribuzione delle merci con cicli, ciclomotori e motocicli». L’applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro Logistica Trasporto Merci e Spedizioni (vedi Gig economy, arriva il contratto per i riders), in via inizialmente sperimentale, ha avuto luogo per venti lavoratori. In previsione, però, di un ampliamento di organico da parte dell’azienda fino a circa duecento dipendenti. Benché applicato a un numero esiguo di lavoratori e non ancora alle grandi compagnie che si occupano di consegne a domicilio (Deliveroo, Glovo, JustEat) la firma del primo contratto nazionale è sicuramente significativa. In primo luogo, perché si tratta di un apripista, destinato a favorire futuri accordi fra aziende del settore e sindacati. Inoltre, seppur sperimentale, l’accordo è suscettibile di espansione, inizialmente – si prevede – all’intera Regione Toscana. Occorre poi tenere presente il fattore più importante: i vantaggi concreti per i lavoratori. Viene loro garantito lo status di lavoratori subordinati, con tutte le tutele previste: salario, assicurazione e previdenza. Inoltre, del costo dell’attrezzatura si farà carico l’azienda.
Qual è invece la situazione dal punto di vista dei giganti delle consegne? Apparentemente le assunzioni sempre aperte e il moltiplicarsi di fattorini su due ruote nelle strade di tutta Italia possono far pensare a una crescita florida e costante del settore. In realtà, secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Times, tutte le principali multinazionali della delivery soffrono. A cominciare dalla statunitense Uber, che possiede un proprio servizio per le consegne di cibo, UberEats. Il collocamento del colosso della sharing economy sul mercato azionario, sebbene molto atteso, si è rivelato decisamente negativo.
Anche l’inglese Deliveroo non se la passa benissimo: gli ultimi bilanci riportano perdite per circa 180 milioni di euro (su questo tema: Il food delivery è in crisi?). Ancor più significativo è il caso di JustEat: rispetto ai concorrenti Uber e Deliveroo, il servizio di spedizione pasti con sede a Londra sembra perdere costantemente terreno. L’aumento delle vendite – come riporta ancora il Times – si è infatti assestato su cifre ben inferiori alle aspettative. In questo caso è bene ricordare che altri fattori possono aver influito sull’andamento negativo di JustEat: problemi con la concorrenza, discusse scelte di mercato e indecisione a livello di management – da più di sei mesi infatti il posto di amministratore delegato risulta vacante. Abbiamo contattato, in esclusiva per LucidaMente, l’ufficio stampa di JustEat, interessati a comprendere quali figure professionali e quali strategie vengono messe in campo per sviluppare un servizio di consegne a domicilio.
Servizio che, per i non addetti ai lavori, appare semplice e univoco: i clienti ordinano tramite una app per smartphone e ricevono la merce direttamente a casa. La risposta fornita da JustEat alla nostra richiesta di potere conoscere «il funzionamento interno di una azienda di food delivery» è stata che «trattandosi del focus consegna e non avendo JustEat la delivery come asset di business preferiamo per ora non rilasciare questa intervista». Dietro il formalismo di questa affermazione sembra manifesta l’intenzione di non voler prendere una posizione ufficiale su temi abbastanza delicati: dalla mancanza di tutele dei lavoratori, denunciata dagli stessi, agli andamenti pericolosamente oscillanti in borsa (Londra: Just Eat scende verso 604,3 centesimi di sterlina).
Sullo sfruttamento dei giovani nell’economia dei lavori saltuari leggi anche il nostro Ong, cosa si nasconde dietro la pettorina dei “dialogatori”.
Le immagini: un fattorino di JustEat (© www.justeat.it); una protesta di riders (© Agenzia Dire).
Edoardo Anziano
(LucidaMente, anno XIV, n. 163, luglio 2019)