Tra resistenza e adattamento, esiste una soluzione per sopravvivere alle grandi trasformazioni che stiamo vivendo
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», dice Tancredi a suo zio, il principe di Salina, ne Il Gattopardo (1958), romanzo postumo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957). Anche se il significato nel romanzo è diverso, questa frase si adatta al momento storico che stiamo vivendo. Oggi le trasformazioni sono molto rapide: l’essere umano deve affrontare sfide sempre più difficili (cambiamenti climatici, ambientali, sociali e culturali, guerre, migrazioni di massa, crisi delle risorse, disoccupazione), che mettono a rischio la sua stessa sopravvivenza.
Per far sì che «tutto rimanga come è» dobbiamo appunto «cambiare tutto», a partire dal nostro comportamento quotidiano. In quest’epoca di grandi mutamenti, all’uomo è chiesto di essere “resiliente”, cioè adattabile a nuove condizioni, e di trovare soluzioni che garantiscano la continuazione della specie. La resilienza è una caratteristica propria di diversi ambiti: in ecologia e biologia è la capacità di un organismo di autoripararsi dopo un danno; nella tecnologia dei materiali è la resistenza alla rottura; in psicologia è l’abilità di reagire di fronte ai traumi (per approfondire: www.treccani.it/enciclopedia/resilienza/ e www.treccani.it/vocabolario/resilienza/). È quindi un concetto che rimanda sia alla resistenza sia all’adattamento e si potrebbe spiegare come la qualità, di un essere vivente o di un materiale, di mantenere intatti alcuni suoi attributi a seguito di eventi sconvolgenti. Essere resilienti oggi significa innanzitutto comprendere le nuove sfide e capire che i cambiamenti in atto sono fenomeni strettamente collegati tra loro, ognuno è causa e conseguenza dell’altro, e vanno considerati come un ingranaggio in un sistema più ampio.
Essi vanno perciò approcciati come un’unica, grande questione, secondo politiche globali che tengano conto contemporaneamente di diversi settori (agricoltura, energia, mobilità, urbanistica, ambiente). Poiché non è possibile tornare indietro nel tempo, l’unica cosa da fare è trovare nuovi equilibri: per esempio, se, rispetto al passato, la vivibilità di alcune zone del pianeta è compromessa dalle mutazioni del clima, che generano eventi catastrofici sempre più frequenti (quali inondazioni o uragani), oltre a fare in modo che la situazione non peggiori, vanno studiate risposte alternative che si adattino all’attuale contesto (come quelle abitative per evitare lo spopolamento). Oppure, se alcune città hanno il problema opposto, quello del sovrappopolamento, sarà necessario pensare a piani di sviluppo urbano sostenibili, rispettosi sia dell’ambiente sia delle esigenze della comunità (servizi, trasporti e così via).
Per fare ciò, occorre sviluppare una “coscienza resiliente” nelle istituzioni e nelle persone, al fine di comprendere meglio l’entità dei cambiamenti e indurre a modificare i propri comportamenti. In tutto il mondo stanno nascendo iniziative in questa direzione: 100 resilient cities è un movimento globale a sostegno dei centri abitati per affrontare i mutamenti atmosferici, sociali ed economici; il Patto dei sindaci riunisce invece migliaia di governi locali impegnati volontariamente a implementare gli obiettivi della Comunità europea su clima ed energia; l’Osservatorio della resilienza è la prima esperienza nazionale dedicata ad approfondire il tema dal punto di vista scientifico, artistico e materiale, attraverso la mappatura delle più significative tappe che promuovono la resilienza dei territori. E, ancora: il Culture of resilience a Londra, il Festival della resilienza in Sardegna (giunto al suo quarto anno) e il Festival resilienze a Bologna (la cui seconda edizione si terrà dal 7 al 9 settembre 2018 presso le Serre dei Giardini Margherita, in via Castiglione 134).
L’obiettivo non è unicamente creare una cultura della resilienza, cercando di raccontarla attraverso linguaggi diversi (arte, cinema, fumetto, teatro), aprendosi ai contributi di tutti (tramite bandi e opencall), mettendo a confronto esperienze, progetti e iniziative e promuovendo la collaborazione e l’ispirazione reciproca, ma soprattutto far riflettere e spingere a modificare le proprie abitudini.
In un mondo in costante divenire, un “atteggiamento resiliente”, capace di rispondere in modo propositivo alle nuove sfide, e una cooperazione mondiale stanno diventando necessari per trovare soluzioni definitive alle problematiche contemporanee. Infatti, è solo agendo con un obiettivo comune (la sopravvivenza dell’essere umano e del pianeta) e cambiando quotidianità e prospettive – utilizzare mezzi e risorse sostenibili, uscire dalla logica consumistica a favore di una cultura del risparmio e del riuso, cercare di assumere atteggiamenti più rispettosi verso l’ambiente che ci circonda – sarà possibile ottenere dei risultati. Altrimenti, sarebbe come voler ristrutturare una casa che crolla, ricostruendo soltanto le pareti e tralasciando le fondamenta.
Elena Giuntoli
(LucidaMente, anno XIII, n. 153, settembre 2018)