Oggi si sceglie il biologico, l’equosolidale, il km 0, si ripudiano gli Ogm, si boicottano i grandi marchi dell’industria alimentare. È voce della coscienza o è solo moda?
Devo partire, devo prendere un treno, devo tornare a Bologna. Parto da Rosarno, Calabria, alle sette di mattina. La scena e lo scenario sono sempre uguali, all’alba e al tramonto; immutabilità nel mutare temporale. Qui c’è l’Africa, qui ci sono le arance, qui ci sono la signora miseria e il conte sfruttamento; qui c’è Emergency due volte la settimana, qui è emergenza tutti i giorni. Alle multinazionali servono le arance, agli immigrati serve il lavoro, a chi non ha forza serve un vuoto strapotere sull’altro che, invece, chiede solo ciò che gli spetta. Raccogliere il frutto, generare profitto. Li osservo come li osserva il cielo. Devo partire, e sono contenta che quelle bibite gassate – simbolo di una nazione e di molte generazioni – non abbiano mai sfiorato le pareti del mio stomaco fuori moda. Autorifiuto dell’impunità.
Ragazzi, genitori e figli, garofani e cannella – Arrivo a Bologna “la Grassa”, luogo del gusto e del piacere, che fa respirare e vivere i sapori più diversi, come tutte le città, o forse un po’ di più. Vado in giro per mercati dove – si spera – sia proprio il contadino, o al limite un suo parente, a vendere il prodotto della terra; ma il chilometro zero, il biologico, costano di più rispetto agli altri. In ogni caso ho scelto, e mi accontento di meno centesimi e di un poco più di sapore. Arrivo alla frutta prima di consumare il resto. Proseguo, per le vie del centro: apprendo che presto, a settembre, aprirà un nuovo punto vendita dove si vivrà “d’hamburger etico”. Non più cibo-spazzatura ma prodotto di qualità: carne allevata sulle colline tosco-emiliane da aziende agricole che non fanno allevamento intensivo, farine biologiche e pane realizzato nel forno a legna; il tutto annaffiato con della birra artigianale – per la gioia degli hipster e dei vegani! E ancora, nelle piazze, genitori attivi e vivi nel Comitato articolo 33, che chiedono, oltre a una legittima e ostinata spettanza, quel qualcosa in più che, negli altri paesi del continente, è già da tempo consuetudine: una sana alimentazione nelle mense scolastiche, attraverso l’uso e la valorizzazione dei prodotti del territorio, nonché una più giusta educazione alimentare. Figli come fiori, una speranza come spezia.
La danza delle sagre e l’orto di Michelle – La Regione Emilia-Romagna, oltre a promuovere in svariati eventi prodotti a km 0, punta anche alla sostenibilità del gusto, stanziando 150mila euro per una razionalizzazione, un riordino, dei consumi in occasione di tali manifestazioni. Cinquemila euro di tetto massimo per ogni evento: sarà possibile presentare le domande dall’1 al 20 giugno. I moduli di partecipazione sono disponibili sul sito internet della Regione Emilia-Romagna all’indirizzo http://ambiente.regione.emilia-romagna.it. Ecofeste, bellezza! È poco, basterà? Forse serve una Michelle Obama, che con il suo orticello non le manda di certo a dire al contadino, un soft power, cioè un’influenza culturale, di più ampio respiro? È solo un passo, ma importante.
È tutto green? È tutto buono? – Ogni colore, come ogni azione, ha la sua ombra: lo svendere la buona causa, incrementare, pubblicizzare – fino a svilire – questi prodotti, questi frutti. Al di là della sfera urbana bolognese (che non ne è ovviamente esonerata), a causa della popolarità raggiunta da ideali come “sostenibilità”, “economia verde”, “equosolidale”, si rischia di cadere in una fitta rete: essere prede – di nuovo – nelle normali logiche di business: una green economy di facciata che replica i medesimi meccanismi della vecchia. E ne esce fuori un quadro in cui, anche ai livelli più bassi, le sempre più numerose organizzazioni private del settore si ritrovano in un’accesa e serrata – a tratti violenta – competizione senza esclusione di colpi per la spartizione (tanto italiana!) dei finanziamenti pubblici e privati. Sostenibilità a somma zero? Un libro, L’industria della carità. Da storie e testimonianze inedite il volto nascosto della beneficenza (Chiarelettere) di Valentina Furlanetto, potrebbe offrirci le risposte che cerchiamo o, almeno, farci pensare per sperare che ogni cosa abbia il proprio colore.
Corresponsabilità, “eco-menti”, “agri-cultura” – È giusto che smascherino le fissazioni produttivistiche che, inevitabilmente, si traducono in concentrazione del potere, generando scarsità di intenti e di valori. Forse siamo più incantati dalle idee che dai fatti; e attraverso tutte le fantasie, le ruminazioni e le intuizioni entusiasmanti, quanto precarie, di una first lady, o dello studente universitario “mondano ed ecocompatibile”, bisognerebbe ricordarsi che il mercato ingloba tutto, da Rosarno a Bologna. Fare degna attenzione, sconfiggere le illusioni ottiche della tavola, ché, almeno la coscienza, non va mai fuori moda. Cambiare modo, non moda.
Le immagini: Bologna vista da David Pellicola (http://www.flickr.com/photos/dpellicola/).
Sascia Deleo
(LucidaMente, anno VIII, n. 90, giugno 2013)
Un pezzo ben scritto che consente ad ogni lettore, non a conoscenza dell’argomento, di avere un’infarinatura generale che gli consenta, se lo vorrà, di approfondire.
Un pezzo ben scritto che permette al lettore di rapportarsi con facilità all’argomento. Va dritto al punto e non si perde in arzigogolati giri di parole che spesso servono a rendere un post da sito internet di una pesantezza mortale, avendo come effetto quello di allontanare il lettore.
Complimenti.