Davvero il pugile musulmano più famoso del mondo fu un “eroe positivo”? Oriana Fallaci ne traccia un ritratto ben diverso dall’agiografia conformista imperante
Terminato il bailamme delle molteplici esequie funebri – con polemiche annesse – dedicate al campione dei pesi massimi Cassius Clay, forse è possibile spendere qualche parola discordante rispetto al peana unanime sul defunto pugile convertitosi all’islam e, pertanto, divenuto Muhammad Ali. D’altra parte, dei generali encomi, soprattutto se melensi e “rettorici”, con due “t”, occorre sempre diffidare.
Non è certo nostra intenzione mettere in dubbio le doti sportive del boxeur, delle quali – ma non solo di esse – tempo fa ha parlato Giulio Azzoguidi su LucidaMente (vedi Allah bless Ali). Ma davvero, secondo quanto affermato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, con la moglie Michelle, grazie a lui «il mondo è migliore e noi siamo migliori»? Ed evitiamo di citare altre “santificazioni” che sfiorano il ridicolo (ad esempio: «Muhammad Ali è stato l’America. Muhammad Ali sarà sempre l’America»). Peraltro, il settore sportivo è sempre stato caratterizzato dall’eccesiva retorica. E oggi, in tempi di vuoto culturale e morale, “eroi del bene” sono divenuti calciatori, atleti vari, rockstar, attori, più o meno inimitabili e leggendari (o resi tali dai media). Ma di quale bene? I faraonici ingaggi e le ricchezze umilianti per chi tira la cinghia?
Ma a noi, che non abbiamo memoria corta e non ci facciamo travolgere dal conformismo omologante, a proposito del pugilatore di Louisville, son venute in mente alcune pagine poste all’inizio del capitolo 5 de La Forza della Ragione (Rizzoli) di Oriana Fallaci, che ebbe modo più volte di avvicinare e anche intervistare Ali (Che aspettano a farmi presidente di uno Stato dell’Africa?, in L’Europeo, 26 maggio 1966). La nota giornalista, ricordando gli “incontri” col pugile, afferma nel proprio libro che inizialmente non prese sul serio il ridenominatosi Muhammad Ali.
«Del resto – scrive – come si fa a prender sul serio uno che dice: “Io sono il più grande, il più bello. Io sono così bello che meriterei tre donne per notte. Sono così grande che soltanto Allah può mettermi ko”»? Secondo la testimonianza della Fallaci, Ali non scriveva lettere, né, tanto meno, leggeva libri, ma riteneva di saperne di più dei malvisti bianchi e cristiani; lui, definito oggi “campione dei diritti umani”. «Stupido e cattivo, sbruffone e ignorante», proclamava di amare più Maometto della propria madre, in quanto quest’ultima era cristiana. «Anziché rispondere alle mie domande, sbuffava, si grattava, mangiava immense fette di cocomero e mi ruttava in faccia. (Di proposito. Per offendermi). […] Rutti così ciclopici, così altisonanti, così puzzolenti, che alla fine persi la pazienza».
A questo punto, la Fallaci manda a quel paese il maleducato provocatore “maschilista” e si dirige verso il taxi che l’attendeva. A tale “sgarbo”, i Black Muslims, pericolosi estremisti islamici, che attorniavano il pugile, inseguono la giornalista fino al taxi urlando «sporca cristiana» e cercando di capovolgere la vettura. Per fortuna, passava per caso un’auto della polizia. Insomma, un altro personaggio della mitologia-sancta sanctorum-pantheon di certa sinistra (alla Gianni Minà, per intenderci), che andrebbe rivisto nella sua reale dimensione. Ma è forse chiedere troppo a chi idolatra chiunque sia contro l’Occidente cristiano.
Le immagini: locandine di due dei tanti film dedicati a Muhammad Ali: Ali (2001, regia di Michael Mann, protagonista Will Smith) e Io sono il più grande (1977, regia di Tom Gries e Monte Hellman, col pugile che interpreta se stesso).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 126, giugno 2016)
Finalmente un articolo controcorrente che fa giustizia dei luoghi comuni e della “rettorica” imperante!
Come sempre : bravo Rino!
Mario Gallotta
Grazie, Mario. Ma, ormai, conformismo e omologazione al pensiero unico sono imperanti…
Un gorillone rasato, lavato e profumato può menare finché un altro gorillone lo demolisce… 60 anni di storia del pugilato in 100 battute… poi resta il gorillone suonato stupido ed inutile.