La critica alle devozioni, in specie ai monoteismi, nel “Breviario del caos” (Adelphi) di Albert Caraco
Del terrore che Albert Caraco (1919-1971) provava verso il boom demografico e il conseguente sovrappopolamento del pianeta, ci siamo già occupati in LucidaMente (Rino Tripodi, «Gli uomini sono come una lebbra»), riportando dei brani tratti dal suo Breviario del caos (traduzione di Tea Turolla, Milano, Adelphi, 2009). Da notare la sua particolare terminologia: la società di massa viene indicata come “massa di perdizione”, mentre l'”ordine” è il potere economico e religioso, alleato nell’interesse ad avere un sovraffollato mondo di uomini istupiditi e privi di dignità.
Attraverso riflessioni provocatorie e uno stile tipici degli aforismi, forma espressiva filosofica cara a Leopardi, Schopenhauer, Wilde, Cioran, i pensieri, le intuizioni, le illuminazioni, di Caraco si susseguono in maniera libera, analogica, come dimostra la successione di frasi separate da virgole, invece che da punti. In più c’è un impeto profetico, premonitore, apocalittico.
Tra qualche numero, delle opere del grande pensatore, la nostra rivista si occuperà anche di Post mortem (Adelphi) e successivamente del Supplemento alla Psychopathia sexualis, edito da ES.
Stavolta, riprendendo ancora il succitato Breviario del caos, proponiamo al lettore alcuni brani dedicati a ciò che Caraco considera un’autentica iattura per l’umanità: le religioni (in particolare i tre monoteismi, ebraico, cristiano, mussulmano).
Profondissimo è il disprezzo per l’idea di incarnazione della divinità, al centro del Cristianesimo: se gli dèi si fanno uomini, si “volgarizzano”, fuoriescono dalla perfezione infinita della Natura e del Cosmo, per decadere nella dimensione inadeguata della Storia e del Tempo, non a caso introdotte nell’ambito del pensiero religioso per la prima volta dalla cultura giudeocristiana.
Lo scotto della morale e della fede è la presenza umana moltiplicata all’infinito e divenuta l’Inferno dell’uomo. Questo ci dimostra altresì che la morale non vale niente e che la fede non è divina, entrambe sono al servizio dei nostri padroni, e noi non abbiamo peggiori nemici di coloro che ci dominano. Ai padroni occorrono schiavi, più numerosi sono gli schiavi e più i padroni si arricchiscono, ogni mezzo è buono purché le donne siano feconde e nascano bambini, lo spopolamento sarebbe la loro rovina, preferiscono che l’universo scoppi, l’arrestarsi del movimento – che salverebbe il mondo – avrebbe luogo a loro danno.
Noi quaggiù siamo vittime dei nostri aguzzini, e quando crediamo di obbedire a Dio, obbediamo a uomini, uomini che ci portano al caos e non ci preservano dalla morte, uomini ignoranti, uomini impotenti, ma che ci incutono rispetto, in nome delle tradizioni che ci impongono. Giacché le nostre autorità non sanno niente. Non possono niente, non valgono niente, non ci risparmiano niente, e non sanno far altro che cullarci nelle fandonie, al solo scopo di conservare i privilegi acquisiti e di perpetuare il proprio dominio.
Le nostre sedicenti autorità religiose e morali non servono che a disarmarci di fronte alla nostra evidenza, si oppongono all’ingegno dei nostri mezzi perché esso le renderebbe sorpassate, non vogliono farci uscire di tutela, non pensano che a perpetuare gli errori che le accreditano, ci predicano la sottomissione e la confusione, ormai la loro opera non fa che accrescere le sventure del mondo. Se moriremo nell’ignominia, la colpa sarà loro, giacché ci tradiscono come respirano, sono per noi palle al piede che scambiamo per fondamenti che ci sostengono, immolarle ci avrebbe resi liberi, e non abbiamo osato troncare con loro al momento propizio, Sicché la fedeltà ci danna e l’obbedienza ci condanna, è troppo tardi e non ripareremo a nulla, non scanseremo più la catastrofe […].
Le nostre religioni sono i cancri della specie e non ne guariremo che da morti, moriremo perché le nostre religioni periscano, la catastrofe inghiottirà i preti insieme con i loro fedeli, i resti dell’umanità sopravvissuti in mezzo alle rovine si accaniranno sulle pietre rimaste. Rido al vedere le nazioni mantenere e restaurare gli edifici da cui ebbe origine la loro morte spirituale, in tempi nei quali si dovrebbe ripensare l’universo; rido al vedere cento popoli divenire conservatori delle loro antichità immaginarie o reali, in balia della prossima catastrofe; rido al veder contendere al nulla i templi da cui il nulla trae la propria sopravvivenza […].
È l’ora della purezza, dobbiamo rallegrarcene, non vi perderemo che la nostra Storia e tutto quanto a essa si richiama, le nostre religioni ispirate e i nostri pretesi imperativi eterni, che invece non sono mai stati altro che storici. Da perdere non abbiamo che la Storia e tutto quanto alla Storia si riallaccia, preferiamo il vuoto e plaudiamo alla sua venuta, esso è la letizia che ci illumina nell’ora della nostra morte. Sicché approviamo l’irreparabile, nostro vendicatore supremo, il clamore di agonia delle nazioni è la musica dei nostri funerali, l’ordine e i suoi difensori si disgregano sotto i nostri occhi, e noi li chiuderemo quando essi saranno in cenere, moriremo i più consolati fra gli uomini, perché siamo stati i soli a rinunciare alle opere di menzogna di cui i fedeli si pascono. […]
Un mondo che fosse rimasto pagano non avrebbe violentato la natura, i Paganesimi la consideravano divina, di norma adoravano alberi e sorgenti; anziché sul tempo, posto dalle religioni cosiddette rivelate al centro dei loro dogmi, i Paganesimi ruotavano sullo spazio e, salvo eccezioni, preferivano la misura alla trascendenza e l’armonia a ogni altra cosa. Le religioni sedicenti rivelate hanno instaurato fra noi il fanatismo, e quella cristiana, che lo ha spinto all’estremo, ha divinizzato la Follia, glorificato l’incoerenza e legittimato il disordine, in nome di un maggior bene. Finché queste tesi spaventose non disposero che di mezzi senza portata, gli uomini le accettarono, ma da quando le nostre opere sono in sintonia con esse, avvertiamo l’enormità dei nostri imperativi e, ancor più, la loro demenza.
L’idea dell’incarnazione è la più mostruosa, e il futuro vi cercherà la causa efficiente dei nostri paradossi insolubili, uno dei suoi effetti è lo stupro della natura, al quale la trascendenza ci prepara e che l’odio per il mondo legittima: non si deve mai dimenticare che per i Cristiani Mondo, Carne e Diavolo formano un’Antitrinità.
(da Albert Caraco, Breviario del caos, traduzione di Tea Turolla, Milano, Adelphi, 2009, pp. 94-97; 99)
L’immagine: la copertina del Breviario del caos (Adelphi).
Viviana Viviani
(LM MAGAZINE n. 13, 15 settembre 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 57, settembre 2010)