L’antologia “Storie felsinee”, edita da Il Foglio, raccoglie ben 34 testi inediti di narratori contemporanei, di vario genere letterario, ambientati nel capoluogo emiliano
Soprattutto dal Secondo Dopoguerra, e sempre di più col trascorrere degli anni, Bologna è divenuta città centrale del Belpaese, non solo per la posizione geografica, la gastronomia, l’arte, l’università, i portici, ma anche per le opportunità fornite a nuovi musicisti, artisti e scrittori – e molti di loro sono poi divenuti famosi e di successo. Grazie pure alle tolleranti e indirizzate politiche del Comune guidato dalle sinistre, il capoluogo emiliano è finito per essere considerato una sorta di San Francisco-Berkeley italiana (ad esempio, per l’apertura ai costumi trasgressivi, veicolati, forse soprattutto, dai giovani universitari provenienti da tutta Italia e non solo) e la capitale lgbtqia+ della penisola.
Non è un caso, pertanto, che una splendida antologia di racconti contemporanei inediti ambientati a Bologna e dintorni, uscita nelle scorse settimane, veda tra gli autori selezionati – molti noti a livello nazionale e oltre, come Valerio Varesi – anche parecchi non bolognesi, o sì residenti, ma non di origini felsinee, bensì “trapiantati”. La pubblicazione è stata curata da Giovanni Modica e s’intitola Storie felsinee. I 34 racconti di Bologna (Edizioni Il Foglio, Piombino 2021, pp. 374, € 16,00). Si tratta di una serie di testi narrativi (o quasi) di vario genere e stile, che mostrano il capoluogo emiliano da molteplici angolature. Ne indichiamo qualcuno, tanto per far capire al lettore la fantasmagorica varietà delle scelte dal curatore, senza peraltro voler far torto agli altri autori e racconti compresi nell’antologia. Cominciamo doverosamente appunto da Modica col suo Sfioramento (pp. 319-322). L’io narrante ricorda di aver incrociato e aver parlato per pochi minuti con una ragazza dall’aria sbandata; era sera, tra via dei Mille e via Indipendenza: un’occasione perduta?
Gustiamo un mondo trasognato e sentimentale anche in Di libri, di vino e di altre sciocchezze (pp. 93-104) di Gianluca Morozzi: due librai e due strani lettori; e, forse, saranno proprio i volumi ad accendere la passione amorosa tra i personaggi. Così come sentimentale è pure Pinzimonio (pp. 267-273) di Giampiero Rigosi, che narra di un amore tra i due protagonisti, non più giovani, collocato nel parco Louis Braille della città. Tutt’altro che guidato da impulsi romantici, invece, appare Il parrucchiere del Pratello (pp. 153-157) di Alessandro Berselli. Qui il narratore, utilizzando il proprio tipico stile ironico e scoppiettante, delinea una buffa vicenda che si fa fatica a classificare come erotica. Diventa allora spontaneo il collegamento con alcune altre storie umoristiche presenti nell’antologia, come quelle narrata da Mara Munerati in Ragazza di campagna (pp. 277-284): veramente esilaranti risultano le modalità con le quali viene descritto il panico che s’impossessa della protagonista Beatrice. La poverina, provenendo in automobile da un paesino presso San Giovanni in Persiceto, deve affrontare il feroce traffico del capoluogo. Altrettanto divertente, ma con un amaro retrogusto di satira sociale, è Ragù alla bolognese (pp. 287-294) di Luca Occhi… A cosa bisogna ridursi per non restare disoccupati? Un’aperta denuncia sociale scopriamo pure ne Il consiglio di Oreste (pp. 129-137) di Dario Villasanta: «Anche la carità, a volte, puzza».
Il successivo, logico “grado di separazione”, è il realismo e il caldo aspetto umano. Si volge in tale direzione Massimo Fagnoni (Oscar va in pensione, pp. 253-263), che narra l’ultima giornata attiva di un membro della Polizia municipale prima del congedo dal lavoro. Ma la prevedibile commozione e i ricordi divengono pure l’espediente per scorrazzare in moto per le vie di una Bologna quasi vuota per la pandemia, tra un nostalgico passato e un incertissimo, ansiogeno futuro. Drammatico presente che torna con Lettera a Gino Cervi al tempo della pandemia (pp. 215-216), attraverso la quale Giuseppe Cozzolino da un lato rende omaggio a Lucio Dalla ricalcandone una sua celebre canzone, dall’altro ci riporta appunto alla dolorosa attualità. Allora, come sarà il mondo post Covid-19? Per Francesca Mazzucato (Cronache di quella seconda o terza primavera di quell’anno sempre uguale, pp. 83-89) il futuro sarà distopico, un’eterna dittatura sanitaria tra mucchi di documenti per poter circolare e la propagandata, illusoria, ingannevole “transizione ecologica”. Altri testi rievocano invece un passato lontano (Abboccamento a Bologna tra il papa e il re di Francia, la collana della duchessa, pp. 7-15, di Patrizia Debicke Van der Noot), secondo l’attuale moda di inserire le trame narrative nella Storia, più o meno antica; o più vicino e ancora dolorosissimo: il 2 agosto 1980 (Anna di Bologna, pp. 19-21, di Stefano Tira).
Molti racconti ci parlano di una Bologna magica, orrorifica, che mette i brividi. La quête di oscuri personaggi o avvenimenti del passato si rivela letale. Se ci è permesso indicare quello che riteniamo il testo più riuscito tra tutti, evidenziamo L’autoritratto di un assassino (pp. 23-34) di Enrico Luceri: un cold case gotico, che dà i brividi, con un finale agghiacciante, e vari riusciti rimandi a Il segno del comando e soprattutto a La mezzatinta di Montague Rhodes James. Le stesse atmosfere e analoghi meccanismi narrativi troviamo ne L’assassinio di via Barberia (pp. 205-212) di Stefano di Marino. Il soprannaturale si colora di splatter metropolitano in Mr Honda di Matteo Mancini (pp. 231-248). Infine, se mi è consentito, sempre in un ambito horror, ma intriso di ironia e citazioni cinematografiche, segnalo che anche un mio racconto inedito è stato ospitato in Storie felsinee. Il suo titolo è Corte 9, orrore alla Cirenaica (pp. 69-79), ambientato in un particolare rione della città nella futura estate 2023.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 189, settembre 2021)