Lo scrittore e giornalista ci racconta, in esclusiva per “LucidaMente”, come sia possibile, attraverso un’associazione, tramandare la tragica storia recente del nostro Paese alle nuove generazioni
Le stragi che hanno insanguinato la Repubblica rischiano di essere dimenticate dai giovani. Vi è una storia italiana, recente, fatta di terrorismo, di mafie, di criminalità organizzata di cui si parla poco nelle scuole e sui giornali. L’associazione Piantiamolamemoria ha ideato un metodo efficace per risvegliare nei ragazzi curiosità e passione per la conoscenza. La novità introdotta è l’utilizzo di linguaggi multimediali e una comunicazione autentica che coinvolge immediatamente gli ascoltatori.
L’associazione, nata a Bologna nel 2013, si è assunta l’impegno sociale di raccogliere i “semi” della memoria e “piantarli” nel cuore e nella mente dei più giovani. Sono già diversi i progetti formativi e divulgativi attuati nelle scuole primarie e secondarie di Bologna e provincia, in collaborazione con altre regioni italiane. Uno dei punti di forza del progetto è la testimonianza emotiva e diretta dei sopravvissuti agli eventi e dei familiari delle vittime. Attraverso l’esperienza empatica i ragazzi apprendono con interesse i fatti accaduti, e comprendono che è possibile trasformare la paura in coraggio, l’angoscia in speranza. Per saperne di più, abbiamo intervistato, per la rivista LucidaMente, lo scrittore, giornalista freelance, esperto di comunicazione e storia contemporanea Riccardo Lenzi, presidente e cofondatore di Piantiamolamemoria.
Riccardo Lenzi, intanto grazie per la sua disponibilità. Lei è uno dei fondatori e presidente dell’associazione Piantiamolamemoria. Perché questo nome?«L’associazione prende il nome da un progetto che aveva lo stesso titolo. Nel 2012, quando ancora l’associazione non esisteva, presentammo con Legacoop Bologna e Libera dei laboratori in parallelo su due scuole medie, quella di Marzabotto e una del quartiere Zen di Palermo. Il lavoro si concluse, nelle giornate di commemorazione, con un viaggio nei luoghi delle stragi di via D’Amelio e della stazione di Bologna. I ragazzi documentarono anche le loro “gocce di memoria” con un lungometraggio (Piantiamolamemoria 2012), pubblicato su YouTube».
Da dove nasce l’idea di un’associazione sulla memoria?«Negli ultimi anni ho maturato la convinzione che, per divulgare la conoscenza storica sul terrorismo, la mafia e le organizzazioni criminali, non è sufficiente scrivere libri. Da un’indagine svolta, tempo fa, dalla regione Emilia-Romagna nei licei di Bologna, emerse che la maggioranza degli studenti credeva che la strage del 2 agosto fosse opera delle Brigate Rosse. Un dato allarmante, che mi fece riflettere. Da lì è nato il desiderio di informare i giovani sui fatti e sulla verità storico-giudiziaria già disponibile negli atti dei processi. È inaccettabile che l’insegnamento della storia nelle scuole arrivi solo fino alla seconda guerra mondiale. Perciò ho cercato di coinvolgere persone con varie competenze, trovando sinergie con altre associazioni, come il centro musicale PocArt e l’associazione culturale Dry-Artper raccontare gli eventi storici con linguaggi multimediali, audiovisivi, artistici e creativi. Ho pensato di portare la testimonianza diretta di sopravvissuti e familiari delle vittime, in grado di stimolare interesse, emozioni e riflessioni nei ragazzi. Da allora abbiamo iniziato a presentare progetti alle scuole e alle istituzioni. Sulla scia dei successi raggiunti abbiamo deciso di sviluppare la formula in modo più strutturato e continuativo, concentrandoci sulla storia del terrorismo e delle mafie».
Quali attività avete svolto finora?«Dal 2013 abbiamo costruito una collaborazione continuativa con la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige, già promotrici della Piattaforma delle resistenze contemporanee. Collaboriamo anche con gli infermieri del Collegio Ipasvi di Bologna, con Arci, Ancescao e altre realtà associative. Abbiamo organizzato alcuni trekking urbani, portando giovani e adulti sui luoghi della memoria, nel centro storico di Bologna. Quest’anno abbiamo condiviso con le associazioni Ombre sulla Repubblica e PrendiParte l’organizzazione degli Stati generali della memoria, che hanno visto la partecipazione, tra gli altri, dell’attore Matteo Belli, dello scrittore Marcello Fois e dei professori universitari Alessandro Barbero, Luigi Alfieri e Federica Zanetti. Attualmente siamo impegnati anche nel Comitato bolognese per la verità sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini».
Partecipando ai laboratori con i ragazzi, qual è l’esperienza più significativa e coinvolgente che ha avuto?«È stato importante per me cogliere l’interesse che si manifestava nella loro richiesta, anche a distanza di tempo, di continuare a saperne di più sulla storia del terrorismo e le memorie ancora vive. L’emozione più forte è stata quella di rendermi conto del ruolo fondamentale dei testimoni, i familiari delle vittime e i superstiti di queste vicende. I loro racconti, intrisi di emotività e allo stesso tempo di coraggio nel volere narrare la loro storia personale ai bambini e ai ragazzi. E nel vedere come la forza e la speranza di andare avanti, nonostante il dolore, siano stati trasmessi in modo incisivo. Mi ha colpito, inoltre, la disarmante lucidità dei bambini, nel chiedere semplicemente “chi è stato?” e “perché?”. Domande cui gli adulti, ancora oggi, non sanno rispondere, per via dei molti segreti (a lungo definiti, erroneamente, “misteri”), della disinformazione e di una debole memoria collettiva. Ho constatato anche che i ragazzi, se sollecitati nel modo giusto, non sono così apatici e disinteressati come spesso vengono descritti. Basta solo usare una comunicazione autentica, un linguaggio nuovo e restituire loro un ruolo attivo».
Quali progetti futuri avete in programma?«Formare dei nuovi operatori che abbiano conoscenze storiche in tema di terrorismo, di violenza politica e criminalità organizzata, oltre alle necessarie competenze didattiche. Offrire una piattaforma on line per i docenti che vogliono scaricare materiali multimediali, documentazioni di inchieste giudiziarie e parlamentari. Per esempio, esistono già il portale della Rete degli archivi per non dimenticaree il sito mappedimemoria. Quest’ultimo contiene informazioni sulle tre stragi ferroviarie “bolognesi”: l’Italicus del 4 agosto 1974, la stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e il rapido 904 del 23 dicembre 1984.
Chi volesse conoscere meglio le attività dell’associazione Piantiamolamemoria e sostenere le sue attività, può consultare anche il dvd, diretto dal regista Marco Coppola, Tra le pagine della nostra storia (presso la Biblioteca dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna). Essa collabora inoltre con l’Associazione fra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, con cui sta portando avanti diversi progetti per non dimenticare. Se volessimo sintetizzare in poche righe la sua “missione”, potremmo usare le parole di Tina Anselmi: «La cosa più giusta che noi tutti adulti possiamo fare è dare fiducia alla saggezza dei ragazzi e delle ragazze e non togliere loro, con la nostra presenza ingombrante, lo spazio per vivere e per maturare. La cosa più giusta che possiamo fare è testimoniare, è ricordare loro che la democrazia è un regime difficile da vivere, ma è l’unico in grado di garantire la libertà e la dignità di ciascuno di noi».
Sabina Leggio
(LucidaMente, anno XII, n. 133, gennaio 2017)