Tanti sono gli eventi dell’Italia clericale che bloccano il Paese e deprimono la sua già scarsa coscienza civile
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Tutta l’Italia – 60 milioni di persone, oltre 8.000 città grandi e piccole – almeno una volta all’anno chiude scuole, industrie, commercio e professioni, in cambio di processioni e luminarie, e si ferma, come in un grande sciopero generale, impoverendo il Paese non solo dal punto di vista economico ma anche da quello della dignità nazionale.
E ciascuno degli oltre 8.000 comuni abbassa tutte le saracinesche non certo per ricordare eventi del proprio epos o destino o Storia, quali palii e quintane, assedi e battaglie, eruzioni o terremoti, sbarchi di saraceni o cacciata di lanzichenecchi, plebisciti unitari o passaggi di Garibaldi. No, il demos italiano è stato “condizionato” culturalmente a celebrare l’incelebrabile clericale. Trattasi, infatti, di un vero diktat legato a un arbitrario calendario carnascialesco che impone a tutti, cattolici e islamici, ebrei e protestanti, indù, noncredenti e atei, se viventi in Italia, di giubilare a comando perché quel giorno un nome quasi ignoto è saltato fuori dal gratta e vinci del calendario vaticano. In confronto, la danza per la pioggia degli animisti è un rito propiziatorio sentito e solenne, che sgorga da un’introiezione ancestrale delle sofferenze e delle morti legate a siccità e carestie, le più devastanti tragedie dei popoli poveri e primitivi, che non hanno saputo inventarsi dei loro Auschwitz o Hiroshima.
E così dobbiamo vedere la società moderna, quella di Galileo e Kant, Darwin e Pasteur, Einstein e Freud, Big Bang e Dna, dover far largo in Italia al rigurgito anticulturale, primitivo, visceralmente godereccio dell’idolatria concupiscente dei “Santi Patroni” nelle varie città e paesi; personaggi anonimi come i numeri primi, usciti scioccamente da un calendario usato come fosse una roulette, mentre folle anche sanfediste di “lazzari” inneggiano al “miracolo” salmodiando atellane e fescennini in chiave gregoriana per l’orgasmo festaiolo di vescovi, parroci e bigotti. Il Concordato lo impone, i preti cattolici lo pretendono, i non cattolici lo debbono subire, novene e statue di cartapesta portate in giro da bigotti fanatici, che spesso si frustano e trascinano catene, lo testimoniano: manifestazioni superstiziose e feticiste che umiliano il già scarso senso dello Stato e della Storia degli italiani.
Di fronte a questo imbarbarimento della cittadinanza nazionale un grande italiano, il premio Nobel Giosuè Carducci, così commentava in Alle fonti del Clitumno il triste destino della clericalizzazione cattolica di Roma e d’Italia:«Roma / più non trionfa. // Più non trionfa, poi che un galileo / di rosse chiome il Campidoglio ascese, / gittolle in braccio una sua croce, e disse / “Portala, e servi”». E così, in questo clima di inarrestabile declino culturale, assiologico e morale, l’Italia che studia, lavora e produce, si blocca affinché si consumino le irreali feste dei “santi patroni”, che quasi nessuno sa chi siano, ma noi sappiamo trattarsi della Suburra del Logos. E poi chiamano “pagani” quelli che festeggiavano le gioie della Natura con le Pleiadi, le Ninfe, le Naiadi e foss’anche Giove Pluvio!
Paolo Bancale – dall’archivio di NonCredo. La cultura della ragione, «volume bimestrale di cultura laica»
(LucidaMente, anno VIII, n. 94, ottobre 2013)
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